Il meridione nelle cifre del rapporto Istat
Economia Lazio

Il meridione nelle cifre del rapporto Istat

martedì 24 maggio, 2011

Roma, 24 maggio 2011- Arrivato alla diciannovesima edizione, il rapporto nazionale Istat sul Paese fa il punto sulla situazione sociale ed economica in Italia. Il rapporto è stato presentato nel massimo consesso istituzionale la camera dei Deputati al cospetto del suo presidente Gianfranco Fini. [MORE]

Il presidente dell’Istituto nazionale di statistica Enrico Giovannini ha illustrato le linee di fondo del rapporto, costruito su cinque capitoli che trattano rispettivamente della situazione economica in generale del Paese, delle imprese, del mercato del lavoro, delle famiglie e della rinnovata governance economica europea. Proprio la tendenza delle nuove politiche economiche dell’Unione europea, raccolte nella strategia Europa 2020, a rafforzare il peso degli indicatori socio-economici come strumenti di controllo del raggiungimento degli obiettivi politico-strategici, costituisce un forte stimolo agli istituti pubblici di statistica a divenire attori del nuovo ciclo di politiche pubbliche per lo sviluppo dell’Europa. Il presidente Giovannini ha molto insistito sul tema dell’occupazione, mostrando come la zavorra dell’inoccupazione e della disoccupazione, soprattutto nel sud dell’Italia, rappresenti una grave limitazione alle prospettive di sviluppo per un Paese che deve puntare sulle risorse umane.

Una novità statistica registrata nel Rapporto riguarda i cosiddetti Neet (Not in education, employment or training), cioè la popolazione tra i 18-29 anni che non lavora e non studia. Si tratta del 22,1% della popolazione di questa fascia d’età, pari a 2,1 milioni di persone (134.000 in più rispetto al 2009), di cui un terzo si dichiara disoccupato (cioè in cerca di occupazione), un altro terzo con un debole interesse alla partecipazione al mondo del lavoro e l’altro terzo inoccupata (senza un interesse a cercare occupazione). La miscela delle tre componenti cambia nei Neet del meridione, in cui la popolazione giovanile non impegnata disponibile a lavorare sale dal 66 al 80%. Le potenzialità di questo target di popolazione, oltreché sul piano economico, si colgono anche politicamente se si considera il peso di un movimento come quello dei giovani spagnoli (Indignados) che riuniti in Puerta del Sol a Madrid, sono riusciti ad inserirsi nel dibattito elettorale per le amministrative spagnole.

Interessante segnalare le osservazioni proposte da Giovannini sulla situazione del meridione d’Italia. Cominciamo dalle notizie confortanti: Calabria, Campania e Lazio sono le tre regioni a più alto tasso di presenza di imprese high-growth, vale a dire di imprese che presentano un incremento annuo di occupazione del 20% per tre anni consecutivi. Le imprese con queste caratteristiche rappresentano in queste regioni il 6% delle imprese, contro il 3% della media nazionale. Nel quadro generale, la questione meridionale resta tra le più spinose. La vulnerabilità sociale delle fasce più povere delle popolazioni meridionale costituisce l’indicatore più appropriato per mostrare le difficoltà strutturali di una parte così importante della società italiana.

Sul totale del saldo negativo di occupati nel triennio 2008-2010 di 532 mila unità (il tasso di occupazione italiana è passato dal 58,7 del 2008 al 56,9 del 2010), più della metà risultano persi nel sud Italia (il saldo è nullo nel centro Italia e di 228 mila al Nord). Nel sud il totale dell’occupazione è tornato alla cifra del 2000, con un’importante decremento di manodopera soprattutto nel settore industriale. Da un punto di vista generazionale, le criticità maggiori riguardano i giovani tra i 18-29 anni per i quali, nel sud il tasso di occupazione è sceso al 30% contro il 50% del nord. Dei nove milioni di persone che vivono in famiglie staticamente povere (il 15,7% delle famiglie italiane), una buona parte vive nel sud Italia. L’area della povertà nel sud è particolarmente esposta a causa del cattivo funzionamento delle reti sociali e pubbliche di assistenza in queste regioni italiane. Meno le famiglie e le persone attive impegnate nella cura del bisogno rispetto al modello sociale del nord-est.

Tra le famiglie con un anziano in gravi condizioni solo il 46,9% riceve una qualche forma d’assistenza contro il 55, 8 del nord. Ma ancora più evidente è il quadro della precarietà delle famiglie meridionali se si considera l’intervento socio-assistenziale delle amministrazioni pubbliche.

La spesa pubblica per interventi socio-assistenziali erogata dai comuni varia dai 280 euro pro-capite nella provincia autonoma di Trento ai 30 della Calabria (in generale il rapporto tra spesa pro-capite socio assistenziale nel sud e nel nord Italia è di 1 a 3). Nel caso dei disabili, si va dai 5075 euro del Nord-Est ai 685 del sud; per l’assistenza degli anziani 165 nel nord-est, 59 al sud; i bambini che godono dell’assistenza socio-educativa sono il 30% tra gli 0-2 anni in Emilia-Romagna e meno del 10% nel sud Italia. In merito alla spesa per servizi sociali, qualche riflessione la merita l’attuazione del federalismo municipale, considerando che sono gli enti locali, comuni in primis, a garantire l’intervento assistanziale sul territorio.

Orientato a una logica di ristrutturazione della spesa pubblica, il progetto di ridefinizione della finanza locale è alle porte di una decisiva rivoluzione attraverso l’aumento delle entrate rappresentate da tributi locali e la cancellazione dei trasferimenti statali. In assenza di meccanismi perequativi, tale disegno rischia di pregiudicare la capacità di spesa degli enti locali nel meridione dell’Italia, laddove le basi imponibili locali non sono sufficienti a coprire i fabbisogni di servizi sociali delle popolazioni.

In definitiva, dal rapporto Istat emerge la necessità di integrare le politiche economiche orientate a migliorare le condizioni di competitività del sistema produttivo con quelle specificamente rivolte a risolvere i dilemmi strutturali dello sviluppo nel sud Italia, con particolare riguardo alle aree di bisogno che richiedono interventi di alleggerimento sociale.
 


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