Cronaca

Pignatone trasferito a Roma. La "prova del nove" che nella Capitale è in corso una guerra di mafie

ROMA, 11 FEBBRAIO 2012 - Renato Cortese e Giuseppe Pignatone (quest'ultimo nella foto). Uno è stato fino a pochi giorni fa il capo della squadra Mobile, l'altro il procuratore capo di Reggio Calabria. Entrambi, da qualche giorno, sono stati trasferiti nella capitale. Da una terra di 'ndrangheta alla Capitale, a riprova ulteriore che quella che sta avvenendo oggi per le sue strade non è più una guerra di mafie solo per alcuni organi di informazione.

«Sono combattuto fra l'attesa di andare a Roma dove mi aspettano non solo un incarico importante allo Sco (il Sistema Centrale Operativo della Polizia di Stato, ndr) ma anche gli affetti familiari, e il dispiacere di lasciare il gruppo di lavoro che mi ha affiancato in questi anni». Ha voluto commentare così il suo trasferimento Renato Cortese. Pignatone, invece, ci ha tenuto a sottolineare che, finché la sua nomina non sarà effettiva continuerà a lavorare per Reggio Calabria. Dopo il voto unanime ricevuto dalla Commissione per gli incarichi direttivi del Consiglio superiore della magistratura – un evento molto raro e che dunque dà l'idea di come negli anni il procuratore abbia saputo svolgere al meglio i compiti di volta in volta assegnatigli – mancano ora il parere consultivo del Guardasigilli, Paola Severino, e la ratifica del Consiglio superiore. Pura formalità, salvo imprevisti dell'ultima ora.[MORE]

Il motivo del loro trasferimento è chiaro: cercare di replicare il lavoro fatto contro la 'ndrangheta calabrese in questi ultimi quattro anni, quando tutte le 'ndrine della città sono finite nel mirino del duo, che ha messo a segno molti colpi importanti non solo nell'ambito delle indagini sull'ala militare ma anche sul versante dei rapporti tra le 'ndrine, la politica e l'economia più o meno legale, tra i quali il “re dei videopoker”, Gioacchino Campolo o l'arresto dell'ex assessore del Comune reggino, Giuseppe Plutino, operazione che ha di fatto dato il via all'iter per la richiesta dell'invio dei commissari e, successivamente, per lo scioglimento del Comune di Reggio Calabria, che potrebbe diventare il primo capoluogo ad essere colpito da tale provvedimento.
Il procuratore, soprattutto, è stato “attenzionato” dai clan, che gli hanno fatto rinvenire un bazooka vicino al Palazzo di giustizia (il 5 ottobre 2010) e più di un ordigno esplosivo nei pressi dello stesso edificio.

Il loro trasferimento, comunque, non significa certo che il lavoro a Reggio sia finito. Tutt'altro. «Non c'è una sola fetta sociale vergine e i rischi di contagio sono costanti» - aveva detto proprio il procuratore all'apertura dell'anno giudiziario - «Ciò è essenzialmente dovuto al crescente ruolo degli enti locali, agli appalti, alle assunzioni, alla fornitura dei servizi, nel quadro del controllo del territorio che le cosche perseguono. Interfacciarsi con i politici, per la 'ndrangheta, significa governare la clientela che aumenta il suo potere e il suo “riconoscimento sociale”».
È questa l'eredità (pesante) che Pignatone lascia al suo successore calabrese, sperando che possa solo migliorare. Sono in molti, peraltro, a vedere nella nomina anche un aspetto del lungo periodo: la successione del procuratore a Piero Grasso alla Procura nazionale antimafia. Ma questo avverrà solo nel 2013.

(foto: siciliainformzioni.com)
Andrea Intonti