Il Disturbo da Accumulo. Intervista al Dottor Giovanni Maria Ruggiero, Psichiatra e Psicoterapeuta
Salute Lombardia

Il Disturbo da Accumulo. Intervista al Dottor Giovanni Maria Ruggiero, Psichiatra e Psicoterapeuta

giovedì 24 maggio, 2018

MILANO, 24 MAGGIO 2018 - Accumulare oggetti, non riuscire a separarsene, ridurre al minimo lo spazio abitativo nel quale vivere. In alcuni individui, questo comportamento diventa una vera e propria ossessione, con conseguente significativo disagio all’ipotesi di doversi disfare di ciò che si è conservato, a prescindere dal valore reale dei beni.
Per comprendere le caratteristiche, i meccanismi che lo originano e sapere quali sono le terapie più efficaci per trattare il cosiddetto accumulo patologico, inserito nel DSM 5 con il nome di “Disturbo da Accumulo”, ci siamo rivolti allo Psichiatra Giovanni Maria Ruggiero.

Dottor Ruggiero, quali sono i criteri diagnostici del Disturbo da Accumulo?
“Il disturbo da accumulo è stato inserito nel 2013 nel manuale diagnostico dell’Associazione Psichiatrica Americana, manuale adottato dai sistemi sanitari di molti altri paesi. Essa ricalca la definizione originale del principale studioso dell’argomento, il collega americano Randy Frost che venne una decina di anni fa a raccontarci questa nuova patologia nel nostro istituto a Milano. Frost e Hartl, nel loro testo del 1996 “A cognitive-behavioral model of compulsive hoarding. Behavior Research and Therapy”, forniscono come definizione queste caratteristiche:
• acquisire, senza poi disfarsene, un gran numero di beni che appaiono inutili o di scarso valore;
• spazi vitali ingombrati in modo tale da impedire le attività per le quali tali spazi sono stati progettati;
• disagio significativo o menomazione nel funzionamento causati dall'accaparramento;
• ritrosia o incapacità a restituire oggetti presi in prestito”.


La conservazione dei beni è intenzionale? Quali sono quelli più comunemente conservati?
“Intenzionale nel senso che la persona decide di conservarli per timore delle conseguenze della perdita. Conseguenze temute che possono essere pratiche (potrebbe servire) o affettive (è un ricordo). Gli oggetti conservati vanno dalla collezione di beni di valore, all’accumulo di spazzatura, fino all’accumulo di animali. Molto frequente è l’accumulo di libri e giornali o qualunque fonte di informazioni”.

Il Disturbo da Accumulo causa significative compromissioni in qualche area importante della vita dell’individuo?
“Il disturbo può degenerare in degrado igienico personale e della casa (sindrome di Diogene), trascuratezza della vita relazionale fino alla solitudine e accompagnarsi al Disturbo Ossessivo Compulsivo”.

Da cosa è originato il disturbo? Hanno più valenza fattori socio-ambientali, genetici o psicologici?
“Dal mio punto di vista, si tratta di un disturbo psicologico generato da pensieri disfunzionali come quelli che ho già citato prima e che sono alla base del timore di perdere oggetti che potrebbero essere utili o a cui ci si sarebbe affezionati. In alcuni casi, specifiche lesioni cerebrali da traumi o demenza possono essere associate ad un anomalo comportamento di accumulo, che però appare più disorganizzato, senza scopo. Geneticamente l’accumulo è un comportamento funzionale che serve a prevenire periodi di carestia, ma la patologia è psicologica e non genetica”.

Quando ha inizio il comportamento di accaparramento?
“Il comportamento di accumulo inizia presto, in adolescenza e perfino prima, ma si mantiene per anni in limiti tollerabili. Anche perché la persona non ha ancora davvero la possibilità di accumulare molte cose. È solo con la maturità e la disponibilità economica che il fenomeno può diventare patologico”.

 

Le persone che mostrano i sintomi di questo disturbo sono consapevoli della gravità del loro problema?
“La persona tende purtroppo a sottovalutare gli aspetti negativi dell'accumulo. Anzi, tende a esprimere pensieri che sostengono l'accumulo, come la possibile utilità degli oggetti che conserva o il loro valore affettivo. Solo quando l'accumulo è grave, con la casa che si ingombra di oggetti, la persona inizia a rendersi conto degli aspetti morbosi del suo comportamento”.[MORE]


Esistono correlazioni e significative differenze con il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC)?
“Un tempo il disturbo da accumulo era considerato un sottotipo del DOC. Oggi è stato distinto perché il DOC sembra obbedire più al timore di violare una regola morale che alla perdita di oggetti considerati importanti. Rimane una forte correlazione tra i due disturbi: un paziente su tre con DOC presenta comportamenti di accumulo e un individuo su quattro affetto da accumulo patologico presenta altri sintomi ossessivi”.

Dottor Ruggiero, Lei è specializzato in Psicoterapia Cognitiva. Potrebbe spiegarci in che modo la terapia Cognitivo Comportamentale può essere utile per trattare il disturbo da accumulo?
“La terapia cognitiva agisce ristrutturando i pensieri alla base del timore di perdita: che probabilità c’è di perdere davvero oggetti importanti? Quanto sono davvero importanti gli oggetti accumulati? E se anche si perdesse qualche oggetto, sarebbe così intollerabile? In parallelo poi si procede all’intervento comportamentale, ovvero a graduali esperimenti di eliminazione degli oggetti accumulati. Si tratta di una terapia individuale di un incontro a settimana di durata complessiva medio-breve, da alcune settimane ad alcuni mesi”.

Esistono altre terapie efficaci?
“La particolare natura del sintomo da accumulo lo rende trattabile soprattutto dalla terapia cognitivo comportamentale. Sicuramente anche altre terapie possono dare beneficio pur non essendo specifiche”.

Qual è l’incidenza del disturbo di accumulo? È una problematica più comune fra gli uomini o fra le donne?
“C’è qualche studio effettuato da studenti universitari e, in base ai risultati, sembrerebbe che una parte della popolazione, tra il due e il quattro per cento, abbia ammesso di soffrire di tale disturbo, che ha il suo esordio nell’infanzia o nell’adolescenza, ma diventa grave solo in età matura. Il disturbo di accumulo colpisce più i maschi delle femmine e si riscontra prevalentemente in persone con più elevato livello di istruzione. Si accompagna a solitudine, e mancanza, o perdita di legami affettivi”.

Si ringrazia il Dottor Giovanni Maria Ruggiero
Psichiatra e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale
Direttore della Scuola di terapia cognitiva e cognitivo comportamentale “Psicoterapia Cognitiva e Ricerca” e docente presso la Scuola di terapia cognitiva e cognitivo comportamentale “Studi Cognitivi”.

Luigi Cacciatori

Fonte immagine: giovannimariaruggiero.net


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