Pena di morte, Amnesty: la Bielorussia fermi le esecuzioni
Cronaca Lazio

Pena di morte, Amnesty: la Bielorussia fermi le esecuzioni

lunedì 10 ottobre, 2011

ROMA, 10 OTTOBRE 2011 - In Europa e nei territori dell'Ex Unione Sovietica è rimasto l'unico Paese ad applicare la pena capitale. A nove anni di distanza dall'istituzione della Giornata mondiale contro la pena di morte, Amnesty International, che fin dalla sua fondazione nel 1961 si batte contro l'utilizzo di tale pratica, lancia un appello affinché l'attenzione si focalizzi sulla Bielorussia, denunciandone non solo l'ampio ricorso, ma anche la crudeltà dei metodi utilizzati, e invitando l'opinione pubblica a mobilitarsi in favore della sua abolizione anche in questo Paese.[MORE]

I prigionieri – denuncia l'organizzazione umanitaria – vengono informati solo pochi minuti prima di essere uccisi. L'esecuzione avviene generalmente con un colpo di proiettile alla nuca. «La Bielorussia – afferma Roseann Rifei, esperta di Amnesty sulla pena di morte - è il solo paese in Europa che continua a pretendere di uccidere in nome della giustizia. La crudeltà della pena capitale in Bielorussia - continua - va ben oltre la fase dell'esecuzione. Le famiglie vengono informate solo settimane o persino mesi dopo, i corpi dei prigionieri messi a morte non vengono consegnati e neanche viene reso noto dove siano stati sepolti».

Le testimonianze rese dai parenti dei condannati fanno emergere una situazione drammatica. Andrei Burdyka, condannato per omicidio, viene ucciso presumibilmente tra il 14 e il 19 luglio, insieme ad un altro prigioniero. La sua famiglia viene informata solo il 23 settembre, mediante una telefonata del tribunale regionale di Grodno, con la quale i parenti venivano invitati a ritirare il certificato di morte dell'uomo. La madre di Burdyka non sa ancora dove il figlio sia stato sepolto. La famiglia dell'altro uomo ucciso insieme a lui non ha ancora ricevuto alcuna comunicazione ufficiale.

A preoccupare è anche la grande quantità di esecuzioni che avvengono nel Paese. Secondo le stime dell'associazione, dal 1991 sarebbero almeno 400 i prigionieri messi a morte. Si tratta, tuttavia, di una cifra minima, poiché il numero esatto delle esecuzioni rimane ancora sconosciuto a causa della segretezza che circonda l'utilizzo di tale pratica.

Se in occasione della nona Giornata mondiale contro la pena di morte l'attenzione è focalizzata sulla Bielorussia, Amnesty ricorda anche la diffusione di tale pratica nel resto del mondo. Risale a qualche mese fa la diffusione del rapporto che l'organizzazione stila ogni anno per rendere note le cifre relative alle condanne e alle esecuzioni. Sono 527 le esecuzioni accertate nell'anno 2010, alle quali vanno aggiunte almeno altre 5000 uccisioni avvenute in Cina, Paese che non rientra nel rapporto poiché per esso non esistono cifre ufficiali. Alla fine dello stesso anno risultano almeno 17.800 persone condannate a morte in attesa di esecuzione.

«La pena di morte – denuncia Amnesty nell'appello pubblicato questa mattina - è la più estrema delle punizioni crudeli, disumane e degradanti. La disumanità della sua applicazione emerge da ogni parte del mondo. I prigionieri raccontano delle devastanti condizioni di vita nei bracci della morte, della loro angoscia nell'attesa di un'esecuzione che spesso avverrà solo grazie alla "confessione", sotto tortura, di un crimine che sostengono di non aver commesso».

La Giornata mondiale è stata istituita nel 2003, grazie all'azione della Coalizione Mondiale contro la pena di morte, organismo che riunisce una serie di associazioni che si battono contro l'utilizzo di questa pratica. L'obiettivo della Giornata mondiale è «una pressione concreta e periodica sui governi e le istituzioni per l'abolizione della pena di morte nel mondo». Quest'anno, in occasione della nona giornata, è possibile firmare un appello rivolto al governo bielorusso, con il quale si chiede di stabilire immediatamente una «moratoria sulle esecuzioni e di commutare le sentenze di tutti coloro che si trovano nel braccio della morte, come primo passo verso l'abolizione della pena capitale».

Serena Casu


Autore
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