Palestina sì, Palestina no: le ambiguità del ri-eletto Netanyahu
Estero Valle d'Aosta

Palestina sì, Palestina no: le ambiguità del ri-eletto Netanyahu

sabato 21 marzo, 2015

 GERUSALEMME, 21 MAGGIO 2015 – Il Primo Ministro israeliano Banjamin Netanyahu sembra aver addolcito i toni, rispetto a quelli ruvidi pronunciati durante la campagna elettorale riguardanti la creazione di uno stato di Palestina. In un'intervista televisiva dello scorso giovedì, a due giorni dalla sua rielezione, Netanyahu ha affermato di sentirsi ancora a favore della creazione dello stato di Palestina, ma a patto che la regione migliori e che la visione di due stati confinanti prima di tutto rispettino lo storico discorso del 2009.

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«Non ho cambiato la mia politica», ha dichiarato durante l'intervista, «e non ho mai fatto un passo indietro da quella posizione. Io non voglio uno stato unico, ma una soluzione sostenibile e pacifica a due stati, ma per giungere a ciò ci sono circostanze che devono cambiare. Attualmente tutti i territori liberi del Medio Oriente stanno entrando nel mirino delle forze islamiste». Qualcosa di differente rispetto a ciò che Netanyahu aveva pronunciato a pochi giorni dalla chiusura della campagna elettorale, dove asseriva che non ci sarebbe stato alcuno stato di Palestina se fossero persistiti violenza regionale e caos, condizioni che escluderebbero un progresso della questione per anni. Il commento ha fatto infuriare l'amministrazione degli Stati Uniti, che vedono la soluzione a due stati una priorità della loro politica estera.

Nella stessa intervista, Netanyahu ha anche sottolineato la presenza di gruppi armati particolarmente ostili in tutta la regione, e che i territori passati sotto il controllo del presidente palestinese Mahmoud Abbas potrebbero essere presto presi dai combattenti. «Non si può imporre la pace. E ad ogni modo, se è ciò che si vuole ottenere, bisognerebbe che la leadership palestinese abbandoni il loro patto con Hamas e intraprenda negoziazioni genuine con Israele per il raggiungimento dei nostri traguardi». Israele si è ritirato da Gaza nel 2005 e due anni dopo Hamas ha preso il controllo dei territori costieri, allontanando le forze fedeli ad Abbas.

In precedenza, Abbas aveva espresso preoccupazione per i commenti di Netanyahu durante la campagna elettorale: «Quello che abbiamo sentito da Netanyahu è piuttosto preoccupante», aveva affermato il presidente palestinese, «Noi abbiamo pieno diritto di trattare con qualsiasi organismo internazionale per ottenere i nostri diritti, e per far sì che si raggiunga una legittimazione internazionale». E, sempre giovedì, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha riconfermato il proprio supporto alla realizzazione dello stato di Palestina, durante una conversazione telefonica di congratulazioni per la vittoria di Netanyahu alle elezioni. La Casa Bianca ha fatto sapere che i due leader sono d'accordo a portare avanti un confronto su parecchi punti, incluso lo spinoso conflitto israelo-palestinese. Il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest ha aggiunto che i discorsi di Netanyahu in campagna elettorale non erano altro che un “cinico piano” per attirare il consenso degli elettori.

Gli Stati Uniti hanno continuamente supportato Israele al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, per un accordo comune sulla soluzione a due stati del conflitto israelo-palestinese. Negli ultimi tempi, però, le relazioni tra Netanyahu e l'amministrazione Obama si sono particolarmente incrinate da quando Netanyahu si è rivolto al Congresso all'inizio di marzo parlando di possibili negoziazioni con l'Iran. Il discorso è stato inoltre organizzato con i Repubblicani, alle spalle della Casa Bianca, violando di fatto un protocollo diplomatico.

Foto: deonvsearth.com

Fonte: aljazeera.com

Dino Buonaiuto


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