Osservatorio Siria, «Medici senza Patria»: la fuga dei medici e il collasso del sistema sanitario
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Osservatorio Siria, «Medici senza Patria»: la fuga dei medici e il collasso del sistema sanitario

sabato 1 marzo, 2014

 DAMASCO, 1 MARZO 2014 – Mohammed ha pagato un prezzo pesante, per aver soccorso i feriti nel suo proprio paese. Alla fine del 2012, lavorava come medico di campo a Damasco, quando divenne bersaglio di una brutale repressione, verso coloro che fornivano assistenza ai feriti nelle zone controllate dall'opposizione. «Ho lasciato la Siria dopo essere stato in carcere per ben tre volte», ha riferito ad Al Jazeera dalla sua nuova casa negli Stati Uniti.«In nessuna delle occasioni in cui sono stato detenuto, non ho ammesso che stavo aiutando o curando le persone ferite. Solo così sono stato rilasciato. Mi hanno torturato solo per il sospetto che stessi aiutando tutti coloro che non potevano ricevere cure mediche».

Nel luglio del 2012, il governo siriano ha approvato una legge anti-terrorismo che di fatto ha reso un crimine fornire assistenza medica a chiunque sia sospettato di sostenere l'opposizione. Un'indagine presentata dal Consiglio dei diritti umani concludeva così, lo scorso settembre: «prendendo di mira il personale medico, le forze governative avevano il chiaro scopo di negare l'assistenza medica agli affiliati all'esercito di Coalizione».

Mohammed, che ha chiesto di non utilizzare il suo vero nome, per proteggere la famiglia che ancora vive in Siria, ha confessato che lui non è altro che uno dei centinaia di medici arrestati mentre svolgevano il loro lavoro. Molte persone sono state prese di mira solo per avere qualche farmaco nella loro auto. Molti amici di Mohammed sono stati torturati o uccisi, o detenuti per più di 18 mesi.

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Secondo un rapporto dei Medici per i Diritti Umani, sono circa 15,000 i medici scappati dalla Siria negli ultimi tre anni. La cifra si riferisce alla metà dei medici certificati, in un paese che ha da sempre vantato uno dei migliori sistemi sanitari del mondo arabo. E non solo medici, ma anche altre figure del settore sanitario sono stati costretti a lasciare il paese – infermieri, autisti e personale paramedico – a causa di attacchi sistematici alle strutture sanitarie da parte di entrambe le fazioni. Si stima che dall'inizio del conflitto, il 57% degli ospedali in Siria sono stati danneggiati, mentre il 37% sono stati resi completamente inutilizzabili. In tutto, inoltre, sono stati uccisi ben 398 persone appartenenti al personale medico.

La maggior parte dei medici scappati dalla Siria sono andati verso i paesi del Golfo, come l'Arabia Saudita, altri invece hanno scelto mete come la Giordania, la Turchia, l'Europa o gli Stati Uniti. Il rischio è che in tutta probabilità non faranno presto rientro in patria, per questioni di sicurezza, e poiché la situazione economica richiederà anni prima di tornare a un livello pre-crisi. «È in Siria che vorrei essere adesso», ha spiegato Mohammed, «ma il regime di Assad mi ha costretto ad abbandonare il paese. Sembrava inutile aumentare la lista di detenuti e torturati. Vorrei tornarci quanto prima, ma sono sicuro che mi tratterrebbero al confine».

Nel frattempo le Nazioni Unite, che hanno smesso di contare i morti dall'inizio di gennaio, stimano che è in forte crescita un numero preoccupante – circa 300,000 persone – di morti a causa dell'assenza di cure mediche, numero che supera anche quelli uccisi da armi da fuoco. Esperti concordano nel dire che il ripristino del gioiello del servizio sanitario del mondo arabo necessiterà generazioni, prima di essere ripristinato.

Foto: aljazeera.com

fonte: aljazeera.com

Dino Buonaiuto


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