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Premier Meloni in prima linea: sfide e strategie dell'UE sul tavolo Europeo - Video

Dal sostegno all'Ucraina alle tensioni geopolitiche: l'Italia protagonista nel disegnare il futuro dell'Unione.

In un clima di crescente attenzione verso le dinamiche geopolitiche che stanno modellando l'Europa e il panorama internazionale, un discorso di particolare rilievo emerge dal cuore delle istituzioni comunitarie. Alla vigilia di uno degli ultimi Consigli europei di questa legislatura, il dibattito si accende su temi di vasta portata che vedono l'Unione Europea al centro di sfide e decisioni cruciali. Fra queste, la situazione in Ucraina e la risposta europea all'aggressione russa occupano una posizione di preminenza, evidenziando una fase critica nella politica estera dell'Unione. 

In un contesto così complesso, la figura del Presidente del Consiglio italiano si fa portavoce di un messaggio forte e chiaro, ribadendo il sostegno incondizionato all'Ucraina e sottolineando il ruolo decisivo svolto dall'Italia in momenti chiave della trattativa europea. Tra visioni strategiche e iniziative di portata storica, come la firma di accordi pluriennali di cooperazione con Kiev e il riconoscimento del percorso di adesione ucraino all'UE, emerge una linea politica che cerca di bilanciare fermezza e dialogo, in un tentativo di navigare le acque tumultuose della politica internazionale con una bussola che punta alla pace e alla stabilizzazione del continente. 

Questo scenario si arricchisce ulteriormente di sfaccettature con la posizione assunta nei confronti di altri drammatici conflitti, come quello israelo-palestinese, e con l'impegno in missioni delicate che spaziano dal Medio Oriente al Mar Rosso, testimoniando la volontà di un'Europa protagonista sullo scenario mondiale, capace di affrontare con determinazione le sfide del presente e di progettare con audacia il proprio futuro.

Di seguito il video  integrale del Premier Guiorgia Megoli


Signor Presidente, onorevoli colleghi,

ci avviciniamo a uno degli ultimi Consigli europei di questa legislatura comunitaria.  Superato lo scoglio della revisione del Quadro Finanziario Pluriennale, che è stata oggetto dell’ultimo Consiglio straordinario, una parte molto significativa delle discussioni in agenda di questa riunione verterà sui grandi temi della politica internazionale.

Si partirà naturalmente dalla situazione in Ucraina e dalla risposta europea all’aggressione russa. Insieme agli altri leader europei ribadiremo ancora una volta il nostro sostegno all’Ucraina. Un sostegno che ho voluto riaffermare, a nome dell’Italia, convocando la prima riunione dei leader del G7 sotto presidenza italiana proprio da Kiev, nel secondo, tragico, anniversario della brutale invasione russa e dell’eroica resistenza ucraina.

Voglio cogliere l’occasione per rivendicare con orgoglio il ruolo che il nostro Governo ha svolto, dapprima nel Consiglio del dicembre scorso per contribuire a sbloccare il negoziato per l’avvio del percorso di adesione dell’Ucraina all’Unione europea, e poi nel Consiglio straordinario di febbraio, per favorire una soluzione positiva proprio sulla revisione del quadro finanziario pluriennale, comprensivo di un adeguato stanziamento per l’Ucraina, ma anche di risorse fondamentali per affrontare alcune delle principali questioni di nostro interesse, dal sostegno alla competitività fino alla lotta all’immigrazione illegale.

Non era una trattativa facile, e probabilmente non avrebbe avuto questo epilogo se avessimo seguito i consigli di quanti, anche in quest’aula, da tempo sostengono che non si debba dialogare con tutti ma solo con alcuni, in questa bizzarra idea di un’Europa distinta tra Nazioni di serie A e altre di serie B. Pare che linea vincente, e più utile all’Italia, oltre che alla comune causa europea e occidentale, sia invece quella sostenuta da chi – come la sottoscritta – ha sempre considerato tutti i partner europei degni di rispetto e considerazione.

Sempre in tema di Ucraina, in questi giorni si è molto discusso della proposta avanzata in particolare dalla Francia circa un possibile intervento diretto di truppe di Nazioni dell’Unione europea in Ucraina. Approfitto per ribadire, anche in quest’aula, come fatto ampiamente dal Ministro degli Esteri Tajani, che la nostra posizione non è favorevole in alcun modo a questa ipotesi, che consideriamo foriera di una escalation pericolosa, da evitare, invece, ad ogni costo. Spero che questo Parlamento sia compatto nel rispondere con noi sul punto.

Come ho più volte ribadito, anche in quest’Aula, sostenere l’Ucraina vuol dire tutelare il nostro interesse nazionale, e il nostro impegno rimane finalizzato, su tutto, alla creazione delle condizioni per una pace giusta, duratura e rispettosa della dignità della Nazione aggredita. Ogni nostra azione ha prevalentemente questo scopo.

E mi stupisce, ma forse non dovrebbe, che proprio chi più si riempie la bocca con la parola pace abbia contestato la sottoscrizione da parte italiana di un accordo pluriennale di cooperazione di sicurezza con l’Ucraina. Perché la cooperazione di lungo termine sulla sicurezza che abbiamo offerto riguarda più la pace che non il conflitto.

La ragione è semplice: gli ucraini fanno presente che un ostacolo fondamentale a qualsiasi possibile negoziato sta nel fatto che la Russia, fin qui, ha sistematicamente violato gli accordi sottoscritti e il diritto internazionale. Basti pensare che dopo la dissoluzione dell’Unione sovietica, con il Memorandum di Budapest del 1994, Kiev ha consegnato a Mosca le numerose testate atomiche in suo possesso in cambio del rispetto dell’inviolabilità dei confini ucraini. A nessuno sfugge che una potenza atomica non sarebbe stata invasa dai russi nel 2014 e poi di nuovo nel 2022, come invece è accaduto in violazione di quel Memorandum. Quindi, come ci si può ragionevolmente sedere a un tavolo di trattative con qualcuno che non ha mai rispettato gli impegni assunti? Ecco, perché degli impegni internazionali di sicurezza in favore dell’Ucraina sono il prerequisito indispensabile a qualsiasi accordo di pace tra Ucraina e Russia.

E non si tratta, come qualcuno prova oggi a raccontare, dell’impegno a fornire armi per i prossimi dieci anni. Si tratta invece di un’intesa multidimensionale, che fa seguito ad analoghi accordi sottoscritti da altri Stati europei ed occidentali, che riguarda una cooperazione a 360 gradi, compresa la ricostruzione, l’assistenza umanitaria e una rafforzata collaborazione politica e di sicurezza. Come è naturale che avvenga nei confronti di un Stato che ha avviato il percorso di adesione all’Unione Europea.   

Detto questo, l’Italia saluta con favore l’ingresso definitivo della Svezia e della Finlandia nell’Alleanza Atlantica e condanna ogni atteggiamento aggressivo da parte della Federazione Russa nei confronti di queste due Nazioni amiche e alleate, così come nei confronti dei Paesi Baltici. Allo stesso modo, ribadiamo la nostra condanna allo svolgimento di elezioni farsa in territorio ucraino e alle vicende che hanno portato al decesso in carcere di Alexei Navalny, il cui sacrificio in nome della libertà non sarà dimenticato.

Il Consiglio Europeo tratterà naturalmente anche dell’altro drammatico conflitto in corso, quello tra Israele e Hamas. Come sapete sono reduce da una missione in Egitto, sulla quale tornerò anche dopo, nel corso della quale insieme alla Presidente della Commissione europea e diversi leader europei abbiamo incontrato il presidente Al Sisi, con il quale abbiamo discusso della situazione a Gaza e della necessità di continuare a lavorare senza sosta per evitare una estensione del conflitto che, come ho già detto, avrebbe conseguenze potenzialmente inimmaginabili. Siamo fortemente impegnati affinché il Consiglio europeo possa adottare una posizione autorevole sulla crisi e sul contributo che l’Europa può offrire alla soluzione.

Ribadiremo ancora una volta la nostra ferma condanna della brutale aggressione perpetrata da Hamas il 7 ottobre scorso e ribadiremo la richiesta di un immediato rilascio di tutti gli ostaggi israeliani ancora detenuti a Gaza. Perché non possiamo dimenticare chi è stato a scatenare questo conflitto, massacrando civili inermi, donne e bambini compresi, e mostrando al mondo i loro corpi oltraggiati. È stato Hamas, e lo sottolineo perché la reticenza che sempre più spesso si incontra nel ribadirlo tradisce un antisemitismo latente, ma dilagante, che ci deve preoccupare tutti.

Ribadiremo anche che il legittimo diritto all’autodifesa di Israele deve esercitarsi con proporzionalità e nel rispetto del diritto internazionale umanitario. Non possiamo restare insensibili di fronte all’enorme tributo di vittime civili innocenti a Gaza, vittime due volte: prima del cinismo di Hamas che le utilizza come scudi umani e poi delle operazioni militari israeliane.

Ribadiremo la nostra contrarietà a un’azione militare di terra da parte di Israele a Rafah che potrebbe avere conseguenze ancora più catastrofiche sui civili ammassati in quell’area; riaffermeremo la necessità di assicurare la consegna in sicurezza degli aiuti umanitari e il sostegno all’iniziativa Amalthea per un canale marittimo da Cipro a Gaza finalizzato alla consegna degli aiuti stessi. Ferma restando, naturalmente, la necessità di aprire nuove vie terrestri che rimangono prioritarie.

Confermeremo il nostro sostegno agli sforzi di mediazione portati avanti, in particolare, da Stati Uniti, Egitto e Qatar per un prolungato cessate il fuoco che possa consentire il rilascio incondizionato degli ostaggi e massicci aiuti umanitari alla popolazione civile. E proprio sul piano umanitario prosegue l’incessante lavoro dell’Italia a favore della popolazione civile di Gaza, che dopo l’invio della nave ospedale Vulcano e le iniziative congiunte con i Paesi del Golfo, in particolare, vede ora anche l’arrivo di bambini palestinesi nei nostri principali ospedali pediatrici, che voglio ringraziare, per poter essere curati.

Il Governo italiano, in ultimo, saluta con favore il cambio di leadership in seno all’Autorità Nazionale Palestinese, che ci auguriamo possa consentire di rilanciare la soluzione a “due Stati”, sulla quale continuiamo a ritenere prioritario avviare iniziative concrete, e l’Europa in questo può, e deve, dal nostro punto di vista, giocare un ruolo da protagonista.

Come sappiamo, le conseguenze del conflitto tra Israele e Hamas si ripercuotono in modo diretto su tutto il Medio Oriente e la nostra preoccupazione va anche a quanto sta avvenendo nel Mar Rosso. Permettetemi, in primo luogo, di rivolgere un pensiero di sincera gratitudine alla Marina Militare italiana e all’equipaggio della nave Duilio che si trova, in questi giorni, nelle acque prospicienti il Mar Rosso, impegnata in una missione dall’alto potenziale di rischio per assicurare la sicurezza e la libertà di navigazione alle nostre navi commerciali. In questi giorni, nave Duilio ha dovuto neutralizzare più di un attacco portatole dai droni Houthi, lo ha fatto con prontezza ed efficacia, così come sempre con prontezza ed efficacia operano le nostre Forze Armate.

È anche per questo che proprio all’Italia è stato assegnato il comando tattico dell’operazione europea Aspides, deliberata con tempestività dalle Istituzioni europee soltanto poche settimane fa. Tutti noi sappiamo quanto le minacce e le operazioni degli Houthi facciano parte di un disegno più vasto che vede, purtroppo, l’Iran impegnato in prima linea nel sostenere non soltanto gli Houthi ma anche Hamas e Hezbollah, nonché a fornire di droni le operazioni russe in Ucraina.

E sappiamo anche quanto sia importante quel tratto di mare per i nostri interessi economici e geostrategici e quanto sia concreto il rischio che i maggiori costi sostenuti dalle nostre compagnie di navigazione finiscano non soltanto per comprometterne la competitività, ma anche per scaricarsi sul prezzo finale delle merci, portando a un nuovo aumento dei costi per i consumatori proprio ora che l’inflazione sta finalmente scendendo, e l’Italia si distingue per l’inflazione più bassa registrata tra le economie del G7.

La vicenda del Mar Rosso ci dimostra, anche, quanto siano importanti una chiara visione europea a tutela dei nostri interessi e una politica di sicurezza e difesa all’altezza delle nostre ambizioni e delle nostre esigenze difensive. Nel prossimo Consiglio ci sarà, infatti, un dibattito quanto mai urgente e delicato sulla sicurezza e sulla difesa europea. Voglio dire con chiarezza che l’Italia è pronta a fare la propria parte nello sviluppo della strategia europea per l’industria della difesa, presentata alcuni giorni fa dalla Commissione.

E qui francamente penso, signori, che occorra smettere di essere ipocriti, perché le accuse di una eccessiva ingerenza americana e gli strali contro una seria politica di difesa nazionale ed europea camminano curiosamente sempre insieme, ma insieme non stanno. Se chiedi a qualcuno di occuparsi della tua sicurezza devi prendere in considerazione l’ipotesi che quel qualcuno avrà grande voce in capitolo quando si tratterà di discutere di dinamiche internazionali.

Spendere in difesa significa investire nella propria autonomia, nella propria capacità di contare e decidere, nella propria possibilità di difendere al meglio i propri interessi nazionali, ed è la strada che segue qualsiasi Nazione seria. Ma è la strada che deve seguire anche l’Europa, se vuole essere seria. Per questo, sarà necessario approfondire il tema delle risorse che servono anche al livello UE per fare il salto di qualità necessario nel settore della difesa e l’Italia vuole essere tra i protagonisti di questo dibattito, e tra quanti promuovono anche soluzioni innovative per dotarci dei finanziamenti necessari.

Rivendichiamo da sempre la necessità che la NATO sia composta da due colonne, una americana e una europea, con pari dignità e pari peso, ma questo significa anche rispettare i vincoli previsti e sottoscritti, dotarsi di adeguata forza industriale e capacità di deterrenza, senza la quale non potrà esserci né sicurezza né libertà per i nostri popoli. Sì, la libertà ha un costo, la sovranità ha un costo, e non credete a chi vi dice che tutto può esservi concesso gratuitamente. Il risultato, spesso, e come si è visto, è che si paga molto di più.

Le esigenze di sicurezza e difesa dell’Unione europea sono strettamente connesse al tema dell’allargamento dell’Unione o, meglio, della riunificazione dell’Europa, come preferiamo definirla. Come sapete l’Italia ha investito molto su questo processo, con particolare attenzione ai Balcani occidentali. Sosteniamo il percorso di avvicinamento all’Unione europea per tutti i candidati, sia quelli orientali (Ucraina, Moldova e Georgia) sia appunto quelli dei Balcani occidentali.

In questo quadro siamo pronti a sostenere, ancora una volta, e alla luce della raccomandazione contenuta nel relativo rapporto della Commissione, l’apertura dei negoziati di adesione per la Bosnia-Erzegovina. Si tratta di una decisione che, siamo convinti, possa portare a ulteriori e decisivi progressi da parte di Sarajevo nel percorso di riforme verso l'Unione Europea. Del resto abbiamo già visto come la concessione, a dicembre del 2022, dello status di Paese candidato alla Bosnia-Erzegovina l’abbia portata a realizzare, in poco più di un anno, un numero di riforme superiore a quanto fatto nei precedenti dieci anni.

Il Consiglio prossimo sarà anche l’occasione per fare il punto sulla risposta europea in materia di contrasto all’immigrazione clandestina e al traffico di esseri umani. Un dossier che ormai viene calendarizzato ad ogni riunione, su esplicita richiesta dell’Italia, per tenere monitorati i progressi grazie a comunicazioni puntuali da parte della Commissione.

Come sapete, sono reduce da una missione molto significativa in Egitto insieme alla Presidente della Commissione europea Von der Leyen, al Presidente di turno del Consiglio Europeo De Croo, al Presidente cipriota Christodoulides, al Cancelliere austriaco Nehammer e al Primo Ministro greco Mytsotakis. Si è trattato di un vertice molto produttivo, che si è concluso con la firma di una Dichiarazione congiunta UE-Egitto propedeutica a un accordo di “partenariato strategico e globale” che segna, indubbiamente, un salto di qualità nelle relazioni con un partner fondamentale nel Mediterraneo. Approvvigionamento energetico, sicurezza e capacità di mediazione nel conflitto mediorientale, gestione dei flussi migratori: sono i principali punti di un documento comune che fornisce un nuovo quadro di riferimento nei rapporti con quest’importante vicino.

Sapete che l’Italia si è molto impegnata per esportare il “modello Tunisia” anche ad altre Nazioni africane del Mediterraneo. E sapete anche che l’Italia si era già mossa in questa direzione a livello bilaterale, rilanciando la cooperazione con l’Egitto nell’ambito del Piano Mattei, cooperazione che domenica scorsa abbiamo ulteriormente concretizzato con la firma di quattordici intese bilaterali. Grazie a questa rinnovata cooperazione e ai buoni rapporti coltivati abbiamo raggiunto l’importante risultato della scarcerazione di Patrick Zaki, ma a differenza di quanto sostenuto da alcuni, non abbiamo interrotto, e non intendiamo interrompere, la ricerca della verità sul caso di Giulio Regeni, come dimostra il processo in corso in Italia, che il Governo segue con molta attenzione. E rispetto al quale ci siamo costituiti parte civile.

Continuiamo a ritenere che la strada di una cooperazione di lungo periodo, strutturata, con le Nazioni africane e mediterranee sia anche lo strumento più efficace per costruire una soluzione strutturale al problema migratorio. E l’accordo Ue-Tunisia, fortemente promosso dal Governo italiano, che oggi sta dando i suoi frutti proprio sul fronte migratorio, dimostra come la strada intrapresa sia quella giusta. Gli ultimi dati forniti da Frontex certificano, infatti, un calo di arrivi sulla rotta del Mediterraneo centrale di circa il 60% nei primi mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con una sensibile diminuzione proprio di quelli provenienti dalla Tunisia. E aggiungo l’importante dato che riguarda la drastica riduzione della rotta proveniente dalla Turchia, che negli anni scorsi ha rappresentato una delle maggiori criticità per l’Italia.

Siamo, quindi, particolarmente orgogliosi che il modello di cooperazioni rafforzata con i Paesi del Mediterraneo allargato, su cui il nostro Governo ha investito tante energie in questi mesi, diventi il paradigma di riferimento anche per l’Unione Europea, nel suo complesso. E mi auguro che non ci siano opposizioni ideologiche o strumentali lungo il percorso che ci porterà all’attuazione dell’accordo con l’Egitto, come purtroppo abbiamo ancora una volta dovuto constatare alcuni giorni fa proprio sulla Tunisia. Sul fronte migratorio però non dobbiamo e non possiamo abbassare la guardia. L’arrivo della bella stagione può incoraggiare i trafficanti di esseri umani nel provare ad intensificare i loro traffici. Per questa ragione è fondamentale attuare pienamente il piano di azione in dieci punti presentato dalla Commissione europea e attualmente in fase di implementazione. Così come è importante allargare la cooperazione con i Paesi africani e in tema di lotta alle reti di trafficanti anche oltre i confini europei. È la ragione per la quale Africa e migrazioni saranno anche al centro della Presidenza Italiana del G7, e il nostro duplice obiettivo è - da una parte - quello di aumentare gli sforzi sul continente africano e - dall’altro - quello di lanciare un’alleanza globale contro i trafficanti di esseri umani.

Il nuovo approccio a carattere onnicomprensivo e multidimensionale alla sfida migratoria, adottato su spinta italiana dall’Unione Europea, è stato ben descritto nella Comunicazione pubblicata dalla Commissione in vista del Consiglio, che tratteggia sviluppi e prospettive dell’azione continentale. Questo nuovo approccio viene confermato anche pro-futuro, in chiave di attuazione e rafforzamento di tutte le misure concordate e con una specifica, forte, attenzione alla prospettiva degli Stati membri mediterranei. Un approccio dunque ritagliato, in tutte le sue componenti, anche e soprattutto sulle loro esigenze, cioè sulle nostre esigenze. Al Consiglio europeo promuoveremo una ulteriore sottolineatura del carattere prioritario della dimensione esterna per una soluzione strutturale alla sfida migratoria, che rimane l’aspetto, per noi, assolutamente cruciale.

Questo Consiglio europeo si occuperà, lasciatemelo dire, finalmente, anche di agricoltura. È stata una richiesta avanzata particolarmente dall’Italia che siamo lieti sia stata recepita. Dopo questa nostra richiesta all’ultimo Consiglio straordinario si è poi svolto il Consiglio Agrifish, lo scorso 26 febbraio, e già in quella sede i ministri dell’Agricoltura e della Pesca dei 27 hanno espresso una forte volontà di intervenire a sostegno di un settore che è stato troppo a lungo dimenticato e oggetto di attenzioni non sempre benevole. La doppia crisi pandemia-guerra ha colpito anche le catene di approvvigionamento alimentare e ha gravato le imprese agricole di un aumento dei costi fissi che ne ha ulteriormente ridotto la redditività. A questo si sono aggiunti, da un lato, l’appesantimento burocratico introdotto dalle misure di inverdimento della PAC e dall’altro l’accanimento ideologico di molte norme del “Green Deal”, del pacchetto “Fit for 55” e della strategia “Farm to Fork”.

L’Europa si è così risvegliata con i trattori nelle strade, in prima battuta in quei Paesi che avevano adottato ulteriori misure nazionali particolarmente penalizzanti per il settore, a cominciare dall’interruzione dei sussidi per il gasolio agricolo, scelta che invece non ha fatto l’Italia, che ha prorogato quei sussidi. Perché a questo Governo non sono serviti i trattori nelle strade perché si occupasse della materia, grazie anche al confronto costante che il Ministro Lollobrigida ha mantenuto con le organizzazioni maggiormente rappresentative che, infatti, a differenza dei loro colleghi e omologhi di Francia, Germania, Belgio, Spagna, Olanda e molti altri, non hanno partecipato alle manifestazioni.

Rivendico, con orgoglio, che il nostro è stato sinora il Governo che più ha investito in agricoltura nella storia repubblicana, arrivando a stanziare - grazie alla tanto vituperata rimodulazione del PNRR - fino a 8 miliardi per il comparto agricolo. Una scelta strategica, alla quale si sono aggiunti in questi 17 mesi di Governo molti altri importanti provvedimenti dei quali questo Parlamento ha già avuto modo di discutere alcune settimane fa.

L’ultimo intervento riguarda la questione dell’Irpef agricola, inserita, seppure marginalmente, anche in alcune piattaforme dei manifestanti. Rivendichiamo la scelta di non esentare dal pagamento dell’IRPEF agricola le imprese di maggiori dimensioni, che possono permettersi di pagarla, e invece la scelta di concentrare le risorse destinate al comparto agricolo in favore di chi ne ha davvero bisogno, non solo esentando questi dal pagamento dell’Irpef ma anche con ulteriori, concrete, misure di sostegno. Ma soprattutto, gli agricoltori (e con loro i pescatori) sanno che, fin dal primo giorno, il nostro Governo in sede europea ha contrastato quella visione ideologica della transizione green che ha individuato proprio nell’agricoltore, nel pescatore, negli operatori economici che lavorano a contatto con la natura, dei nemici da colpire in nome della “guerra santa” contro il cambiamento climatico. Per noi invece l’agricoltore è il primo ambientalista, è il bio-regolatore per eccellenza, è il garante della nostra sicurezza alimentare, è colui che ha il maggiore interesse a preservare la natura – atteso che proprio dalla natura trae il suo reddito – e come tale deve essere pienamente coinvolto nelle politiche di riduzione delle emissioni, perché se lo graviamo di oneri insostenibili – sul piano economico e burocratico – fino a far finire la sua azienda fuori mercato e a farlo chiudere, il giorno dopo quel pezzo del nostro ambiente rurale sarà abbandonato all’incuria e alla fine produrrà maggiori danni.

Su questo argomento proprio il nostro Governo ha presentato un documento che è stato sostenuto da tutti i Ministri dell’Agricoltura. Ora ci auguriamo che, dalla discussione dei prossimi giorni, possano scaturire indicazioni forti alla Commissione e al successivo Consiglio Agrifish del 26 marzo, soprattutto in alcune direzioni.  Abbiamo accolto, con favore, l’annuncio della Commissione sul ritiro definitivo della proposta legislativa in materia di agrofarmaci, che il Parlamento europeo prima e il Consiglio poi avevano bocciato. 

Ora è urgente, in primo luogo, intervenire sull’attuazione della Politica Agricola Comune. Penso possiate convenire con me sul fatto che, quando tutti noi abbiamo sostenuto la vecchia PAC, il contesto era molto diverso da quello attuale. Non si era ancora verificato lo shock dell’invasione russa in Ucraina, in primo luogo, e in secondo luogo la Politica Agricola Comune che è stata votata era comunque una mediazione, rispetto alle folli pretese dell’allora Vicepresidente Timmermans, che voleva una PAC ancora più sbilanciata verso le misure di inverdimento, tanto da voler ricomprendere al suo interno gli obiettivi di riduzione delle emissioni del “Green Deal”. Queste pretese non si materializzarono allora, ma si sono verificate successivamente con la definizione degli eco-schemi e delle condizionalità verdi, ed è proprio da quelle che si deve partire, semplificando al massimo le procedure ed eliminando con effetto retroattivo l’obbligo di messa a riposo del 4% dei terreni e l’obbligo di rotazione delle colture, che limiterebbe in maniera sensibile la produttività delle nostre imprese.

La recente proposta della Commissione di ampia revisione della PAC va nella giusta direzione, riprendendo molte delle proposte italiane. Ora è importante lavorare rapidamente alla riforma, a partire dal prossimo Consiglio Agricoltura e Pesca di fine marzo.  E lavoriamo perché possano trovare spazio altre proposte italiane, come l’estensione del Quadro temporaneo per gli aiuti di Stato, prevedendo comunque un incremento del regime “de minimis”, nonché una moratoria dei debiti delle imprese agricole. In questo contesto così difficile è indispensabile rafforzare la nostra risposta alla concorrenza sleale dei Paesi terzi, affermando il principio di reciprocità, condurre i futuri negoziati sugli Accordi di libero scambio - a partire da quello sul Mercosur - con un’accresciuta attenzione al mondo agricolo, intervenire anche sulle importazioni agricole dall’Ucraina affinché i sacrosanti sforzi che hanno portato a ripristinare i corridoi della “Grain Initiative” siano orientati verso i Paesi terzi più bisognosi di grano e di altre materie prime, e non producano ulteriore concorrenza al ribasso a scapito dei produttori europei.

Infine, dato anche questo molto importante, siamo ancora in una fase di asimmetria nella distribuzione del valore lungo le filiere, soprattutto in alcuni settori. Oltre all’opera di moral suasion che il Governo potrà svolgere tra tutti gli interlocutori, sarà importante rafforzare la direttiva sulle pratiche commerciali sleali che potrà aiutare a garantire il giusto prezzo alle nostre imprese agricole.

Infine, voglio cogliere l’occasione di questo dibattito parlamentare per condividere con voi la soddisfazione in merito all’esito del negoziato sul nuovo regolamento sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio. Sono fiera del risultato raggiunto e sono fiera del grande lavoro di squadra che è stato fatto dall’intero Sistema Italia: Governo, imprese, associazioni di categoria, Parlamento nazionale, parlamentari europei di diversi schieramenti, col supporto dei nostri funzionari a Bruxelles, hanno remato tutti nella stessa direzione per preservare un modello di eccellenza nell’economia circolare che è stato costruito nel corso degli anni con il contributo straordinario di tante nostre imprese e dei cittadini italiani.

Non soltanto gli addetti ai lavori ma tutti gli italiani devono sapere che, grazie a questo lavoro di squadra, al quale tutto il Governo, a partire dalla sottoscritta, si è dedicato, ma che una volta tanto ci ha visto batterci spalla a spalla anche con esponenti delle opposizioni, abbiamo messo in sicurezza una percentuale significativa del nostro PIL, coniugando sostenibilità e competitività.

Lo voglio citare, e concludo, come esempio virtuoso e come modello per il futuro. Perché quando l’Italia ha belle storie da raccontare e buone ragioni da difendere, e soprattutto se riesce a mettere l’interesse nazionale davanti agli interessi di parte, non c’è nulla che non possa fare.