Interviste

Marco Predieri dal Palco agli auguri di Natale - Intervista all'attore e alla persona

Marco Predieri è un attore, regista, è (o è stato, dice lui) un giornalista che si occupa di teatro e spettacolo. Scrive testi per il teatro, produce personalmente eventi e spettacoli e collabora a direzioni artistiche di stagioni teatrali e festival. Una personalità eclettica che a volte viene definita "animatore culturale", almeno nella sua città, Firenze, dove ha scelto di vivere. In occasione di queste feste abbiamo voluto incontrarlo, a margine di uno spettacolo andato in scena proprio nel fine settimana che precede la settimana del Natale, al Teatro di Cestello, a Firenze, il 16 e 17 dicembre, con Donatella Alamprese, cantante dalla voce potente e camaleontica, che in "E la musica va", commedia scritta proprio da Predieri, si cimenta anche come attrice, risultando naturale e a suo agio nel ruolo, oltre a incantare dando anima, con innegabile talento, ad alcuni capisaldi della musica pop d'autore italiana, presi a pretesto per raccontare storie di vita e la storia di un pub destinato a chiudere e del suo nuovo proprietario, che lo ha ricevuto in eredità da uno "zio". Partiamo da qui, come è nata questa idea e questa collaborazione tra Marco e Donatella?

 

"L'idea in realtà viene da lontano, io ho un freno inibitore fortissimo sul cantare in pubblico, che credo derivi da un trauma adolescenziale, quando venivo preso in giro nel coro della chiesa, perché dicevano che stonavo, però ho sempre vissuto la musica come parte di me, cioè io penso e vivo le mie emozioni attraverso musica e immagini e le due cose si compenetrano, da sempre sento che avrei dovuto trovare il modo di raccontare questa cosa in scena. Indirettamente ho iniziato a farlo attraverso il Premio Stelle dello Spettacolo, di cui, grazie all'amica Laura Cellerini, che ormai definisco "la mia produttrice" (una delle poche persone che realmente credono in me, da tempi non sospetti), sono direttore artistico, ma volevo che questa riflessione diventasse uno spettacolo vero e proprio e l'amicizia con Donatella Alamprese, che oltre a essere un'artista eccezionale è una persona dalla sensibilità rara e di grande coraggio e intelligenza, lo ha reso possibile. Conosco ovviamente altri cantanti, anche molto amici, ma Donatella sapevo che non solo era la persona e l'artista, ma proprio l'anima giusta alla quale proporre questo esperimento".

 

Esperimento che pare riuscito, almeno stando ai riscontri del pubblico. 

"Direi proprio di sì. Ogni volta che si affronta una nuova sfida non si sa mai del tutto prima come potrà andare, solo l'impatto della sala ti può dare conferma o meno delle tue sensazioni, in questo caso direi che il calore e la partecipazione sono anche andati oltre le nostre aspettative, premiando la sintonia oggettiva che in scena abbiamo io e Donatella, e sottolineando anche il ruolo imprescindibile della band live composta da quattro splendidi musicisti: Marco Giacomini, Roberto Biondi, Amedeo Ronga e Andrea Golini e la direzione tecnica di Matteo Lorini, audio e luci. Si è creata la giusta empatia, sia tra noi in scena che tra noi e la sala, per altro sempre bella piena".

Insomma è stato un successo, ma cosa vuol dire per Marco Predieri avere successo? 

"Non ne ho la più pallida idea"

In che senso e perché le fa ridere questa domanda?

"Perché banalmente io non so cosa voglia dire avere successo. Io sono uno che va in scena, è vero, lo faccio anche su palcoscenici diversi, in città diverse, provo a farne un lavoro e ne difendo la natura e la dignità di lavoro, ma non ho successo, non sono uno famoso né uno poi così ricercato dalle produzioni. Sono, come molti, uno che ci prova, da anni, e che per il momento è contento quando riesce a catturare l'attenzione e l'affetto del pubblico, cosa che tutto sommato, per fortuna, qualche volta succede. Attenzione non è che disdegnerei il successo, per carità, tutt'altro, anzi semmai arrivasse, nonostante ormai abbia una certa età, ne sarei ben felice, sopratutto perché mi darebbe quella stabilità economica che mi consentirebbe di sviluppare al meglio le mie potenzialità, ma non è una cosa che considero come punto di arrivo, non miro a quello, miro a poter svolgere serenamente il mio lavoro, che ritengo, ormai si, di saper fare, anche se in un continuo apprendistato".

 

La sua potrebbe suonare come falsa modestia, se ne rende conto? 

"Pazienza, io non dico nulla che non pensi realmente o che non stia realmente vivendo"

Come vive le critiche, lei che ha anche fatto il critico?

"La critica costruttiva è uno strumento di crescita professionale, che mi è molto utile. Come critico ho sempre cercato di essere intellettualmente onesto, prima di tutto con me stesso e contestualmente con chi era di volta in volta oggetto delle mie recensioni. Vorrei dire che mi aspetto altrettanto, ma so anche che il più delle volte non è così, sopratutto all'interno del giro delle conoscenze e dei teatranti. Bisogna imparare, a proprie spese, a distinguere tra una critica costruttiva o una critica pretestuosa. A volte c'è chi ti recensisce, giudica o parla di te e del tuo lavoro persino senza averti mai visto in scena o conoscendoti pressoché per sentito dire. Io comunque sono quasi sempre il più severo critico di me stesso, e qualcuno me lo fa pure notare. So che non è giusto neppure questo, ma non sempre è facile mantenere un equilibrio e indulgenza verso di sé. In confidenza, io so molto meglio come reagire alle critiche piuttosto che ai complimenti, che mi fanno enorme piacere, mi scaldano, ma ai quali non so mai come rispondere. Qui si impone ancora la mia timidezza di base". 

L'anno sta finendo, il 2024 è alle porte, bilanci, progetti ... auguri?

"Progetti ... chissà. Per ora ho qualche data in giro, con "La governante di Cavour", con un altro dei miei angeli custodi, Francesca Nunzi, collega di scena e grande personalità, intesa proprio come umanità, poi sempre con la sua regia riprenderò "Il Costruttore di valigie", ma molto è da scrivere. Purtroppo al momento non ho date nella mia Firenze almeno fino alla prossima estate, ma è normale che non si sia mai profeti in patria (da tempo immemorabile vige questo detto no?), ma va anche bene così, per non inflazionarsi troppo, il rischio poi è di venire a noia o di recitarsi addosso, questa sarebbe una grande sconfitta ... e almeno è qualcosa che di me non si potrà, per ora, dire. Nei prossimi mesi dovrebbe uscire una novità sulla Rai, dove ho un piccolo cammeo, fatto con il cuore, perché è veramente un bellissimo progetto, ma non so se e quanto ne possa parlare, quindi mi limito a mettere questa piccola pulce nell'orecchio. Poi c'è un foglio bianco da scrivere". 

E i bilanci? 

"Già ... beh l'anno passato lo chiuderei in attivo, almeno sul fronte delle emozioni. L'affetto che ho vissuto da parte del pubblico, la fiducia che nel 2023 personalità come Margherita Fumero, Francesca Nunzi, Donatella Alamprese, Maurizio Micheli, Cinzia Berni, Benedicta Boccoli, Dora Romano, Daniela Airoldi, Beppe Dati, Michele Pecora mi hanno concesso, e mi scuso se non cito altri amici e artisti (ma ci sono stati eccome) sono sproni fondamentali per proseguir nel mio viaggio di costruttore di valigie. Non dico che non vi siano state delusioni, ahimè sopratutto dai contesti e da alcuni ambiti e persone che in teoria dovrebbero essermi più vicini e conoscermi più a fondo, ma alla fine anche queste aiutano a riflettere e capire meglio dove e verso chi indirizzare i proprio sforzi e la propria fiducia, magari anche a chi concedere con più attenzione la propria ingenuità. Insomma alla fine il bilancio va bene, se non si parla di economia, ovviamente". 

E l'augurio? 

"Sopravvivere ... ma non tanto in senso fisico, o meglio no solo. Sopravvivere sopratutto nella nostra essenza di umanità. Confesso che in questo periodo storico vivo con grande frustrazione il senso di profonda impotenza rispetto agli eventi che ci circondano ed è una frustrazione che mi invade anche nella mia natura di "storico", proprio di uno che ha una laurea in storia, che insieme alla vocazione di teatrante mi ha portato a studiare e analizzare le storture dell'umanità e i suoi drammi. Ecco mi sento impotente di fronte all'amara constatazione che da millenni non riusciamo a imparare nulla e perpetriamo inesorabilmente nei nostri errori che con le tecnologie attuali possono avvicinarci sempre di più all'auto estinzione. Mi rendo conto che il mio ragionamento possa sembrare senza speranza ... eppure è nel mio continuare a fare teatro che lego tutto, cioè, i linguaggi delle emozioni, anche nelle piccole cose, possono aiutarci a salvare noi stessi. Da soli possiamo fare pochissimo, la stragrande maggioranza di noi non ha potere oggettivo, singolarmente, ma insieme possiamo condizionare, scegliere, provare a cambiare, ma in questo è fondamentale il ruolo dell'educazione, della formazione, e non voglio dire neppure attraverso la scuola, bensì attraverso la curiosità personale verso se stessi e verso l'altro, attraverso la necessità di scoprirsi e scoprire. Un augurio ... si, lo voglio fare : abbandonare i preconcetti, le ideologie e le risposte pret a porter e diventare ogni giorno più liberi, nel rispetto del prossimo, lo dico anche a me stesso e lo dico sopratutto ai giovani. Non smettete di essere curiosi, non smettete di ascoltare le vostre aspirazioni e restate caparbiamente connessi alle vostre personali emozioni, senza vergognarvene, senza averne paura e senza mercificarle, senza farvi trascinare in piazza, magari senza sapere bene perché, e sopratutto coltivando la conoscenza e l'arte. Alla fine spero che siano le ultime generazioni a fare una rivoluzione gentile, che ci eviti l'estinzione. Anche la mia generazione ha perso slancio. Ecco vedi, sono partito molto pessimista, ma chiudo con grande ottimismo, se si perde la fiducia ... si può sul serio chiudere bottega".

Buon Natale ce lo dice? 

"Come no, io adoro il Natale. Che sia Natale però tutto l'anno".