Ultima chance per l’Italia: la leva francese per salvarsi dai provvedimenti europei
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Ultima chance per l’Italia: la leva francese per salvarsi dai provvedimenti europei

mercoledì 12 dicembre, 2018

BRUXELLES, 12 DICEMBRE - Il presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte e il ministro economico Giovanni Tria sono di nuovo a Bruxelles per cercare di evitare la procedura di infrazione Europea e le conseguenti, pesanti, sanzioni.

L’assenza, nell’attuale impianto del Documento di Programmazione Economica e Finanziaria, di adeguati margini per accomodare le richieste europee di avvicinamento alle soglie concordate, scatena la creatività del governo italiano; il nuovo leit motiv con cui Salvini prova a convincere l’Europa sulla possibilità di derogare è un simpatico evergreen: perchè noi si e lui no? Perché, se all’Europa va bene che la Francia sfori in maniera copiosa le soglie imposte sul rapporto deficit-PIL, all’Italia non è concesso ? Di più, e a conforto sia della percepita iniquità  di trattamento italo-francese che della bontà della manovra italiana, Salvini stressa come le recenti e veementi proteste portate avanti dai gillet gialli francesi siano relative proprio ad ambiti efficacemente indirizzati nella proposta di legge di bilancio giallo-verde.

Mentre questo simpatico siparietto prende piede, il lettore poco distratto non fa fatica a osservare come il confronto sia sulla situazione patrimoniale (il rapporto debito-PIL sul 2018 è al 97% contro un 131,8% dell’Italia) che sulle aspettative di crescita (PIL francese in crescita sul 2018 del 1.7% mentre quello italiano rasenta l’1%) diano ben diverse garanzie dei due paesi sulla capacità di gestire i rischi derivanti dallo sforamento delle soglie concordate a livello Europeo

Il lettore sempre meno distratto, inoltre, volendo stressare confronti geopolitici basati sugli indicatori economici e su come la legge di bilancio stia indirizzando i sintomi del malato Italia (anziché indirizzare strutturalmente la patologia), tenderebbe a esasperare come l’Italia sia più vicina alla Grecia di Tsipras del 2015 che alla Francia di Macron del 2018.


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