Processo Mori-Obinu, le deposizioni di Camassa e Russo mentre si staglia l'ombra della "vipera"
Cronaca Sicilia

Processo Mori-Obinu, le deposizioni di Camassa e Russo mentre si staglia l'ombra della "vipera"

sabato 5 maggio, 2012

PALERMO, 5 MAGGIO 2012 – «Io è il collega Massimo Russo restammo sorpresi, imbarazzati. Eravamo andati a trovarlo per parlare di alcune indagini, ma all'improvviso Borsellino cambiò discorso. Dopo quello sfogo non abbiamo avuto la forza di chiedergli nulla. Ho avuto la sensazione che Paolo avesse ricevuto da poco una notizia che l'aveva sconvolto», ha raccontato il giudice Alessandra Camassa ieri durante la sua testimonianza al processo che vede imputati, con l'accusa di aver favorito Bernardo Provenzano, il generale Mario Mori ed il colonnello Mauro Obinu. Insieme a lei, attualmente presidente di sezione al Tribunale di Trapani, è stato sentito Massimo Russo, giovane magistrato all'epoca collaboratore di Paolo Borsellino ed oggi assessore regionale alla sanità (in un governo il cui presidente è indagato per voto di scambio aggravato e concorso esterno in associazione mafiosa).[MORE]

Il giudice Camassa ha poi riferito al pubblico ministero Nino Di Matteo la confidenza fattagli dal maresciallo Carmelo Canale, all'epoca stretto collaboratore del giudice Borsellino, in merito alla troppa fiducia che questi riponeva nei vertici del Raggruppamento Operativo Speciale, facendo poi i nomi del generali Mori e Subranni – quest'ultimo “punciuto”, cioè “affiliato” a Cosa Nostra e per questo indagato dalla procura di Caltanissetta per concorso esterno in associazione mafiosa - aggiungendo però di non essere proprio certa di quanto ricordava.
Altro nome fatto durante la sua testimonianza è stato quello di Angelo “Ninni” Sinesio, ex agente dei Servizi amico di Borsellino: «dopo la strage mi chiamò per chiedermi di incontrarci e nel corso di un incontro mi fece un sacco di domande sulle ultime indagini di Borsellino. Era insistente, voleva sapere se erano venuti fuori elementi sull'imprenditore agrigentino Salamone e sul ministro Mannino. Io non diedi troppo peso alla cosa, ma mio marito (Dino Petralia, ex procuratore di Sciacca e consigliere del Consiglio Superiore della Magistratura, ndr) si meravigliò di tutte quelle domande». Durante il pranzo, inoltre, l'ex agente avrebbe spinto la dottoressa Camassa a riferirgli quanto rivelato al giudice Borsellino dal collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo in merito a Bruno Contrada, all'epoca numero due del Sisde. «Quando finii di parlare Sinesio si alzò in preda a un attaccò di tosse e andò in bagno. Mio marito mi disse: “guarda che è andato a telefonare”. Poi seppi che Contrada era stato avvertito delle indagini a suo carico».

È stata poi la volta di Massimo Russo: «Mi parlò di una cena con ufficiali dei carabinieri a Roma, poi all'improvviso disse che qualcuno lo aveva tradito. Quasi per sdrammatizzare io gli chiesi come andava in Procura. E lui risposo che era un nido di vipere». «Dopo Capaci Borsellino era un uomo piegato» - ha raccontato l'assessore - «In quell'occasione parlò di un incontro a Roma con ufficiali dell'Arma, poi si alzò e disse “un amico, qualcuno mi ha tradito”. Si accasciò sul divano e pianse. Non gli abbiamo chiesto chi fosse il traditore».
Sapere di avere una “vipera” che lavora al tuo fianco, credo scatenerebbe la curiosità di tutti. Anche semplicemente per non doversi guardare le spalle anche da chi non lo merita. Ma evidentemente la curiosità dei magistrati funziona diversamente.
L'assessore, a specifica domanda dell'avvocato Basilio Milio, difensore del generale, ha poi risposto di aver portato questi particolari a conoscenza degli organi inquirenti – e dell'opinione pubblica – solo adesso perché, prima, nessuno gli aveva chiesto di farlo. «Uno aspetta di essere chiamato per dire una cosa così importante?» ha ribattuto, a quel punto, il presidente del Tribunale, Mario Fontana. «Non potevo immaginare che questa vicenda si collocava in una questione più ampia» ha risposto l'assessore Russo.

Il nome del traditore, comunque, rimane ancora un mistero. Uno dei tanti che avvolgono la Procura di Palermo dell'epoca di Falcone, Borsellino e del pool antimafia, ma anche di vipere e corvi.

(foto: palermo.repubblica.it)
Andrea Intonti 


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