Imprenditrici straniere in Italia:la carica delle centomila
Economia

Imprenditrici straniere in Italia:la carica delle centomila

domenica 12 giugno, 2011

Se c’è ancora chi pensa che l’unico destino per le donne immigrate in Italia sia quello di dedicarsi alle professioni di colf o badanti, l’ultimo studio pubblicato dall’Osservatorio sull’evoluzione dell’Imprenditoria femminile di Confcommercio e Censis dipinge uno scenario sorprendente, rivelando la presenza di quasi centomila straniere a capo di imprese nel nostro Paese.[MORE]


Delle 98249 imprenditrici in questione, quasi il 16 per cento sarebbe di nazionalità cinese; seguono le rumene, le svizzere, le marocchine e le tedesche, con percentuali intorno al 6-7 per cento sul totale. È il settore terziario a raccogliere il maggior numero di presenze, quasi il 70 per cento, soprattutto nel campo di noleggi, commercio e ristorazione, ma sarebbe in continuo aumento anche il numero di imprese agricole e industriali con a capo una donna straniera, con un tasso di crescita tra il 4 e il 6 per cento in più rispetto allo scorso anno.


Generalmente più giovani delle colleghe italiane (quasi l’80 per cento ha meno di 50 anni, contro il 60 per cento registrato dalle nostre concittadine), sono attive soprattutto nel centro Italia, dove quasi il 10 per cento delle aziende risulta guidato da straniere; tra le città, Milano e Roma si posizionano rispettivamente quarta e settima in classifica. Il premio regione dalle imprese più multietniche va però al Friuli Venezia Giulia, che sfiora il 12 per cento sorpassando Abruzzo e Lazio; ancora poche le imprenditrici d’oltre frontiera in Basilicata, Sardegna e Valle d’Aosta.


Un fenomeno che è segno di un lento e silenzioso sviluppo all’interno della società, secondo Patrizia Di Dio, neopresidente di Terziario donna di Confcommercio, che ricorda come è grazie a questo tipo di processi che potremmo arrivare un giorno ad una vera integrazione multietnica e multiculturale. Il mercato, aggiunge, è il settore per eccellenza in cui si possono affermare le pari opportunità, perché a contare sono capacità imprenditoriali e know-how, indipendentemente da questioni di etnia, sesso e religione.

Simona Peluso
 


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