Gl'intrighi del "Salotto buono": Antefatto dimissioni Mussari
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Gl'intrighi del "Salotto buono": Antefatto dimissioni Mussari

mercoledì 23 gennaio, 2013

MILANO, 23 GENNAIO 2013 - “A fronte dei possibili impatti patrimoniali derivanti dagli esiti delle analisi relative a tali operazioni strutturate (denominate Santorini e Nota Italia), codesto Consiglio ha deliberato di incrementare di euro 500 milioni (da 3,4 a 3,9 miliardi, ndr) la richiesta al ministero dell’Economia di sottoscrizione dei Monti bonds”, è quanto emerge dalla relazione denominata “Alexandria”, che prende il nome da un contratto derivato con cui, Giuseppe Mussari - stando alla ricostruzione fatta da “Il Fatto quotidiano”- avrebbe proceduto a truccare i conti al fine di ristrutturare un debito per centinaia di milioni di euro. E’ questo il retroscena che ha portato l’ormai ex presidente dell’Abi a rassegnare le proprie dimissioni.

In particolare, i lati oscuri sottesi alla suddetta operazione “Alexandria” - risalente al luglio 2009 – come hanno spiegano l’amministratore delegato, Fabrizio Viola, e il presidente, Alessandro Profumo, sono emersi a seguito delle “richieste di chiarimento avanzate dalla Banca d’Italia con lettera del 20 novembre”. A ciò, ha aggiunto Viola, “hanno fatto seguito all’inoltro alla Banca d’Italia in data 15 ottobre 2012 di un contratto rinvenuto il 10 ottobre 2012 e sottoscritto già il 31 luglio 2009 tra Mps e Nomura (la banca d'affari del gruppo finanziario Nomura Holdings, il più noto del Sol Levante, che nel 2008 rilevò ciò che restava di Lehman Brothers dopo il suo crack) relativo alla ristrutturazione del titolo Alexandria… (mandate agreement) in proposito si segnala che il Mandate agreement non era presente tra la documentazione consegnata alla Banca d’Italia (…) né ai revisori contabili”.

Così facendo, Viola prende le distanze dai suoi predecessori sottolineando l’omessa comunicazione all’Autorità di vigilanza e aggiungendo acqua sul fuoco, “In data 13 dicembre 2012, Nomura ha trasmesso il verbale di una telefonata (nello specifico, una conference call) intercorsa il 7 luglio 2009 tra gli allora vertici di Mps e i vertici europei di Nomura”. Presenti a tale conversazione, il presidente Mussari e l’ad Antonio Vigni, i responsabili finanza, Gianluca Baldassarri e contabilità Daniele Bigi, a Siena. A Londra, invece, erano presenti il presidente di Nomura Europa con quattro dirigenti. [MORE]

Nello specifico, il contratto derivato Alexandria (rimasto nascosto per tre anni nella cassaforte del direttore generale Gianluca Baldassarri) disponeva un’immediata correzione nel bilancio 2012 da 220 milioni (in verità, una ‘gola profonda’ al Fatto quotidiano ha parlato di 740 milioni di euro). Come prosegue Viola, “Tale verbale è stato già acquisito dalla Procura della Repubblica e anche da Bankitalia e Consob. La ragione del restatement, cioè della correzione contabile (la perdita maggiore di 220 milioni di euro), è che l’errore era determinabile sulla base di informazioni esistenti al tempo”.

Soffermandosi sul contratto segreto, secondo l’interpretazione di Viola, “Mps decide di migliorare la tipologia del rischio finanziario cui era esposta con il note Alexandria, un derivato basato sui rischiosi mutui ipotecari. Incredibilmente, Nomura si è resa disponibile a scambiare questo pessimo investimento con una credit linked note con sottostante titoli subordinati bancari e garantita da obbligazioni emesse da GE Capital European Fund (più sicure dei mutui ipotecari, ndr) ed è questo scambio a realizzare il miglioramento del profilo di rischio”.

In pratica, con il suddetto accordo, Mps scaricava la perdita su Nomura, realizzando – in questo modo - il restyling del bilancio 2009. In cambio, attraverso “un asset swap e due operazioni pronti contro termine a 30 anni legate a tale swap” (come emerge dal verbale della telefonata), ricambiava la banca d’affari nipponica per il favore ricevuto, acquisendo i loro rischiosi derivati.

Tuttavia, i guai del Monte dei Paschi sono iniziati prima della suddetta operazione spregiudicata. Nel 2008, infatti Giuseppe Mussari procedeva con l’acquisto di Antonveneta per 9 miliardi dalla spagnola Santander (che invece l’aveva pagata 6,3 miliardi pochi mesi prima). Contestualmente, nello stesso periodo, la banca aveva registrato una perdita di 367 milioni su un contratto derivato aperto con Deutsche Bank, connesso alla quota del Monte dei Paschi detenuta in Intesa SanPaolo.

Per coprire tale buco, ecco il ricorso alla finanza malata, ad opera dello stesso istituto tedesco che mette in atto un escamotage: “l'operazione Santorini”. Questo consisteva in un finanziamento decennale di Btp da 1,5 miliardi costruito con uno scambio di opzioni ‘digitali’ connesse, da una parte ai tassi di interesse dell'Eurozona dall'altro ad una copertura sulla svalutazione dei titoli di Stato italiani. In base alla documentazione sull’operazione, questa generò subito, nelle casse tedesche, un introito di circa 60 milioni di euro per un prestito con scadenza a fine 2018. Tuttavia, con il peggiorare della situazione economica mondiale, nel 2007, l'operazione Santorini determina perdite per 87 milioni di euro, nel 2008 per 62 milioni, per arrivare ai 224,4 milioni derivanti dalla liquidazione dell'operazione, avvenuta nel 2009.

Così, come ormai i corsi e ricorsi storici dimostrano, le conseguenze di queste azioni spregiudicate della finanza dopata – alla fine – andranno a colpire i soliti noti: il “Parco buoi” che detiene il titolo azionario Mps in borsa; i correntisti della banca senese e - last but not least – i cittadini italiani su cui andrà a gravare l’aiuto di Stato da 3,9 miliardi di euro.

(fonte: Il fatto quotidiano)

Rosy Merola


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