Immigrazione, lo Stretto di Malacca: il Mediterraneo del Sud-Est Asiatico
Estero Valle d'Aosta

Immigrazione, lo Stretto di Malacca: il Mediterraneo del Sud-Est Asiatico

mercoledì 13 maggio, 2015

 KUALA LUMPUR, 13 MAGGIO 2015 – La Malesia volterà le spalle ai barconi di migranti provenienti dalla Birmania e dal Bangladesh, a meno che non si sia un imminente pericolo di affondare. È il secondo caso di paese nel sud-est asiatico – dopo l'Indonesia – che si rifiuta di ospitare le navi di migranti. La marina indonesiana ha fatto sapere pochi giorni fa di aver respinto un peschereccio stipato di migranti, e che non consentirà in nessun modo ai migranti Rohingya di avvicinarsi alle proprie acque.

«La nostra politica è sempre stata quella di scortarli al largo delle coste malesi, dopo aver fornito aiuti di prima necessità», spiega un ammiraglio della marina malese. Abbandonati al mare, centinaia di bangladesi e appartenenti alla minoranza musulmana dei Rohingya (a lungo perseguitata in Birmania) sembrano non avere un posto dove andare.

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I trafficanti sono scappati a bordo di pescherecci nei giorni scorsi, da quando è cresciuto il timore di un inasprimento delle pene massiccio previsto nella regione. Le Nazioni Unite stanno letteralmente implorando i paesi a tenere le frontiere aperte almeno per i barconi alla deriva, mentre un gruppo di parlamentari si trincerano in un atteggiamento da “non a casa nostra”. All'inizio di questa settimana, le autorità malesi hanno trattenuto circa mille migranti giunti in barca nell'isola malese di Langkawi. Un inviato di Al Jazeera presente sull'isola, ha fatto sapere che centinaia di migranti saranno processati dalle autorità malesi: «Questi migranti verranno trasportati in strutture idonee sulla terraferma, ma pare che le strutture preposte siano già sovraffollate e non adatte ad accogliere nuove persone». Numerosi attivisti hanno fortemente reagito alla decisione della Malesia di non permettere ai barconi di entrare nelle sue acque territoriali “se non in estrema difficoltà”. Gli attivisti sono rimasti scioccati da tale politica, che equivale a una sostanziale condanna a morte potenzialmente di centinaia di disperati.

Tutto il sud-est asiatico vive sull'orlo di una imminente crisi umanitaria, con circa 1.600 che sbarcano sulle rive dei due paesi a maggioranza musulmani che negli anni avevano mostrato una certa propensione a dare supporto alla questione spinosa della minoranza Rohingya. Si teme che nei giorni a seguire, nelle acque dello Stretto di Malacca e in quelle circostanti, siano già in arrivo molte altre navi. Nel frattempo, gli attacchi alla minoranza Rohingya negli ultimi tre giorni hanno portato alla morte di 280 persone e forzato almeno 140.000 persone a rifugiarsi in campi appena fuori la città di Sittwe, in Birmania, vivendo in condizioni di degrado e simile a un apartheid, senza grosse opportunità di lavorare.

Pare sia in atto tra i più grandi esodi di massa fin dalla guerra in Vietnam, con una stima di circa 100.000 uomini, donne e bambini pronti ad imbarcarsi alla ricerca di condizioni di vita migliori. Il traffico è cominciato – o intensificato – a partire dal 2012; di solito dalla Birmania i migranti passano per la Thailandia, dove attendono che le famiglie inviano i soldi necessari alla traversata in campi organizzati nelle foreste thailandesi. La direzione è, di solito, la Malesia.

Foto / Fonte: aljazeera.com

Dino Buonaiuto


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