Incontro ravvicinato con Sergio Brio, campione della Juve anni ’70 e ’80.
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Incontro ravvicinato con Sergio Brio, campione della Juve anni ’70 e ’80.

lunedì 10 agosto, 2020

BOVALINO (RC), 10 AGO - I campioni del passato sono tutta un’altra cosa! non è una frase fatta ma una  constatazione che si fa intrattenendosi qualche minuto a parlare con loro. Ricordi, aneddoti, esperienze di gioco e di vita, sono elementi che ci colpiscono e ci fanno riflettere e comprendere come si possa essere grandi professionisti e, allo stesso tempo, anche grandi uomini, sia prima che dopo l’attività agonistica. 

Ieri abbiamo incontrato a Bovalino (Rc), presso il Lido balneare “Mirage”, un’icona della Juventus anni ’70 e ’80, Sergio Brio (classe ’56), grande stopper (così si chiamava un tempo il centrale difensivo), insuperabile atleta dal fisico straripante (è alto mt. 1,90).

L’occasione per l’incontro è stato dato da una manifestazione che si è svolta ieri sera presso il Castello di Ardore (Rc), dove all’ex calciatore è stato conferito dagli organizzatori il “Premio alla carriera”. Di seguito, riportiamo l’intervista realizzata nel pomeriggio di ieri sotto l’ombrellone, sulla spiaggia di Bovalino. In fondo all'articolo è visibile il video dell'intervista.

Bovalino oggi ha un’ospite d’eccezione, Sergio Brio, come mai si trova in Calabria?

Sono molto contento di ricevere un “Premio alla carriera” proprio qui, in Calabria, una tra le regioni più juventine d’Italia. Sono molto contento anche di essere ospite dell’amico Maurizio Viccari alla quale mi lega un rapporto d’amicizia di vecchia data. A Catanzaro, nel lontano 1982, abbiamo vinto un sudatissimo scudetto; era l’epoca di giocatori come Zoff, Scirea, Gentile, Tardelli, Furino e tanti altri e…scusate se è poco.

Un giocatore del suo calibro come giudica il calcio di oggi?

E’ un po’ cambiato, oggi c’è un calcio più veloce, più resistente e con più forza fisica, ma ad evolversi non è stato solo il calcio perché queste caratteristiche le troviamo anche in tutti gli altri sport. Quello di allora era, invece, un calcio certamente più tecnico e più spettacolare anche perché i migliori giocatori del mondo volevano venire a giocare in Italia e questo ha senz’altro fatto bene anche per la crescita dei nostri giocatori. Tra l’altro la venuta in Italia di questi grandissimi giocatori ha lasciato un segno indelebile nella storia calcistica italiana, basta pensare a Maradona, Van Basten, Platini e tanti altri.

Con la Juve ha vinto 4 scudetti e 5 trofei internazionali, tra cui la Coppa Intercontinentale, come vive oggi Sergio Brio?

Non vivo sicuramente di ricordi ma non posso neanche dimenticare il mio passato, soprattutto quegli anni che sono stati un pezzo bellissimo della mia vita. Oggi, vivo collaborando con Rai1 dove faccio: “Tutto il calcio minuto per minuto” ed un’altra trasmissione che si chiama “Zona Cesarini”, poi anche le trasmissioni “Sabato e Domenica sport”, ma mi occupo anche di calcio internazionale seguendo, sempre per la Rai, le varie competizioni europee.

Lei ha avuto come allenatore un certo Giovanni Trapattoni, considerato da molti un sergente di ferro, com’è stato il vostro rapporto personale?

Più che un sergente di ferro il mister era un bravissimo mediatore, sono molto affezionato a lui anche perché al termine della carriera mi ha voluto come suo assistente e siamo stati insieme per tre  anni alla Juve e uno a Cagliari. Trapattoni ha lasciato traccia di se ovunque sia andato ad allenare, proprio per questa sua caratteristica  era un piacere stare al suo fianco e vivere la quotidianità sportiva.

La Juve ha vinto 9 scudetti di fila, un record difficilmente eguagliabile, di chi è secondo lei il merito principale?

Sicuramente della Società. La Juventus, da sempre, ha avuto una gestione che si è tramandata da padre in figlio (famiglia Agnelli), ed ha fatto della serietà e della programmazione una scuola sportiva e di vita. Proprio per questo, secondo me, è ancora di molto avanti agli altri nonostante il gup si sia accorciato. Ora, però, manca una cosa  che non è certamente di poco conto, manca quella champions che è assente ormai da oltre vent’anni, un trofeo internazionale che rincorre con grande impegno e che noi tifosi juventini aspettiamo di rivedere presto a Torino.

Rimaniamo in tema Champions, anche quest’anno l’appuntamento è fallito, è stata solo sfortuna o c’è dell’altro? 

Una volta Allegri, questa volta Sarri, il risultato però non cambia. Secondo me la società deve investire di più su giocatori al top così come fanno i grandi club: Barcellona, Real Madrid, Bayern, Manchester…Poi deve invertire la rotta, non comprando solo giocatori in saldo o a parametro zero, ma deve investire su calciatori che fanno la differenza e possibilmente tenerli, quindi non fare come con Pogba, Vidal o Mandzukic che alla fine sono stati ceduti nel loro momento migliore abbassando di conseguenza il tasso tecnico della squadra.

Che differenza trova tra il suo Agnelli (Gianni) e quello di oggi (Andrea)?

L’Avvocato sicuramente ha lasciato il segno. E’ vero, però,  che accanto aveva un uomo come Boniperti che è stato prima calciatore e poi dirigente, e proprio in questa veste mi sento di dire che Boniperti è stato il più grande dirigente calcistico che il nostro paese abbia mai avuto. Andrea, invece, è un ragazzo giovane e particolarmente voglioso di fare, entra in sede alle sette del mattino ed esce a sera inoltrata, ma questo non basta perché deve migliorarsi soprattutto sotto l’aspetto europeo perché è molto importante avere un forte peso nei momenti che contano per poter raggiungere determinati obiettivi.

Dopo l’ennesimo flop europeo in champions, la guida tecnica è passata nelle mani di Andrea Pirlo, come vede questa scelta?

Pirlo ha un’esperienza calcistica importante ed è stato un calciatore  fantastico  ma come tecnico ancora non ha esperienza. Fare il tecnico significa soprattutto saper gestire i giocatori, e quindi lo spogliatoio, avere in squadra giocatori stranieri che giocano con le loro nazionali è ancora più difficile perché vogliono, naturalmente, mantenere il posto in squadra nei loro paesi d’origine e, pertanto, è necessario saper mediare. D’altronde, cambiare gli allenatori spesso non porta a nulla se non si dispone di una squadra che ha qualità tecnica da vendere, la Juve ha avuto Conte, Allegri e Sarri ed ha sempre vinto, ma alla fine il risultato è sempre frutto della qualità tecnica dei singoli giocatori  e ciò è, sinceramente, inconfutabile.

Prima di lasciarci ci dice come mai si trova in Calabria e che idea si è fatto della nostra meravigliosa regione?

L’accoglienza ricevuta qui è qualcosa di straordinario che non è facile trovare in altre parti d’Italia. Gente che vive di Juventus e che ha fatto tanti sacrifici negli anni per venirci a vedere ovunque, come si fa a non accontentarli? Ringrazio ancora Maurizio Viccari che mi è sempre vicino e mi ha dato l’occasione per vivere questa esperienza calabrese. Mi auguro di vedere presto più di una squadra nel massimo campionato perché per me sarà ancora motivo e occasione per ritornare a trovarvi. Quello che veramente mi ha colpito è il mare, un mare splendido che non è facile trovare in altre parti d’Italia, e chi ve lo dice è un pugliese doc che di mare ne capisce.

A conclusione dell'intervista non poteva mancare il dono della maglia del Bovalino Calcio a 5, società di Futsal neopromossa in A2. La consegna è stata fatta dal Presidente del BC5, Vincenzo Scordino.

(Pasquale Rosaci)


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