Estero

Libia, da Di Maio appello all'unità. E intanto Haftar avanza

TORINO, 13 APRILE – Luigi Di Maio richiama all’unità i membri del Governo, e lo fa affrontando uno dei temi di attualità maggiormente complessi: la questione libica. “Lavoriamo come squadra”, così il leader del Movimento 5 Stelle ha invitato l’esecutivo a non frammentarsi.

“Non serve che un ministro prenda iniziative e sondi altri Paesi europei” ha poi proseguito Di Maio, con una chiara stoccata a Matteo Salvini, perché “il presidente del Consiglio ed il ministro degli Esteri e della Difesa hanno le competenze e le prerogative per affrontare il dossier”.

Il vicepremier ha quindi lanciato un appello alla compattezza, “perché almeno il tema libico non entri in campagna elettorale ma faccia parte dell’azione sinergica del Governo”, ricordando inoltre come, in passato, un’azione frammentaria anche a livello europeo abbia determinato la creazione di una situazione instabile. Situazione di cui a pagare le conseguenze è stata, per prima, proprio l’Italia.

Abbiamo “pagato lo scotto più grande di decisioni autonome singole di stati europei che hanno interferito con azioni che si stavano portando avanti” ha sottolineato Di Maio, ricordando gli eventi del 2011 che portarono alla deposizione di Gheddafi ed all’apertura del “vaso di Pandora” nel Paese nordafricano.

E dum Romae consolitur, al di là del Mediterraneo le forze guidate dal maresciallo Haftar hanno conquistato el Azizia una cinquantina di km a sud di Tripoli, spostando il fuoco dei combattimenti a Suani ben Adem, 25 km più a nord, in direzione della capitale, attualmente controllata dal Governo di al-Serraj.

“Ho incontrato una delegazione di Haftar e ribadito la mia ferma opposizione ad una deriva militare” ha affermato il primo ministro Conte, insistendo sulla contrarietà a soluzioni militari. Con lui si è schierata anche Angela Merkel, la quale ha però ribadito la propria ferma opposizione al maresciallo in marcia verso Tripoli, sostenuto – invece – dalla Francia. Il calderone libico è pronto a (ri)esplodere.

Paolo Fernandes