"Due Amici", un'opera prima purtroppo rimasta unica
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"Due Amici", un'opera prima purtroppo rimasta unica

giovedì 29 novembre, 2012

In occasione dello spettacolo teatrale Giù di Spiro Scimone e Francesco Sframeli - tre giorni al teatro Argentina di Roma, e di nuovo il 25 novembre al Teatro di Tor Bella Monaca - la memoria di spettatori accorti o cinefili può fare un lungo salto indietro nel tempo e ricordare il film Due Amici, che i due artisti hanno presentato nel 2002 alla LIX Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e con il quale hanno vinto il Premio Luigi De Laurentiis per la migliore opera prima.

Due Amici, opera prima purtroppo ad oggi rimasta unica, di Spiro Scimone e Francesco Sframeli, è un film pieno di lirica dolcezza, diretto ed interpretato dagli stessi Autori. Tratto dall’opera teatrale Nunzio del 1994 di Spiro Scimone, racconta la storia di due siciliani che vivono insieme in un appartamento. Nunzio è afflitto da una terribile tosse causata dalle polveri tossiche respirate per tanti anni in una fabbrica di vernici. Pino è un killer, che viaggia per il mondo, eseguendo i “lavori” richiesti da un ambiguo pescivendolo.
Nunzio è un uomo semplice, ingenuo ed incapace di fare del male, non immagina minimamente la vita dell’amico Pino, anzi è affascinato dai suoi viaggi ed attende ogni volta il suo ritorno.
Pur essendo totalmente diversi, Nunzio e Pino sono uniti dalla solitudine che li ha emarginati in una città senza nome, senza calore di umanità; fra loro si crea un legame affettivo non comune, fatto di conversazioni surreali e delle piccole cose pratiche che scandiscono la vita quotidiana.
I dialoghi surreali sottolineano l’impossibilità di comunicare ad un livello intellettuale con l’altro, così diverso, ma altresì la possibilità di farlo sul piano dei sentimenti, attraverso le emozioni. L’affettività ha un linguaggio universale con cui ogni uomo può comprendere gli altri. Non è necessaria un’uguaglianza sociale, etnica o culturale; se un uomo apre il proprio cuore all’altro, se lo ascolta e lo accoglie, capirà e si farà capire, senza bisogno di discussioni dotte. E’ quello che succede a Pino, quando partecipa all’innamoramento di Nunzio per la bella Maria. Nulla può il passato, fatto di durezze e violenza, contro la meraviglia della vita che si rinnova attraverso l’amore, anche nell’animo di un uomo apparentemente senza cuore.
Pino cerca in ogni modo di aiutare l’amico a fare una bella figura e a realizzare il suo sogno, ripara per lui la radio di Maria, gli regala una bella giacca nuova, lo accompagna e lo incoraggia. Purtroppo il sogno si rivela impossibile perché Maria è già innamorata di un barista.

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I due personaggi sono allora di nuovo soli, le vite che conducono sembrano doversi concludere nella desolazione e nello squallore, ma è proprio la riscoperta dell’affettività a sancire fra loro un legame sempre più profondo. Nunzio, nella sua semplicità, va con ingenuità e dolcezza verso Pino, che invece, avendo per lungo tempo rimosso e rinnegato la sua umanità, solo attraverso la presenza di Nunzio riesce a riscoprirla. La malattia dell’amico lo porta a riflettere sul significato della morte; quella morte che senza pietà stabilisce per gli altri è la stessa che viene decretata per il suo amico, costretto ad un lavoro disumano.
Così un giorno Pino decide di partire, ma questa volta non più da solo, non più per uccidere. Una panoramica mostra l’appartamento vuoto, la sensazione di solitudine e squallore è ora solo nell’appartamento, Pino e Nunzio camminano svelti su un viale alberato; questa inquadratura, volta a sottolineare il significato della rinascita, li vede protagonisti dell’inizio di una nuova vita.

A distanza di tanto tempo, e sapendo che l’arte ha benedetto l’unione della coppia Scimone-Sframeli con il teatro, sotto le luci della ribalta del palcoscenico, ci si chiede che cosa sarebbe successo se questi artisti fossero nati in Paesi diversi dall’Italia, dove la purezza è un linguaggio possibile anche nel cinema.
Il tempo ha dimostrato che le loro vite appartengono al teatro ma vedendoli così, in un film, uno solo, di tanta grazia, verità, poesia e dolcezza, si prova il rammarico che il “destino” non abbia offerto loro la possibilità di esprimersi attraverso il mezzo cinematografico, dal momento che in quest’opera prima hanno dimostrato di saperlo utilizzare con grande efficacia e con grande merito.


Regia: Spiro Scimone, Francesco Sframeli
Sceneggiatura: Spiro Scimone dalla sua opera teatrale Nunzio
Fotografia: Blasco Giurato
Montaggio: Massimo Quaglia
Musica: Andrea Morricone
Scenografia: Eleonora Ponzoni
Costumi: Carolina Olcese
Interpreti: Francesco Sframeli (Nunzio), Spiro Scimone (Pino), Felice Andreasi (padrone di casa), Sara Bertelà (Angela, prostituta), Valero Binasco (Andrea, barista), Teresa Saponangelo (Maria), Armando Pugliese (pescivendolo), Tano Cimarosa (operaio), Roberto Citran (negoziante di elettrodomestici)
Produzione: Francesco Tornatore per Sciarlò
Distribuzione: Medusa
Durata: 90'
Origine: Italia, 2002


(Nella foto Spiro Scimone e Francesco Sframeli)

Gisella Rotiroti


Autore
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