No alla vendita dei terreni demaniali. Il governo li dia in concessione a cooperative di lavoratori
Cronaca Lazio

No alla vendita dei terreni demaniali. Il governo li dia in concessione a cooperative di lavoratori

venerdì 17 agosto, 2012

Roma17 agosto 2012 - No alla vendita dei terreni demaniali. Il governo li dia in concessione a cooperative di lavoratori per far ripartire l’agricoltura e l’allevamento per un Paese autosufficiente a livello alimentare e per favorire l’occupazione dei nostri concittadini e l’integrazione degli immigrati

Una delle ricette più comode degli ultimi governi per tentare di ripianare il deficit dello Stato è quella di dismettere i beni demaniali mettendoli all’asta, ossia al miglior offerente.
Chiaramente è una scelta politica che non dimostra un grande respiro o una portata eminentemente strategica, ma è un modo semplice per incassare sperando di ricevere un po’ di liquidità per le casse di un apparato burocratico in affanno per non dire (quasi) in default. E così nell’immenso calderone da dismettere del grande patrimonio immobiliare dello Stato e degli altri apparati finiscono oltreché edifici, e tra di essi alcuni di gran pregio, anche migliaia e migliaia di ettari di terreni che potrebbero essere destinati alla più banale delle finalità: quella di rilanciare l’agricoltura in un Paese in cui l’autosufficienza alimentare sta diventando un miraggio sempre più lontano.[MORE]

Ed allora, se un governo vuole dimostrare di non essere in ostaggio delle lobbies e dei grandi speculatori immobiliari che sono i primi e pressoché gli unici soggetti a lanciarsi nell’acquisto del patrimonio demaniale in vendita, avendo le relative disponibilità economiche allora una ricetta di più ampio respiro strategico per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, è quella di lanciare un piano nazionale di rilancio dell’agricoltura a partire dalla concessione, con le dovute regolamentazioni del caso, dei terreni agricoli di proprietà del demanio a cooperative di lavoratori che dimostrino l’intenzione di voler destinare le aree all’uopo concesse alla coltivazione dei prodotti della terra tradizionali o all’allevamento del bestiame.

È da queste scelte che l’Italia può ripartire per rilanciare settori primari messi nel dimenticatoio negli ultimi trent’anni anche per una nuova è più equa ridistribuzione delle ricchezze e del patrimonio immobiliare dello Stato altrimenti destinato a finire nelle mani di pochi, pochissimi speculatori e per rilanciare l’occupazione di centinaia di migliaia di nostri concittadini favorendo anche l’integrazione e l’emersione dal nero degli immigrati irregolari sino ad ora sfruttati da caporali senza scrupoli per coltivazioni intensive stagionali.


(notizia segnalata da giovanni d'agata)


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