Il Messaggio Pasquale dell'Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace Mons. Vincenzo Bertolone
CATANZARO, 06 APRILE 2012- Carissimi fratelli e sorelle, sì, ne siamo certi: Cristo, consacrato dal Padre in Spirito Santo e potenza, è davvero risorto!
«Il solo e vero peccato è rimanere insensibili alla resurrezione». Isacco il Siro, padre della Chiesa antica, scolpiva così la ricchezza ed il senso della Pasqua. L’efficacia di queste parole é di grande attualità perché per la stragrande maggioranza delle persone il giorno di Pasqua scivola quasi inosservato a parte la possibilità di costruirsi (chi può, naturalmente) uno dei tanti ponti da trascorrere fuori porta. Anche la nostra Calabria, dove pure resistono riti e liturgie e dove più forte che altrove è la religiosità popolare e conserva la memoria cristiana, non fa più eccezione.
La società contemporanea non crede alla Resurrezione perché non vede le tombe scoperchiate. Eppure, se non saremo capaci di rileggere e fare nostra la narrazione di questo evento centrale della fede, rimarremo come estranei ad esso. Al contrario, credere nella Resurrezione di Gesù è passare senza violenza in questo mondo di violenza, come ha fatto Lui; è rinunciare alle spese miliardarie di guerra e di morte nell'Africa stremata; è opporsi alle mafie; è stendere la mano all'avversario; è chiedere perdono al coniuge oppresso; è favorire, richiedere a gran voce interventi drastici contro la disoccupazione e l’emarginazione sociale, soprattutto rimuovendo una volta per tutte le cause originarie. È liberare dal potere del diavolo, come dice san Pietro, e dalla malattia, dalla morte e da tutto ciò che ne è effetto: miseria, fame, oppressione solitudine, disoccupazioni, egoismi.[MORE]
La vera manifestazione di Colui che era morto, ma adesso vive, esige allora uno stile da testimoni, non da gente che tale e si fa “i fatti suoi”, bensì da gente che sa riconoscere la luce del mattino, per mettere in fuga le ombre che persistono. La Risurrezione, infatti, rompe gli schemi usuali. Cristo nostra Pasqua è immolato: facciamo festa nel Signore! Ma soprattutto, impariamo a comprendere le Scritture. Non basta possedere il libro sacro e, magari, metterlo in bella mostra in un punto centrale della nostra abitazione. La Bibbia va compresa, e per comprenderla bisogna leggerla nello Spirito santo: un metodo, questo, che si apprende soltanto mediante un’intensa vita di fede, un’ininterrotta formazione catechetica, un confronto costante con i Pastori e i catechisti. Soltanto nello Spirito, infatti, ci è dato di capire perché il sudario, che era stato sul capo di Gesù, stia a parte; perché Colui che era stato appeso, ora mangi e beva da Risorto con i primi testimoni.
La Resurrezione di Gesù è il centro essenziale della vita della Chiesa e nostra. La comunità cristiana è nata dalla Resurrezione e ha capito Gesù e se stessa a partire dalla Resurrezione. Con essa tutto acquista significato; senza di essa tutto si riduce a nulla. Se Gesù non fosse risorto, il Natale non sarebbe divenuto la nascita del Figlio di Dio, la sua morte non sarebbe una redenzione, i suoi miracoli non sarebbero miracoli. Se Gesù fosse stato divorato definitivamente dalla morte, la Chiesa non avrebbe avuto senso, la fede si proietterebbe nel vuoto, le preghiere sarebbero vaniloquio. San Paolo dice che senza la Risurrezione saremmo i più miserabili tra gli uomini (cfr. 1 Cor 15,19). Invece, Egli è risorto, e ciò cambia tutto per il credente: la morte non fa più paura e i grandi interrogativi escatologici trovano la loro giusta e confortante risposta.
Traducendo in operatività quanto i Vangeli ci fanno rivivere, i cristiani dovrebbero tornare alle sorgenti di luce, amore e bellezza per poi spingersi verso chi è solo ed emarginato. I cristiani dovrebbero mostrare, davanti alla Risurrezione, che la vita è più forte della morte. Insomma, dovrebbero mettere in pratica quello che già secoli fa suggeriva l’apostolo Pietro: «Siate pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. E questo sia fatto con dolcezza, rispetto e retta coscienza» (1Pt 3,15-16). Non si nasconde la fiaccola sotto il moggio, ma la si lascia risplendere «davanti agli uomini perché vedano le vostre opere buone».
Credere l’incredibile, amare chi non è amabile, sperare contro ogni speranza: solo così davvero l’ultima nostra parola non sarà la morte né l’inferno, ma la vittoria sulla morte e sull’inferno. La morte non fa più paura, i grandi interrogativi dell'aldilà trovano la loro risposta, anche se non completa nella sua fantastica bellezza. Risposta incompleta, perché la Resurrezione di Gesù non è il ritorno in vita di un cadavere, come è avvenuto nel miracolo di Lazzaro. In tal caso, la Risurrezione sarebbe un prolungamento della vita precedente prima della morte definitiva. Essa, invece, è un vertiginoso passo in avanti verso una vita totale che non conosciamo, ma dove né la morte né la corruzione della carne potranno più esserci.
Gesù ha detto: «Io sono la Resurrezione e la Vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà» (Gv 11,25). Solo la fede può assicurarci che la vittoria sulla morte è possibile e che, dopo di essa, ci attendono le braccia amorose del Salvatore.
La Pasqua apre per tutti l’orizzonte della vita eterna: che sia questa, allora, la Pasqua di tutti. Auguri!
+ Vincenzo Bertolone
Arcivescovo Metropolita
di Catanzaro-Squillace
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