Spese condominiali e applicazione del codice del consumo
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Spese condominiali e applicazione del codice del consumo

lunedì 23 settembre, 2019

COSENZA, 23 SETTEMBRE - Le norme del codice del consumo sono applicabili alle convenzioni di ripartizione delle spese condominiali predisposte dal costruttore, o dall’originario unico proprietario dell’edificio condominiale, in quanto oggettivamente ricollegabili all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale da quello svolta, e sempre che il condomino acquirente dell’unità immobiliare di proprietà esclusiva rivesta lo status di consumatore, agendo per soddisfare esigenze di natura personale, non legate allo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 19832/2019, depositata il 23 luglio.

Il caso. Il Tribunale competente rigettava l’appello proposto da un Condominio contro la decisione emessa dal Giudice di pace, avente ad oggetto l’opposizione proposta dalla società costruttrice avverso il decreto ingiuntivo che le intimava di pagare la somma di Euro 4.799,48 a titolo di oneri condominiali. Il Giudice di secondo grado aveva, infatti, ritenuto che la delibera condominiale sulla quale si fondava il suddetto decreto fosse nulla, perché, a maggioranza, aveva previsto criteri di riparto degli oneri in contrasto con il regolamento condominiale, ammettendo l’opposizione al decreto ingiuntivo e affermando la validità della clausola contenuta nel suddetto regolamento che esonerava la società dal pagamento degli oneri condominiali su tutte le unità immobiliari di sua proprietà non ancora vendute, se non utilizzate.

Avverso tale sentenza, il Condominio proponeva ricorso per cassazione, lamentando, tra i vari motivi, la vessatorietà della clausola di esonero per via della sua durata illimitata, perché violava il principio contenuto nell’art. 1123 c.c. producendo un significativo squilibrio tra i condomini.

Il Supremo Collegio dichiarava inammissibile la doglianza del ricorrente, richiamando il principio già affermato dalla giurisprudenza di legittimità ovvero che le norme del Codice del consumo “sono applicabili alle convenzioni di ripartizione delle spese condominiali predisposte dal costruttore, o dall’originario unico proprietario dell’edificio condominiale, in quanto oggettivamente ricollegabili all’esercizio dell’attività imprenditoriale o professionale da quello svolta, e sempre che il condomino acquirente dell’unità immobiliare di proprietà esclusiva rivesta lo status di consumatore, agendo per soddisfare esigenze di natura personale, non legate allo svolgimento di attività imprenditoriale o professionale (ex plurimis, Cass. 07/07/2016, n. 16321; Cass. 24/06/2001, n. 10086)”. Nella fattispecie in esame, il Tribunale aveva escluso che la vessatorietà della clausola potesse essere fatta valere nei confronti della società, che era il soggetto beneficiario dell’esonero dalle spese, ma non allo stesso tempo venditore degli immobili in questione.

Per tali motivi la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al rimborso in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità.

Avv. Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express


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