Talerico: “Bruxelles sacrifica la privacy per inseguire l’intelligenza artificiale”
Bruxelles sacrifica la privacy per inseguire l’intelligenza artificiale.
di Antonello Talerico – Consigliere comunale di Catanzaro.
Bruxelles sembra pronta a mettere sul piatto uno dei suoi principi più sacri – la tutela della privacy dei cittadini europei – pur di favorire lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e sostenere la competitività delle imprese continentali.
La Commissione Europea starebbe preparando un pacchetto legislativo denominato “Digital Omnibus”, destinato a semplificare – e in alcuni casi a modificare – norme cardine come il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR). Ufficialmente si tratta di “emendamenti mirati”, ma le bozze mostrano cambiamenti profondi e strutturali, pensati per alleggerire vincoli e burocrazia a vantaggio delle aziende che lavorano con l’IA.
Dietro la spinta all’innovazione, tuttavia, si intravede una scelta politica pesante: indebolire le garanzie sul trattamento dei dati personali che per anni hanno rappresentato il fiore all’occhiello dell’Unione.
Le modifiche previste concederebbero ampie eccezioni per il trattamento dei dati “sensibili” – come convinzioni religiose, opinioni politiche, origini etniche o dati sanitari – per addestrare algoritmi e modelli di intelligenza artificiale.
La Commissione vorrebbe inoltre ridefinire il concetto stesso di “dato personale”, escludendo in certi casi i dati pseudonimizzati dalle tutele del GDPR, in linea con una recente sentenza della Corte di Giustizia UE.
Un altro punto delicato riguarda i cookie banner: Bruxelles intende semplificare le regole e consentire ai gestori di siti e app di tracciare gli utenti con basi giuridiche più ampie del semplice consenso espresso, riaprendo così la questione del controllo reale degli utenti sui propri dati.
Il dibattito è destinato a infiammarsi. Germania e alcuni Paesi nordici spingono per un approccio più flessibile, convinti che solo alleggerendo la normativa l’Europa potrà recuperare terreno rispetto agli Stati Uniti e alla Cina.
Altri Stati membri – tra cui Francia, Austria, Slovenia ed Estonia – si oppongono con fermezza, denunciando il rischio di smantellare la colonna portante dei diritti digitali europei.
Il contesto è chiaro: l’Europa teme di restare indietro nella corsa globale all’intelligenza artificiale. Ma nel tentativo di rincorrere Stati Uniti e Cina, rischia di tradire se stessa. Lo ha ammesso, con finezza e preoccupazione, anche l’ex premier Mario Draghi, che nel suo rapporto sulla competitività ha indicato il GDPR come uno dei principali ostacoli all’innovazione europea.
Sennonchè, ritengo che l’Unione Europea dovrebbe comprendere che la libertà digitale non si costruisce abbattendo le tutele, ma aggiornandole.
L’intelligenza artificiale non può essere un alibi per aprire varchi nel diritto alla riservatezza: la privacy è un pilastro della democrazia moderna, non un ostacolo alla competitività.
Non si può chiedere ai cittadini europei di diventare inconsapevoli “fornitori di dati” per alimentare la fame delle macchine. L’innovazione deve servire l’uomo, non sostituirlo.
La vera sfida per l’Europa non è scegliere tra libertà e progresso, ma garantire entrambi.
Senza questa consapevolezza, l’intelligenza artificiale rischia di diventare la più grande intelligenza… contro l’uomo.
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