"Due giorni, una notte" dei  fratelli Dardenne, la solidarietà ad orologeria
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"Due giorni, una notte" dei fratelli Dardenne, la solidarietà ad orologeria

martedì 18 novembre, 2014

DUE GIORNI, UNA NOTTE dei fratelli Dardenne, la recensione. A volte si è indulgenti verso il cinema dei Dardenne, perchè i contenuti severi ammorbidiscono i giudizi. Si dovrà però pur riconoscere se un prodotto cinematografico, per quanto nobile, per quanto abile, sia riuscito o meno.

Dappertutto c’è crisi, anche in Belgio. Sandra (Marion Cotillard), due figli ed un marito, il pianto facile e lo Xanax sul comò, è sull’orlo del licenziamento. C’è però un’ultima chance: a inizio settimana i sedici colleghi dovranno votare per il suo possibile reintegro, a patto di rinunciare, ognuno, a mille euro di bonus in busta paga. Non è facile convincerli, ma la donna ci prova porta a porta, tra solidarietà ed intimidazioni.

Con Due giorni, una notte, presentato al Festival di Cannes, i fratelli Dardenne tornano dietro la macchina da presa senza tradire il rigore stilistico e l’inflessibile impegno etico che ne hanno segnato la monolitica filmografia. Se da un lato tanta compattezza serba il pregio della coerenza, dall’altro, proprio per smentire la vulgata secondo cui farebbero sempre lo stesso film, le sfumature devono contare non poco. E le sfumature, nell’ultimo film, depongono negativamente, al punto da far sospettare che quel rigore sia diventato così scavato da disossare la sostanza e quell’inflessibilità così rigida da sfiorare il teorema. [MORE]

Per la precisione, in Due giorni, una notte la sfida più dura affrontata dai registi è quella di non rendere approssimativo il pellegrinaggio di Marion Cotillard di casa in casa, sballottata da un uscio all’altro a ricevere risposte più o meno simili e fronteggiare repentini cambi di decisione dei colleghi, che ne rendono artato – appunto, teorematico – il percorso. Le stazioni della via Crucis diventano di cartapesta, funzionava meglio quando i poveri cristi erano pochi – Rosetta, L’enfant, Il figlio – e si poteva davvero lavorare con intaglio minimale ai dettagli d’emozione.

Qui invece, la Cotillard è tratteggiata in sottosquadro, con una nettezza irritante. Questa Cotillard, nel film dei Dardenne non sembra ambientarsi. Peggio: si cala anche troppo convintamente nel ruolo del capro espiatorio, producendo un’interpretazione piagnucolosa, iper-umorale, perennemente disperata: in linea – questo sì – con la depressione del proprio personaggio, ma proprio per questo prevedibile ed esasperata. Questa è la sua vita; salvo repentine – ed a questo punto, forzate – folgorazioni sulla via di Damasco nell’ultima parte: alla fine i fratelli belgi vanno a bersaglio, ma con la sensazione che la traiettoria sia stata arraffazzonata con la sicumera di chi sia forte del proprio messaggio. Il conflitto di fondo emerge in rilievo: girare un film basato su un meccanismo verbale (la persuasione a parole), come La parola ai giurati con Henry Fonda, praticando però una struttura in movimento, fatta di cambi di scena che non consentono di approfondire le dinamiche relazionali.
Un esempio su tutti - e chi non ha visto il film, non lo legga
: una donna indecisa fino all'ultimo sul voto da dare alla causa della protagonista, propende infine per aiutarla, contemporaneamente lasciando il marito che vi si opponeva. Ecco, un twist così veloce e casuale da sembrare a tesi, programmato con un dramma-timer.

La voce dei Dardenne nel panorama cinematografico è ancora necessaria, certo. Ciò non toglie che anche per autori navigati e fermi di polso – con la macchina da presa, peraltro, fanno il solito incisivo, asciutto lavoro di grande fisicità – sia a volte necessario trovare le giuste intonazioni. A noi questa sembra una mezza stecca, nonostante i gorgheggi virtuosi della Cotillard.

DATA USCITA: 13 novembre 2014
GENERE: Drammatico
ANNO: 2014
REGIA: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne
SCENEGGIATURA: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne
ATTORI: Marion Cotillard, Olivier Gourmet, Fabrizio Rongione, Catherine Salée, Christelle Cornil
FOTOGRAFIA: Alain Marcoen
MONTAGGIO: Marie-Hélène Dozo
PRODUZIONE: Archipel 35, Eyeworks, Les Films du Fleuve
DISTRIBUZIONE: BIM
PAESE: Belgio
DURATA: 95 Min


Antonio Maiorino
 


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