Il focolaio Iraq, l'ISIL, Kirkuk e il Kurdistan Iracheno: quattro domande alla Dott.ssa Rezan Kader
Estero Valle d'Aosta

Il focolaio Iraq, l'ISIL, Kirkuk e il Kurdistan Iracheno: quattro domande alla Dott.ssa Rezan Kader

sabato 28 giugno, 2014

 ARBIL, 28 GIUGNO 2014 – Arrivano nel corso di una conferenza congiunta con il ministro degli esteri britannico William Hague, le dichiarazioni del presidente della regione del Kurdistan, Massud Barzani, sulla volontà di mantenere il controllo della città di Kirkuk. Il centro petrolifero, che secondo gli esperti dispone del 2% delle riserve mondiali, è stato difeso dall'avanzata dell'ISIL dai peshmerga, i miliziani curdi, e ora Arbil fa sapere di volerci restare, ricordando le decennali rivendicazioni curde su Kirkuk, e su una fascia di territorio che va dal confine con la Siria a quello con l'Iran, finora fuori dai confini amministrativi del Kurdistan. «Siamo stati pazienti per dieci anni con il governo federale perché risolvesse la disputa. Quando le forze irachene hanno abbandonato queste zone a metà giugno, c'è stato un vuoto di sicurezza che i peshmerga hanno colmato».

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La situazione in tutta l'Iraq resta ancora piuttosto tesa, con Baghdad che chiede urgente sostegno all'ONU, ancora sotto la minaccia dell'avanzata dei jihadisti sunniti. Di fronte a tale confuso scenario, abbiamo incontrato la Dott.ssa Rezan Kader, l'Alto Rappresentante del Kurdistan Iracheno in Italia, nel tentativo di comprendere le direzioni delle vicende, e in particolare i rischi che corre la regione autonoma curda.

Dott.ssa Kader, cosa rischia e quanto è finora coinvolta la Regione autonoma del Kurdistan Iracheno, per quanto riguarda la minaccia dell'ISIL? Come si prepara e come sta vivendo questi momenti di tensione?

Allo stato attuale, la Regione del Kurdistan non sta rischiando nulla, in quanto gode di stabilità e sicurezza rispetto al resto dell'Iraq. Non si registrano all'interno dei confini della Regione particolari criticità. Il Governo è impegnato nel controllare i territori contesi che sono stati abbandonati dal governo centrale e sottoposti al rischio dell'occupazione delle forze ISIL.

Inoltre, le forze peshmerga sono state messe a disposizione per l'assistenza dei profughi provenienti dal resto dell'Iraq per la difesa della Regione e di tutte le zone a maggioranza curda che ancora sono contese con il governo centrale di Baghdad. Il coinvolgimento della Regione del Kurdistan e del Governo Regionale si traduce, quindi, nel fornire assistenza alle migliaia di persone in fuga dalle città attaccate dal gruppo terroristico ISIL.


Come recentemente confermato anche dal Rappresentante Speciale per l'Iraq del Segretario Generale delle Nazioni Unite, il Sig. Nickolay Mladenov, il Governo Regionale del Kurdistan ha fornito riparo, aiuto ed assistenza agli sfollati, che si aggiungono agli oltre 225,000 rifugiati in fuga dal conflitto siriano.
È per questo motivo che il Governo di Arbil ha chiesto alla comunità internazionale supporto per rispondere alla drammatica situazione umanitaria a cui deve far fronte. Il primo ministro Barzani ha infatti esortato le agenzie delle Nazioni Unite a svolgere il loro ruolo nel fornire aiuto e assistenza agli sfollati e ad affrontare la situazione con il massimo sforzo.

C'è il rischio che l'ISIL voglia mettere le mani sulle risorse energetiche della Regione?

Il rischio che l'ISIL possa mettere le mani sulle risorse energetiche della Regione del Kurdistan è pressoché nullo. Le nostre risorse energetiche sono assolutamente al sicuro. Inoltre, il Governo Regionale del Kurdistan ha posto sotto la sua protezione anche la città di Kirkuk, che attualmente non è esposta ad alcun rischio, per far fronte al vuoto politico-militare lasciato dal governo centrale di Baghdad. Il KRG difenderà tutte quelle città in cui è forte l'identità curda, così come ha sempre fatto.

Quanto pesa il “presunto” scontro politico sciita-sunnita nella Regione?

Non posso negare che lo scontro sciita-sunnita sia alla base di quanto sta attualmente succedendo. È un conflitto che porta a un indebolimento generale di tutto l'Iraq. È necessario che il governo centrale intervenga in maniera definitiva per risolvere una volta per tutte questa situazione.
Posso confermare quanto detto dal primo ministro Barzani, condannando gli atti di terrorismo e sottolineando che i problemi non debbano essere risolti attraverso l’uso della forza e lo scontro armato, ma attraverso una soluzione politica.

Va anche sottolineato come le politiche di Baghdad abbiano prodotto solo divisione e scontro tra le diverse minoranze in Iraq e che quindi sia arrivato il momento per Al-Maliki, responsabile di quanto accaduto, di farsi da parte e lasciare lo spazio ad una nuova fase politica che coinvolga, finalmente, tutte le parti in causa.
Il Governo Regionale del Kurdistan condanna con fermezza l’operato di questi gruppi terroristici e si dichiara pronto ad unirsi con tutte le forze che combattono e sono contro ogni forma di terrorismo.


In passato, il Governo Regionale del Kurdistan, a seguito degli eventi di Anbar, ha più volte ammonito il governo centrale di Baghdad sui rischi derivanti dallo scontro tra gli sciiti ed i sunniti, ed ha offerto aiuto al governo di Al-Maliki. Questi suggerimenti sono sempre stati sottovalutati e respinti. La Regione del Kurdistan gode di stabilità e pace proprio perché ha sempre attuato una politica di rispetto di tutte le componenti etniche e religiose presenti all’interno della Regione garantendo a tutti i medesimi diritti cercando di superare le divisioni settarie che invece hanno trovato terreno fertile nel resto dell’Iraq.

Lei saprebbe chiarire quali sono le esatte intenzioni dell'ISIL? In molti affermano che l'ISIL conti migliaia di combattenti, soprattutto europei, sparsi in tutto il territorio siriano e iracheno, e che tutto sia orchestrato da Abu Bakr Al Baghdadi. Si dice, inoltre, che il terrore disseminato dall'ISIL non sia altro che una sorta di "vendetta sciita" di Maliki "per fare ai sunniti ciò che i sunniti hanno fatto agli sciiti quando al potere c'era Saddam". Quanto può confermare queste affermazioni?

Nonostante l’ISIL non sia un gruppo così potente all’interno dell’Iraq, non può essere certamente sottovalutato come fenomeno. Questi gruppi terroristici hanno saputo raggruppare ed incanalare il dissenso delle minoranze che non si sono sentite e non si sentono tutt’ora rappresentate dalle politiche del governo di Al-Maliki. Il governo di Baghdad ha purtroppo fallito, nel senso che non è riuscito a dare voce a tutte le componenti che rappresentano il panorama iracheno. Il popolo iracheno, tutto, non deve farsi trascinare da questi gruppi terroristici, ma deve essere in grado di unirsi ed andare oltre le divisione e “combattere” per un governo che sia il più rappresentativo possibile senza cadere in sterili “giochi” di vendetta.

Dino Buonaiuto


Autore
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