Covid. Dichiarazione di Ruggero Pegna sulla chiusura dei teatri
Cultura e Spettacolo Calabria Catanzaro

Covid. Dichiarazione di Ruggero Pegna sulla chiusura dei teatri

domenica 1 novembre, 2020

Non c’è alcun dubbio che uno dei settori più colpiti dalla pandemia sia quello dello Spettacolo dal Vivo, una delle forme di Cultura, innanzitutto, storicamente più incidenti e amate che l’uomo abbia inventato, dalle molteplici valenze e ricadute, tutte e solo positive. Lo Spettacolo dal Vivo è civiltà, libertà, arte, creatività, emozioni, fantasia e intellettualità.

E ancora, formazione, conoscenza, intrattenimento, svago e molto altro. E’ la sublimazione dell’anima e dell’intelligenza, del pensiero; espressione delle doti straordinarie di talenti unici. 

E’ tutto il bello che l’uomo ha e può condividere, offrire, vivere insieme agli altri. Se fosse una medicina, le indicazioni del foglio illustrativo sarebbero innumerevoli e senza effetti collaterali o limiti di dosaggio. In realtà, è proprio una potente medicina, per lo spirito, la mente e, conseguenzialmente, per il corpo; antidoto e vaccino contro la disumanità! Più materialmente, è lavoro, occupazione, offerta di sbocchi professionali innovativi, per attività ad alta professionalità e specializzazione, come ingegneri del suono, fonici, light designer, backliner, scenografi, allestitori, ecc. 

Innanzitutto, risponde alla enorme domanda di giovani indirizzati da attitudini e vocazioni artistiche o manageriali, con un rilevante indotto nei settori dei servizi, delle forniture di ogni tipo e della comunicazione tradizionale e moderna.

E’ un comparto dove creatività e tecnologia, quindi progresso e futuro, camminano insieme, senza tralasciare storia e tradizioni. Lo Spettacolo dal Vivo è una componente imprescindibile della vita sociale, degli aspetti più umani e interiori di un individuo. E si potrebbe proseguire a lungo. Chiunque pensi che questo comparto sia qualcosa di effimero, di poco rilevante, di secondario, quasi poco serio, orpello inutile, optional di cui si può fare a meno, attenta gravemente al buon senso, alla salute, alla libertà e alla vita stessa della collettività.

Se, con le dovute prescrizioni, lasciamo aperti i supermercati, gli esercizi alimentari, tutto ciò che produce viveri, bevande e che è necessario al palato e al corpo, o anche i luoghi di culto per chi ha fede, è fin troppo evidente che si debbano lasciare aperti tutti i luoghi di Spettacolo e Cultura. Oserei dire che l’equazione è rigorosamente scientifica. Ottemperare a norme di ogni tipo è insito e naturale nell’esercizio delle attività di Spettacolo dal Vivo, da sempre soggette a regole, limitazioni, controlli, verifiche. Perché chiudere i teatri, se chi li gestisce è in grado di assicurare il perfetto rispetto di ogni imposizione, all’interno e anche agli ingressi, afflussi e deflussi compresi?

Chi produce e organizza eventi professionalmente, dispone di tecnici, ingegneri, di tutte le professionalità competenti a valutare, progettare e realizzare ogni adeguamento alle misure necessarie per garantire sicurezza, incolumità, salute, a spettatori, personale e agli stessi artisti.

E’ da sempre, uno dei settori a più alta efficienza e capacità di gestione di qualsiasi situazione normale ed emergenziale, persino con centinaia di migliaia di spettatori, nel rispetto di tutti i protagonisti della complessa filiera.

In queste settimane abbiamo appreso che è fondamentale il distanziamento, senza però, a mio parere, consentirci di comprendere la logica delle misure adottate nei vari Dpcm. Come è possibile che uno stadio da 70.000 persone, con ingressi dei vari settori talvolta distanti centinaia di metri, posti su reti viarie diverse, possa ospitare le stesse 1.000 persone di uno spazio dieci volte più piccolo? Vedere una partita di calcio in uno stadio gigantesco con 1.000 persone in una tribuna e tutte le altre vuote, fa già riflettere e sorridere da sé. Ho frequentato spesso lo stadio delle Juventus, ad esempio, dove i settori tra loro frontalmente opposti si trovano addirittura in quartieri diversi! Come è possibile che un palasport da 8.000 posti possa ospitare le stesse 200 persone di un teatro da 800? E in un teatro stesso, perché questo limite, indipendentemente dalla loro configurazione, dalle capienze, dai progetti di svolgimento delle attività nel rispetto delle misure previste?

E’ evidente che il trattamento riservato a questo settore sia del tutto frutto di superficialità e mancanza della consapevolezza delle valenze che, non a caso, ho voluto premettere.

Direi ancora, che è perfino frutto di mancanza di buon senso, logica, fino a scomodare anche le nozioni più elementari di matematica e geometria. Probabilmente, rimanendo nel tema, è proprio un problema solamente culturale, della mentalità di alcuni per la quale l’artista è un saltimbanco o un giullare, l’organizzatore un mero speculatore a fine di lucro, il palcoscenico un luogo dove tutto accade per magia e non per il lavoro scrupoloso di centinaia di figure altamente specializzate.

L’Italia è innanzitutto Arte e Creatività. Dimostrare che, qui, lo Spettacolo e la Cultura sono pane quotidiano, cibo necessario e irrinunciabile, è far capire al mondo che la vera Italia c’è e riesce a gestire anche una pandemia senza perdere i valori pregnanti della sua Storia. Non possono bastare risarcimenti, peraltro esigui anche dal punto di vista finanziario rispetto ai danni ingentissimi subiti, a rimediare all’azzeramento del vero e inestimabile fatturato, quello dei sentimenti e delle emozioni!

Ruggero Pegna


Autore
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