Mons. Vincenzo Bertolone. Lettera al presidente della Regione Calabria Mario Oliverio
Chiesa e Società Calabria

Mons. Vincenzo Bertolone. Lettera al presidente della Regione Calabria Mario Oliverio

lunedì 3 luglio, 2017

Trasmettiamo la lettera del Presidente della Conferenza Episcopale Calabra, mons. Vincenzo Bertolone, Arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, indirizzata  al Presidente della Regione Calabria, on. Mario Oliverio
Proposta del Consiglio regionale di mettere la Calabria sotto il patrocinio di Magno Aurelio Cassiodoro

CATANZARO, 3 LUGLIO - Signor Presidente della Giunta regionale, signor Presidente del Consiglio regionale, signori Consiglieri regionali, come Arcivescovo Metropolita dell’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace ritengo felice la proposta (che sarà discussa dal Consiglio regionale) di porre la Regione sotto il patrocinio di Magno Aurelio Cassiodoro, politico, letterato e storico che la Provvidenza ricondusse proprio in questa nostra terra per realizzare il progetto maturato alcuni decenni prima a Roma: passare dalla vita attiva (dedita alle cure dello Stato) a quella contemplativa (ritiro monastico a Squillace). Esprimo ora i “buoni motivi” di questo auspicio.[MORE]

Per tutti i calabresi e per coloro che amano la Calabria, la figura di Cassiodoro può essere il simbolo della volontà di trasformare in positivo le negatività e di resistere ai fattori avversi che affliggono i popoli del nostro Meridione. Egli si pone emblematicamente nella fase di transizione medievale, dalla stagione della cultura latina ormai cristianizzata al consolidarsi della Scolastica. Gli anni di morte di Boezio (525), di Benedetto da Norcia (547) e di Cassiodoro (580), a un secolo circa dalla caduta dell’impero romano d’Occidente, segnano la stagione di un’Italia terra di conquista degli Eruli di Odoacre, degli Ostrogoti di Teodorico e poi degli stessi Bizantini. Nonostante le vicende che angustiano una Regione martoriata, eppure viva, il nostro “santo senatore” (come viene considerato da tanti) diventa la figura di riferimento dalla quale far decollare l’auspicato rilancio culturale e sociale.

La “scuola” che egli istituisce è una milizia ancor prima che un luogo di cultura e di copia di codici, coerentemente con la visione di san Benedetto. Cassiodoro non coltiva esclusivamente l’aspetto intellettuale del monaco, ma guarda alla vita, ai legami con il mondo, giacché intende testimoniare il vangelo della salvezza. Egli è l’emblema di un’apertura e di una disponibilità ai valori umani, trasfigurati dalla visione religiosa e cristiana, perché è consapevole che l’insegnamento della Scrittura conduce alla contemplazione della verità divina: «Saliamo con estrema certezza verso le divine Scritture per mezzo delle lodevoli spiegazioni dei Padri, avvalendoci di una scala simile a quella della visione di Giacobbe, affinché spinti in alto dai loro sentimenti possiamo giungere, per nostro vantaggio, alla contemplazione del Signore»

[1]. In tal modo egli fa come da cerniera tra la cultura latino-cristiana e l’immagine della scala di Giacobbe, unendo così Occidente ed Oriente. Nei suoi scritti “la scala” indica la continua ascesi verso Dio grazie alla sublimazione dello spirito verso le altezze della vita contemplativa. Un ruolo fondamentale è svolto dalla presenza dei Padri, che, con le loro spiegazioni, rendono il Testo sacro comprensibile. La “scuola” di Cassiodoro, in breve, si realizza mettendosi alla sequela di Cristo, che invera l’umanità e la divinizza. 

Ecco perché, come si legge testualmente nel suo De anima (537-540), già prima della fondazione di Vivarium, “alla scuola di Cristo […] non può trovarsi un cuore indocile perché chi a Lui si consegna con totale integrità della mente non può ignorare quel che cerca né perdere ciò che per amorevole ricompensa ha ricevuto” (XVII,
33-36)2. 

Da Benedetto XVI   Cassiodoro è  descritto come “uomo di alto livello sociale”, dedito “alla vita politica e all’impegno culturale come pochi altri nell’Occidente romano del suo tempo”, e lo addita quale “modello di incontro culturale, di dialogo, di riconciliazione. Secondo Benedetto XVI, Cassiodoro, “Concepisce l’idea di affidare proprio ai monaci il compito di recuperare, conservare e trasmettere ai posteri l’immenso patrimonio culturale degli antichi, perché non andasse perduto. Per questo fondò Vivarium, un cenobio in cui tutto era organizzato in modo tale che fosse stimato come preziosissimo e irrinunciabile il lavoro intellettuale dei monaci. Egli dispone che anche quei monaci che non avevano una formazione intellettuale non dovevano occuparsi solo del lavoro materiale, dell'agricoltura, ma anche trascrivere manoscritti e così aiutare nel trasmettere la grande cultura alle future generazioni. E questo senza nessuno scapito per l’impegno spirituale monastico e cristiano e per l’attività caritativa verso i poveri”

[2]. Il Calabrese Cassiodoro darà al suo “Vivarium” un’impronta interculturale ed interreligiosa caratterizzata da una speciale visione cristiana, dedicandogli la persona e la mente, curando l’approfondimento intellettuale (non ignorare) e precisando le virtù cristiane (non perdere quel che si è ricevuto in ricompensa). Attualissime e profetiche alcune sue espressioni: “Non possiamo imporre alcuna religione in quanto nessuno è costretto a credere contro la propria volontà” (Var. II, 27, 2)

[3]; ed ancora più chiaramente, con riferimento diretto alla “tolleranza” del Padre: “… se Dio permette che vi siano più religioni, noi non osiamo imporne una” (ibid. X, 26, 4)

[4]. Insomma, egli fu un precursore dei nostri tempi, nei quali -tenuto conto del processo di globalizzazione-, il dialogo fra cristiani e non, è non solo auspicabile, ma necessario se pur nel reciproco rispetto, nell’ottemperanza delle leggi, premesse di pace e di civile convivenza tra i popoli. È l’unica maniera, d’altra parte, per vivere le proprie tradizioni ed esprimere il proprio credo nel rispetto dei reciproci valori. Soprattutto per questo la Tradizione, anche iconologica, vede in lui un santo, proprio come si ammira in uno dei medaglioni di santi nella Cappella palatina di Palermo: quello del nostro sanctus Cassiodorus.

Tutto ciò a riprova dell’importanza che egli ebbe nella nostra cultura, in un periodo (il VI secolo) nel quale l’Italia, ridotta a semplice provincia dell’impero d’Oriente, riprenderà più stretti rapporti tra la Roma papale e Ravenna, sede dapprima di Odoacre e poi di Teodorico e la corte imperiale di Costantinopoli.

Sono queste alcune delle ragioni per affidare la nostra Regione al patrocinio di questo grande personaggio: a voi, adesso, la decisione consapevole e lungimirante.
Ad majora!


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