Primavere di Serie B: il caos Yemen, gli Houthi e la minaccia dell'AQAP nel sud
Estero Valle d'Aosta

Primavere di Serie B: il caos Yemen, gli Houthi e la minaccia dell'AQAP nel sud

giovedì 22 gennaio, 2015

 SANA'A (YEMEN), 22 GENNAIO 2015 – Dopo circa tre giorni di combattimenti nella capitale yemenita, Sana'a, lo scorso martedì membri di un gruppo militare hanno preso il controllo del palazzo presidenziale. Nonostante i ribelli Houthi insistono sull'assenza di responsabilità riguardo la destituzione del presidente Abd Rabbu Mansour Hadi, il fatto che abbiano piazzato guardie all'esterno dell'abitazione del premier lascia intendere che il controllo della situazione è nelle loro mani. Gli Houthi inoltre non rappresentano gli unici ribelli in Yemen. Vi sono anche diversi altri gruppi nelle regioni del sud, affiliati a pericolosi rami di al-Qaeda – diffusi in tutta la penisola araba. Ma cosa c'è dietro questa improvvisa sommossa, balzata subitaneamente – ma ancora in maniera silenziosa – sulle prime pagine dei giornali?

Il caos a Sana'a non è in realtà una novità, e non arriva proprio dal nulla. Gli Houthi sono attivi nel paese da anni, e negli ultimi tempi si sono impegnati a fronteggiare alcuni elementi delle milizie nazionali occupando diverse aree della città. Il gruppo è cresciuto in quanto a forza dal 2011, e ciò è confermato dalla sua capacità di riuscire a sopraffare il governo nella stessa capitale.

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Chi sono gli Houthi

Il termine Houthi deriva dal nome di Hussein al-Houthi, fondatore di un gruppo di insorti che ha poi preso il nome attuale di Houthi nei primi anni degli anni '90. Per comprendere meglio le intenzioni del gruppo, bisognerebbe analizzare i problemi settari e politici che lo animano. Il movimento Houthi è allineato ad una setta islamica sciita nota come Zaydi; gli appartenenti a tale setta risultano essere una minoranza nello Yemen sunnita, e il movimento Houthi è stato almeno in parte militarizzato come risposta all'oppressione di Zaydi. Gli Houthi hanno diverse volte combattuto le forze governative sin dal 2004, ed erano strenui sostenitori della Primavera Araba che nel 2011 insorse contro il presidente Ali Abdullah Saleh, un dittatore che ha governato per circa 20 anni.

Stando agli osservatori americani, il patto stipulato nel 2011 con gli Stati Uniti, che prevedeva un governo di transizione fino alle elezioni democratiche, con a capo Hadi al posto di Saleh, non è andato giù agli Houthi. Uno dei principali motivi stava nel fatto di “non avere rappresentanti all'interno del governo di transizione”, e di conseguenza, per il gruppo, “non vi è sostanziale differenza tra la dittatura di prima e il governo di transizione formalmente instaurato”; in ultima analisi, “un nuovo corpo politico di cui non fidarsi”. La rivolta degli Houthi è quindi proseguita fino all'occupazione del palazzo presidenziale lo scorso martedì.

Diversamente da molti altri ribelli, gli Houthi non avevano – storicamente parlando – intenzione di rovesciare il governo, né avevano velleità secessioniste. La campagna militare a Sana'a ha avuto soprattutto tre obiettivi principali: in primo luogo, vi era l'intenzione di piazzare rappresentanti del gruppo tra le fila del governo; secondo, chiedevano l'annullamento dei tagli al sussidio di carburanti, poco graditi agli Houthi presenti nella parte settentrionale del paese; terzo, le richieste degli Houthi sono in esame, e il gruppo ritiene opportuno utilizzare una pressione militare per far sì che il documento finale sia finalizzato alla soddisfazione dei loro interessi.

Ci sarebbe da chiedersi come mai delle richieste più o meno timide da parte di una minoranza del paese siano alla fine sfociati in una protesta e alla successiva presa del controllo della città. Le risposte vanno anzitutto ricercate nelle politiche fallimentari del governo yemenita. Oltre ad essere a maggioranza sunnita, il governo è anche particolarmente debole e inefficiente. In Yemen, il tasso di povertà ha raggiunto il 54,5% nel 2012, mentre il 45% della popolazione ha difficoltà a procurarsi cibo a sufficienza. Stando a una classifica stilata da Transparency International, il governo yemenita si trova al decimo posto dei governi più corrotti al mondo. Nel paese vi è la presenza di numerosi gruppi armati, dovuta in parte alla debolezza dello stato, e numerosi membri dell'esercito risultano essere fedeli più alle milizie che al governo stesso.

I flebili tentativi del governo di porre rimedio alle proprie difficoltà si sono trasformati in ultima analisi nella miccia che ha scatenato la rivolta Houthi. Dal marzo 2013 al gennaio 2014, il governo yemenita ha tenuto una serie di incontri nel tentativo di fare un passo verso la costituzione di un nuovo governo che potesse soddisfare tutte le parti in gioco e porre fine alle violenze. Ma gli stessi incontri escludevano dalle trattative gli stessi Houthi, e piuttosto ha dato l'impressione di focalizzarsi sul prolungamento del governo stesso. Non si è fatta attendere la risposta degli Houthi, che nella seconda metà del 2014 hanno dato il via a manifestazioni contro il governo e alle sue politiche sui sussidi dei carburanti. Le proteste si sono poi trasformate in combattimenti, diffuse a amcchi d'olio in tutta la capitale dal 18 settembre in poi.

Le truppe Houthi hanno sconfitto l'esercito yemenita e hanno ucciso gli ufficiali legati alle milizie sciite; altre truppe hanno semplicemente disertato. Stando a quanto riportato sul New York Times, è da settembre che il gruppo Houthi “ha consolidato il proprio controllo sulla capitale”. Secondo il leader del gruppo, Abdel Malik al-Houthi, la strategia militare è intesa a mettere sotto pressione il presidente Hadi sulle politiche costituzionali pro-Houthi e le riforme del governo. Il loro intento non era quello di destituire Hadi, continua al-Houthi, ma il gruppo potrebbe ritenersi aperto a “tutte le misure necessarie” nel caso in cui Hadi non si attiene alle loro richieste. In altre parole, il gruppo sembrerebbe intenzionato a mettere in campo tutta la propria forza finché porteranno a casa i propri risultati politici.

La ribellione di al-Qaeda nel sud

Anche nel sud del paese soffiano venti di ribellione: l'area ospita i gruppi ribelli di al-Qaeda della penisola araba (incorporati in inglese nell'acronimo AQAP), la forza principale della regione insieme al gruppo Ansar al-Sharia, che pare essere una estensione dell'AQAP o comunque ne è ad esso affiliato. Le debolezze del governo di cui sopra hanno permesso all'AQAP di inasprirsi nel sud. Mentre le offensive del governo yemenita e una campagna militare statunitense hanno costretto il gruppo ad abbandonare le aree più popolate del sud del paese, ma l'AQAP continua comunque ad avere il controllo sulla maggioranza delle aree rurali.

Le due rivolte non sono strettamente connesse, ma i continui insuccessi del governo nel fronteggiare le due realtà diventano i talloni d'Achille su cui puntare, per l'una e per l'altra parte, e più il governo si indebolisce più sarà facile per entrambi i gruppi crescere indisturbati.

Foto: vox.com

Fonte: vox.com

Dino Buonaiuto


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