"Dark Shadows" di Tim Burton: quando i vampiri sono rock
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"Dark Shadows" di Tim Burton: quando i vampiri sono rock

martedì 15 maggio, 2012

NAPOLI, 15 MAGGIO 2012 - E questa volta, Burton che s’inventa? Perché questo è il nodo: i film del regista recano un’impronta fantastica così autoriale da trasfigurare in tanti universi di una stessa galassia. Già esplorata? Poco importa, purché resti accogliente: magari come Collinwood, la colonia americana fondata a metà Settecento dai Collins quale avamposto di un piccolo impero commerciale. Il rampollo Barnabas (Johnny Depp), ha la passione di tutti gli aristocratici: le cameriere. Ma la bella Angelique (Eva Green), per sfortuna del malcapitato padrone, è anche una strega, piuttosto impermalosita dall’amore ricambiato solo fisicamente: mordi e fuggi. E a Barnabas, per l'appunto, spuntano i canini da vampiro, mentre l’amata Josette è vittima di un sortilegio mortale. Condannato ad una sepoltura di duecento anni, il nobile si risveglia nel 1972. Le gonne sono più corte, le donne possono fare le psicologhe (Helena Bonham Carter), Alice Cooper rockeggia, mentre i bislacchi eredi dei Collins vivono in un castello in rovina e vedono l’azienda di famiglia messa in crisi da Angie, la fattucchiera rediviva reincarnata in imprenditrice. La giovane badante Vickie (Chloë Grace Moretz) – reincarnazione di Josette? – proverà a rassettare il nucleo familiare, Barnabas si occuperà delle finanze. E di altri conti in sospeso.

Con lo scenografico ma deludente Alice in Wonderland alle spalle, e col vecchio, vecchissimo, praticamente nuovo Frankenweenie in arrivo, Burton ricava dalla serie tv Dark Shadows (Dan Curtis, 1966-71) un racconto d’ibridazione di toni e contesti: l’horror e la commedia, il gotico e l’ironico, il Settecento ed i seventies, unità cinematografica e televisività centrifuga. A tratti il pout pourri è scialacquato – forse troppe le quasi due ore –, ma l’episodicità di alcune gag non basta a far deflagrare la credibilità di un universo incredibile, in cui, anzi, proprio il diverso ed il disomogeneo – temi classicamente burtoniani – sembrano imporre una diegesi microtraumatica, a strappi: ricomposta solo iconicamente, per pura, ammaliante coerenza scenica.[MORE]

Così, la narrazione fila – ed è un bel vedere – in forza di una irresistibile padronanza di humour tenebroso, ma mai ottenebrato e sempre lucido, mentre il regista-stregone conduce lo spettatore, quasi fosse un golem, sull’orlo di un dirupo, prossimo ad un salto che, invero, non si compie mai: quello dal divertimento all’impegno. Ogni singolo personaggio e pressochè tutti gli angles meglio riusciti sono organici al concetto della diversità: il vampiro tra gli uomini, il gentleman tra gli hippies, il morto tra i viventi, l’uomo del XVIII secolo nel Novecento. Eppure, è proprio questa esasperazione a fare di qualsivoglia ambizione impegnata una parodia coreografica e controllata, in cui Alice Cooper – che per Barnabas è una donna – è una strega non meno di Angelique; i T-Rex della colonna sonora sono musica mostruosamente ribelle per l’albagia nobiliare; Scoby Doo è il pro-nipote di James Whale, vessillifero di un orrendo che finalmente sa prendersi in giro. E allora, ognuno si scopre serenamente freak: dalla figlia lupo mannaro, al bambino che vede i fantasmi, dalla psicologa alcolizzata con ambizioni di immortalità, alla governante angelica ma dall’insospettabile passato da emarginata. Ma, appunto, sono freaks innocui: più o meno come Frank Zappa.

Dark Shadows è un film in cui la visività – ahimè, forse non visionarietà – resiste tenacemente alla metafora, ma che se si volesse, proprio come il castello dei Collins, introdurrebbe a passaggi segreti, innescati da meccanismi imprevedibili ed arzigogolati. Ognuno decida se restare umanamente divertito, o sbizzarrirsi nel sottobosco\trip di temi e spunti appena adombrati. Certo, se è vero quello che Erwin Panosky diceva sulla coscienza barocca – sempre distaccata da sé –, lo stregone Burton, che traffica con formule in parte risapute ed intrugli dal sapore noto, è la quintessenza del barocco (di sé stesso), con apprendisti sempre uguali e sempre diversi: Depp, carnagione white come Barry, e la Bonham Carter, che morde così così. Ma chi l’ha detto che il barocco non è rock?

Titolo originale: Dark Shadows
Cast: Johnny Depp, Eva Green, Michelle Pfeiffer, Bella Heathcote, Jonny Lee Miller, Chloë Grace Moretz, Helena Bonham Carter, Jackie Earle Haley, Christopher Lee, Alice Cooper
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 113'
Origine: USA, 2011

(in foto: Johnny Depp interpreta Barnabas in una scena di Dark Shadows)



Antonio Maiorino
 


Autore
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