Diritti dei cacciatori e diritto di proprietà
L'esperto risponde Toscana

Diritti dei cacciatori e diritto di proprietà

mercoledì 21 settembre, 2011

PIOMBINO, 21 SETTEMBRE 2011 Chi vive in città non se ne accorge nemmeno, ma dalla fine di agosto in poi, sino a febbraio, la “colonna sonora” subisce un repentino cambiamento per chi abbia scelto di vivere in campagna. Con l’approssimarsi dell’autunno, infatti, campi, boschi, talvolta persino spiagge iniziano a riecheggiare delle inquietanti sonorità degli spari delle “doppiette” dei cacciatori. La normativa italiana si occupa dettagliatamente di attività venatoria, vediamone quindi alcuni aspetti.[MORE]

La caratteristica più interessante del quadro legislativo italiano, è forse che la fauna selvatica , è “di proprietà” dello Stato, in quanto appartiene al suo patrimonio indisponibile . Così, lo Stato rilascia al cacciatore una mera concessione , la “licenza di caccia”, che gli consente di “ appropriarsi “ di tale bene demaniale. Nel nostro Paese non può quindi parlarsi di un vero e proprio “ diritto” a cacciare, bensì solo di un più limitato interesse legittimo del cacciatore , tutelabile in sede di giustizia amministrativa, a non vedersi negato il rilascio della licenza di caccia , ove possieda tutti i requisiti richiesti dalla legge.

Inutile negare che, anche se praticata con criterio, la caccia ha degli elementi di “ invasività” del territorio, che può talora collidere con diritti di terze persone ( ci limitiamo qui alla componente umana, non avventurandoci in quella relativa….all’ “oggetto” dell’attività venatoria). La legge italiana è su questo punto piuttosto (ed anacronisticamente) benevola nei confronti dei cacciatori.

La caccia è infatti permessa anche nei terreni altrui secondo la disciplina di carattere generale dell’ art. 842 del codice civile, che stabilisce che il proprietario di un fondo non può vietare che vi si entri per l’esercizio della attività di caccia, a meno che il fondo non sia chiuso o vi siano colture specializzate in atto ( ad esempio coltivazioni con metodo “biologico”).

La legittimità di tale norma è stata di recente messa in dubbio a seguito di una pronuncia della Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, che ha aperto ad interessanti sviluppi della querelle agricoltori/cacciatori.

I giudici di Strasburgo hanno infatti argomentato che non sempre la recinzione di un fondo è agevolmente realizzabile senza nuocere all’utilizzazione dei terreni , ed in ogni caso essa rappresenterebbe una spesa a cui dovrebbe sobbarcarsi il proprietario.

Resta da vedere se e come tali enunciazioni di principio saranno recepite dai giudici di merito nazionali e soprattutto dal nostro legislatore, che si trova a dover contemperare le opposte istanze dei favorevoli e dei contrari a questa disciplina, che in alcune regioni ha tradizioni radicatissime. Nell’attesa, meglio indossare qualcosa di sgargiante durante le proprie passeggiate bucoliche, se non si vuole rischiare l’impallinamento.

Avv. Raffaele Basile

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