Ludopatia, il saggio scientifico del tossicologo Massimo Persia
Un fenomeno sempre più diffuso, a causa soprattutto delle nuove tecnologie. La dipendenza patologica dal gioco è ormai una vera e propria emergenza. E se fino a qualche decennio fa i ludopatici erano circoscritti per lo più ai tavoli da gioco, in particolare con un mazzo di carte da poker, negli ultimi anni le proposte sempre più coinvolgenti assicurati dal web hanno moltiplicato il numero dei giocatori. Stime attendibili parlano di circa un milione e mezzo di giocatori accaniti nel nostro Paese, con gravi conseguenze a livello individuale e collettivo. Il giro d’affari è enorme: la maggior parte delle stime punta ad oltre 150 miliardi di euro (fino a 170 miliardi previsti per quest’anno), con lo Stato che ne incassa almeno undici. Insomma, materia ovviamente scottante quando ci sono così tanti interessi “in gioco”.
Uno dei massimi esperti del tema delle dipendenze, il dottor Massimo Persia, tossicologo e direttore per vent’anni del SerD di Tivoli-Guidonia (Roma), raccoglie nel volume “Skin player”, edizioni Cisu, con la prefazione del professor Daniele Masala, i più recenti contributi scientifici sul piano psicoclinico, introducendo al tema attraverso la lunga storia del gioco e del videogioco.
“Pur cosciente che il gioco abbia sempre accompagnato l’evoluzione umana, sin dalle civiltà greca, egizia e romana, confesso di essere partito con un preconcetto verso il gioco digitale – spiega il dottor Persia. “Tuttavia, approfondendo la materia, ho saputo anche ricavarne e divulgarne gli aspetti positivi, che vanno dal prezioso supporto per le persone disabili, anche nell’apprendimento oltre che nello svago, fino all’utilizzo nelle tecniche di formazione aziendale. Come per molte tematiche, insomma, il problema non è l’uso ma l’abuso. A cominciare dal tempo impiegato: per un ragazzo un conto è trascorrere un paio d’ore, altro è arrivare anche ad otto ore e non dormire la notte. Per i minori sono più gravi le responsabilità familiari: ognuno di noi è stato testimone del bambino di pochi anni a cui i genitori hanno messo in mano un videogioco per evitare l’attenzione continua. Lì possono esserci i primordi di un vero e proprio danno futuro, accertato anche da studi clinici sul cervello la cui formazione si completa generalmente tra i 24-25 anni. Cioè negli adolescenti c’è un’immaturità cerebrale di tipo anatomo-funzionale per cui mentre può essere precocemente maturo il sistema limbico, area del driver, cioè quella rete di strutture cerebrali, situate sotto la corteccia, fondamentali per il controllo del comportamento istintivo, dell’apprendimento, della memoria, viceversa l’area del controller, cioè della corteccia prefrontale, responsabile delle principali funzioni esecutive come il controllo degli impulsi, la regolazione emotiva, il ragionamento, permettendo un comportamento sociale adeguato, non ha completa formazione sotto il profilo funzionale. Ciò spiega perché gli adolescenti siano più suscettibili ad un comportamento maladattivo”.
Nel libro l’’autore approfondisce i temi scientifici, spiegando dettagliatamente cosa avviene nel cervello di un ludopatico. Affronta quindi la neurobiologia delle dipendenze, tema che esamina nel dettaglio anche il professor Pietro Carrieri (Università Federico II di Napoli) nel suo contributo in “Skin player”. Persia evidenzia, tra gli altri, gli studi di Spitzer, Bricolo, Chambers, Taylor, Oliviero, val Holst e Potenza. Il capitolo finale è dedicato alle esperienze a confronto.
L’esperto ricorda di mirare alla prevenzione del pericolo della ludopatia sin dalla giovane età, consigliando gli adulti – e le istituzioni - di avere un atteggiamento di ascolto verso i giovani e non di giudizio affrettato, di preconcetto, di contrapposizione generazionale o di minimizzazione delle loro istanze.
“Oltre al tempo trascorso, un’altra variabile è rappresentata dal tipo di gioco – ricorda ancora il dottor Persia. “Ovviamente occorre promuovere giochi formativi, educativi e riabilitativi rispetto a quelli violenti o a sfondo sessuale, purtroppo predominanti. Sebbene non sia facile distinguere la sottile linea tra il gioco come puro intrattenimento e la patologia”.
Il volume si avvale della postfazione di Emanuele Saladino, del supporto informatico di Pietro Comastri e Salvatore Leonardi, delle immagini dello studio fotografico di Massimo De Santis e della collaborazione dell’archeologa Maurizia Martina Persia, figlia del dottor Massimo, che ha curato la copertina.
“Il mio messaggio positivo è che tanti dipendenti dal piacere tossico del gioco, attraverso un percorso assai impegnativo, hanno smesso di intossicarsi e hanno ricominciato a sognare – conclude il dottor Persia. Parola di esperto.
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