Addio a Francesco Rosi, se ne va il Maestro de "Le mani sulla città"
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Addio a Francesco Rosi, se ne va il Maestro de "Le mani sulla città"

sabato 10 gennaio, 2015

Francesco Rosi, esponente di punta del cinema civile nonchè fondamentale autore del dopoguerra italiano e oltre, si è spento a 92 anni a Roma. A piangere con particolare dolore un maestro in grado di raccontare l'Italia tutta con ispirata lucidità sarà la città di Napoli, che a pochi giorni dalla scomparsa di Pino Daniele perde un altro grandissimo esponente culturale. Pur essendo deceduto nella Capitale, il regista aveva infatti trascorso la gioventù nella città partenopea, dov'era nato il 15 novembre del 1922, per poi frequentare il liceo Umberto e lavorare per Radio Napoli, in un periodo che lo vide stringere amicizia con Raffaele La Capria, Aldo Giuffré e Giuseppe Patroni Griffi. Poco più tardi conoscerà anche Giorgio Napolitano.[MORE]

Tra i suoi capolavori, Le mani sulla città resta forse il più noto, merito anche del Leone d'Oro alla mostra di Venezia del 1963. Sarà la medesima kermesse lagunare a tributargli nel 2012 il Leone d'Oro alla Carriera (vedi foto). Alla nutrita filmografia si ascrivono titoli di valore assoluto quali Cadaveri ececllenti, Lucky Luciano, Diario Napoletano. Con Il caso Mattei, poi, nel 1972 si aggiudicò la Palma d'Oro al Festival di Cannes.

IL PERCORSO - Se la carriera nello spettacolo era iniziata nel 1946 al fianco di Ettore Giannini nel mondo dello spettacolo (assistente per l'allestimento di O' Voto), il tirocinio cinematografico iniziò due anni più tardi con un regista del calibro di Luchino Visconti per i film La terra trema (1948) e Senso (1953), per poi passare alla sceneggiatura (Bellissima, 1951, Processo alla città, 1952). Dietro la macchina da presa giunge al timone col film Camicie rosse (1952) di Goffredo Alessandrini, di cui gira alcune scene. Nel 1956 è co-regista con Vittorio Gassman della pellicola Kean - Genio e sregolatezza.

Il consenso della critica arriva col primo lungometraggio: nel 1958 dirige La Sfida, ambientato nella sua Napoli appena dilaniata dalla guerra. L'anno seguente ne I magliari stringe un sodalizio con Alberto Sordi: l'attore interpreta un immigrato che fa la spola tra Amburgo ed Hannover entrando in conflitto con un boss napoletano per il dominio sul mercato delle stoffe. 

Il capolavoro del film-inchiesta, Le mani sulla città, è preceduto nel 1962 da Salvatore Giuliano, in cui ripercorre la vicenda del malavitoso siciliano. L'anno dopo, appunto, la pietra miliare del cinema d'argomento poltiico, in cui denuncia le collusioni tra gli organi statali e l'abuso edilizio a Napoli, fidando sull'interpretazione di un carismatico Rod Steiger e su quell'asciuttezza ritmata che resta il marchio stilistico della sua opera. Entrambe le pellicole, insieme a I magliari, sono state selezionate tra i 100 film italiani da salvare col sostegno del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Dopo la divagazione fantastica con C'era una volta... (1967), con Sophia Loren e Omar Sharif (ma Rosi avrebbe chiesto Mastroianni), negli anni '70 il regista napoletano tornò ai propri temi d'impegno civile, prima col racconto dell'assurdità della guerra di Uomini contro (1970), poi con la scottante ricostruzione della morte di Enrico Mattei ne Il Caso Mattei (1972). Insieme a Lucky Luciano, il film segna il felice connubio con Gian Maria Volontè. Non è un caso, poi, che ad ispirarlo sia uno scrittore e giornalista dello spessore di Leonardo Sciascia per il film Cadaveri eccellenti (1976), mentre è al lavoro letterario di Carlo Levi che attinge per Cristo si è fermato a Eboli (1979), sempre con Volontè mattatore.

Negli anni ottanta si segnala soprattutto Cronaca di una morte annunciata (1987), tratto dal romanzo di Gabriel García Márquez, con un cast che vede alla testa Gian Maria Volontè, ma anche interpreti del valore di Ornella Muti, Rupert Everett, Anthony Delon e Lucia Bosè. Con Dimenticare Palermo (1990) dirige altri grandi nomi: James Belushi, Mimi Rogers, Vittorio Gassman, Philippe Noiret e Giancarlo Giannini. Tornerà poi alla regia teatrale dirigendo per lo più commedie di Eduardo De Filippo (con l'interpretazione di Luca De Filippo).

I PREMI - Ai tanti riconoscimenti cinematografici, di cui i più celebri sono quelli già citati a Venezia e Cannes, si aggiungono tra gli altri 3 Nastri d'Argento, 10 David di Donatello e l'Orso d'Oro alla carriera al Festival di Berlino, segno di un riconosciuto carisma internazionale. Nel 2009 ottenne anche la Legione d'Onore e l'anno seguente l'Alabarda d'oro alla carriera.

L'EREDITA' - Nonostante il suo fosse un cinema non facile, anzi, a tratti scomodo, Rosi è stato unanimemente apprezzato soprattutto per due ragioni, peraltro collegate: lo scrupolo documentario con cui intese sostenere le proprie tesi, pur realizzando film di forte carica dialettica; la capacità di mantenersi libero nella propria espressione artistica. Simile impegno, a cui si è votato con uno sguardo attento, eppure elegante nella propria funzionale asciuttezza, ne ha fatto un nume tutelare del cinema civile. Forte della propria credibilità, ha saputo raccontare un'Italia del malaffare, un Paese spesso vittima dei pifferai di turno, pure capace di ritrovare, fuori dalle stanze dei bottoni, la dignità della sofferenza, in una continua ricerca dell'equilibrio morale.

(in video: una clip da Le mani sulla città)


A.M.

 


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