Il sestante del giornalista. Intervista a Giorgio Tonelli
Cronaca Emilia Romagna

Il sestante del giornalista. Intervista a Giorgio Tonelli

lunedì 3 giugno, 2013

BOLOGNA, 3 GIUGNO 2013 - È interessante e stimolante comprendere non solo il percorso che porta una persona a scegliere il mestiere del giornalista, ma anche capire in quale “alveo” scorre la passione per quel lavoro; ogni limite, ogni ostacolo, curva o scossone rende avvincente il percorso. Giorgio Tonelli ci spiega come e dove è arrivato lui, professionista attento ai cambiamenti costanti della società.[MORE]

Perché ha deciso di fare il giornalista?

Appartengo a quella parte della categoria, nata facendo giornalini in classe. Nelle elementari mi inventai “Il naufrago”. Alle medie inferiori, insieme ad altri, “Un cannocchiale sul mondo”. Alle superiori già collaboravo con piccole iniziative editoriali. Ricordo “New People”, ciclostilato in circa 400 copie, espressione della comunità Giovanni XXIII di don Oreste Benzi di Rimini, poi la collaborazione con la stampa locale e infine, dopo la laurea in Filosofia, il concorso in Rai.

Cosa rappresenta per lei il giornalismo?

Sicuramente una passione. Anche se il tempo e le vicende della vita tendono a raffreddare gli entusiasmi. Mi rimane la curiosità, la lettura quasi onnivora di tutto quel che è stampato. E un po’ anche la speranza o la presunzione che il giornalismo possa contribuire a rendere migliore il nostro mondo e chi lo abita.

Qual è differenza e quale legame intercorre tra informazione e comunicazione?

L’informazione va sempre in una direzione, la comunicazione presuppone una andata e ritorno. Anche se nutro grossi sospetti sulla effettiva capacità ‘comunicativa’ per esempio dei social network. Quanti ‘amici’ o quanti ‘mi piace’ sono fasulli. Ma il discorso si allargherebbe troppo.

È giornalista alla sede Rai di Bologna dal 1985, quali sono i pro e i contro di essere giornalista alla Rai?

Beh, detto senza ipocrisie, il principale ‘pro’ è sicuramente la garanzia di un posto sicuro. Il ‘contro’ è che sei perennemente in balìa dei delicatissimi equilibri politici del Paese. Basta essere nella ‘lista nera’ di un sindaco con buone conoscenze ‘altolocate’per finire fuori gioco. Non è un caso che sono moltissimi i giornalisti in Rai costretti a rivolgersi alla magistratura per vedere riconosciuto il proprio diritto al lavoro.

Esiste un giornalismo obiettivo e non manipolato?

Un margine di manipolazione è insito nel mezzo. Cosa mostro? Con quale angolazione? Con quali parole di commento? Questo tuttavia non esclude una ricerca di obiettività. L’obiettività non è una condizione è una tensione. Da questo punto di vista può esistere il giornalismo obiettivo, quello cioè in cui uno espone tutti i punti di vista, senza far prevalere il proprio. Altro discorso vale per chi è in malafede oppure subordina la verità delle cose ad altre finalità (di costruzione del consenso, di propaganda, di carriera).

Quali differenze ci sono tra il giornalismo di oggi e quello di ieri?

Il giornalismo continuerà ad essere quello che è sempre stato: verificare i fatti e riferirli in modo efficace. Poi è evidente: cambiano le tecniche, gli strumenti di lavoro. Forse la maggiore differenza è nella velocità di trasmissione che, a volte, rende difficili i controlli delle fonti e poi perché il mondo è sempre più complicato, poichè quel che si può vedere e verificare è sempre di meno ( si pensi alle guerre o agli scandali finanziari ed economici). Ma il giornalismo ieri come oggi resta un mestiere complesso, con le sue regole ed i suoi giusti limiti. Norme come quelle sulla privacy o la tutela dei minori, non sono gabbie per limitare la libertà d’espressione e il diritto di cronaca, ma la miglior garanzia per i cittadini di essere correttamente informati, senza prevaricazioni e inutili violenze. Chi pensa che fare giornalismo significhi solo generare contenuti, rischia di prendere un abbaglio. Chi, per esempio su Internet, protesta, esprime opinioni, comunica con chi la pensa nella stessa maniera, non sta facendo giornalismo. Sta semplicemente esercitando un diritto, sancito dall’articolo 21 della Costituzione.

Cosa direbbe a quei giovani e non che si stanno avvicinando al giornalismo e vorrebbero intraprendere una carriera?

È una domanda che mi è stata rivolta spesso ed alla quale ho sempre più difficoltà a rispondere. Fino a qualche anno fa, rispondevo riflettendo sulla mia storia e su quella di tanti altri miei colleghi: se realmente sei convinto e disposto a sacrifici (retribuzioni spesso all’inizio ridicole, orari pazzi, metterti perennemente in discussione) allora buttati in mare e nuota! Oggi sono più cauto. Gli editori, che pure hanno i loro problemi, se ne infischiano degli anni di ‘volontariato’ prestati da giovani volenterosi. Anzi, complici anche le nuove tecnologie, è in corso un vero e proprio processo di espulsione dalle redazioni. A favore di collaboratori esterni, free lance e service. E così si arriva a 30-35-40 anni senza ancora un contratto, magari ancora come pubblicisti, anche se l’attività giornalistica resta quella principalmente svolta … In questa situazione forse è meglio una buona scuola di giornalismo come Perugia o Iulm di Milano che, comunque, hanno rapporti con le principali realtà editoriali nazionali e finora hanno garantito sbocchi professionali più che dignitosi. Ma il mio è solo un parere, dettato forse dall’amarezza di vedere tanti bravi colleghi, alle prese con mille difficoltà.

Alessandro Bertolucci e Giorgio Tonelli
 


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