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Editoriale Friuli Venezia Giulia

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lunedì 13 giugno, 2011

Dopo 16 anni un referendum torna a centrare l’obiettivo. Oltre il 56% l’affluenza alle urne. E adesso le sorti del governo si decideranno a Pontida.


TRIESTE, 13 Giugno – è stato un successo. Non servirebbe dire altro sui referendum che [MORE]si sono da poco conclusi con i risultati che tutti conosciamo.
Le condizioni iniziali erano pessime. La gente in molte realtà aveva votato già una o due volte e poteva, quindi, risentire di una certa stanchezza. Il quesito sul nucleare, quello trascinante, ha vissuto le traversie che ci sono note e fino all’ultimo ha rischiato di essere estromesso. Il voto degli italiani all’estero col trucco ha alzato la soglia del quorum di più di 2 punti. Le televisioni hanno fatto pochissima pubblicità sulla consultazione. Eppure ce l’abbiamo fatta. Nonostante tutto il quorum è stato raggiunto e ampiamente superato.

Naturalmente i commentatori della prima ora si sono subito occupati di sminuire il significato politico della tornata per relegarla a una grande presa in giro, una specie di giochino in cui i cittadini erano chiamati ad abrogare leggi già abrogate o inefficaci: una grande nuvola di fumo, insomma; a ben vedere non è che la naturale prosecuzione della campagna fatta nei giorni passati, che non può che atteggiarsi a questa linea per tentare di non aprire altre crepe nella già terremotata maggioranza.

E invece il significato politico c’è: chiaro e forte. I cittadini italiani vogliono i servizi pubblici, vogliono la legge uguale per tutti e non vogliono avventurarsi in un’avventura nucleare costosissima e pericolosa dalle conseguenze esiziali per il già stravolto ambiente italiano. Ovvero i cittadini non sono più concordi con le politiche più rappresentative di questo governo: la privatizzazione dei servizi, i privilegi della casta, la collusione della politica con i grandi affari a sole spese del cittadino, senza nessun rispetto per l’ambiente e l’ecosistema. Più del 56% degli italiani ha rifiutato l’impostazione ideologica di base del berlusconismo.
Gli italiani non vogliono (o non vogliono più) una società in cui i servizi sono a favore solo dei più ricchi, e in cui l’avido imprenditore senza scrupoli può speculare anche su beni primari come e soprattutto l’acqua, anche se la portata più ampia del quesito abbraccia anche altri servizi quali ad esempio il TPL, anch’esso al centro di una programmata demolizione a favore dei potentati economici.
Gli italiani non vogliono (o non vogliono più) una società in cui si promuovono faraoniche e pericolose opere pubbliche – le centrali nucleari – che non avrebbero portato alcun beneficio al nostro sistema energetico ed economico ma avrebbero favorito i soliti noti, gli imprenditori dell’appalto pubblico fuori controllo, quel capitalismo italiano che s’è arricchito sulle nostre tasche consegnandoci infrastrutture molto spesso inadeguate, non in linea con le leggi e i contratti che avevano sottoscritto, superstimate e di eterna realizzazione.
Ma soprattutto gli italiani non vogliono (o non vogliono più) una società in cui il politico di questa o quella fazione non è mai chiamato a rispondere dei propri crimini. Fra i Magistrati di Milano e Berlusconi, oggi i cittadini hanno scelto i Magistrati di Milano, urlando con una sola voce al Presidente del Consiglio: “fatti processare”!

Questi sono i significati indiscutibili del voto di oggi e rappresentano uno iato ormai insanabile tra i cittadini e la maggioranza, che dovrebbe ora, saggiamente, abbandonare il fortino e ammettere la propria totale inadeguatezza di fronte alle necessità dell’Italia. Ma Berlusconi non lo farà. L’ha detto e l’ha ribadito, e con lui gli altri: il voto non ha influenza sul governo.
Se però Berlusconi non si vuole dimettere la sua sorte è ormai appesa al proverbiale filo. Filo che porta dritto a Pontida, dove la prossima settimana si terrà l’annuale festa della Lega e a cui Bossi deve portare qualcosa, perché la base del carroccio è infuriata coi propri dirigenti per la lunga serie di insuccessi e potrebbe chiedere a gran voce, come ormai da tempo succede alle convention leghiste, di abbandonare Berlusconi prima di affondare con lui; il nervosismo si sente nell’aria, si percepisce dalla schizofrenia di comportamenti dei maggiori rappresentanti verdefazzolettati: se Calderoli avvisa che la Lega “è stanca di prendere sberle”, Maroni va a votare contro le speranze di Bossi e Zaia avverte che occorre rispettare il voto dei cittadini.
Anche Il quadro politico leghista è dunque scombussolato come e quanto quello del PDL, e il rischio è che l’Italia, alla vigilia della pausa estiva, unico fattore di stabilizzazione della storia politica nazionale, precipiti nel totale immobilismo proprio nel momento in cui la nazione avrebbe più bisogno di un governo.
 

(Marco Biagioli)


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