Antonella Biscardi - Un metro di solitudine / Smart working Intervista di Alessandra Mele
Cultura e Spettacolo Lazio Roma

Antonella Biscardi - Un metro di solitudine / Smart working Intervista di Alessandra Mele

lunedì 4 maggio, 2020

Bentrovata Antonella. 
Oggi vorrei parlare con te di "smart working" un argomento trattato nel tuo libro con grande semplicità e profondità diventato in questi mesi di distanziamento sociale da virus un modo abituale di lavorare.

Ciao Alessandra.

Fra le riflessioni, le emozioni e i sentimenti raccontati nel libro, non mancano quelle sulla forma di comunicazione cambiata e adottata e sulle prospettive di lavoro futuro, passando proprio dallo “smart working” che però oggi possiamo più propriamente chiamare ”home working”.

Dunque qual è la tua riflessione sull’attuale cambiamento così repentino e obbligato?

Oggi nell’emergenza del momento lavorare da casa è una prospettiva per il nostro futuro.

Le nostre abitudini cambiano in fretta, il futuro sarà ancora più smart e la tecnologia agevolerà il lavoro, le comunicazioni, ma annienterà i rapporti sociali.

Stiamo assistendo a un vero e proprio mutamento rispetto a come si è inteso il lavoro fino a oggi.

Il lavoro sta diventando “smart”, laddove smart indica un accoppiamento tra l’abbattimento dei costi aziendali e l’aumento delle performance del lavoratore.

Cosa vuoi dire, che il lavoro cambierà forma da oggi in poi?

Negli ultimi vent’anni la tecnologia ci ha sempre accompagnato, mai come nel corso di questi mesi il pianeta è stato così connesso.

L’improvvisa diffusione del “male del secolo” e la necessità di arginare il contagio globale hanno creato l’urgenza di mettere in atto forti misure di contenimento come il distanziamento sociale, l’isolamento domestico e la limitazione della mobilità.

In questo generale “stato di eccezione” le nostre consuetudini sono state sconvolte.

Il traffico internet è diventato frenetico e i social-forum sono inondati da accessi, ed anche le tradizionali routine lavorative hanno iniziano a migrare nel cyberspazio grazie alle tecnologie che consentono il trattamento e lo scambio delle informazioni in formato digitale, ricorrendo allo smart working.

Quindi, questo mondo “superconnesso” non potrà tornare indietro e dovremo adeguarci a un "nuovo sistema" di organizzazione del lavoro?

Io credo, ed è mio pensiero, che non cambierà solo il mondo lavorativo, ma il nostro sistema di vita.

I giovani in questi mesi si sono adeguati, hanno creato community,  usato videocall per interagire, fare sport, lavorare. Si sono connessi con la velocità della luce creando alternative di sopravvivenza all'isolamento.

I prodotti on line hanno avuto un'impennata nelle vendite e tutti siamo diventati più tecnologici, anche gli anziani più refrattari.

Come dice il proverbio: "Di necessità fai virtù!"

Questo progressivo avvicinamento alla realtà virtuale impone una riflessione su come la connettività potrebbe modificare la nostra concezione del lavoro, nel libro affronti questo tema, secondo te, sarà un grosso problema sociale?

Io sono solo un’osservatrice del mondo, una persona che si documenta, che cerca di capire, di esprimere emozioni, sensazioni, riflessioni, questo per me è essere uno scrittore.

Trasmettere emozioni e riflessioni da cui ognuno possa trarre le proprie conclusioni.

Per rispondere posso dire che la forte connessione alla rete e i processi di innovazione correlati offrono opportunità ma possono anche scatenare contraddizioni per i lavoratori tra cui il disorientamento, la crisi della propria identità lavorativa, l’isolamento sociale e professionale.

Il grande impiego delle tecnologie mediatiche ha creato un nuovo tipo di ambiente sociale. Un ambiente in cui lo spazio che condividiamo non coincide più con la localizzazione.

Quest’ambiente che, dal punto di vista antropologico, lo studioso Marc Augé definisce un “non-luogo”.

Puoi spiegare meglio questo concetto?

Beh, lo spiega Marc Augé io l'ho preso in prestito e analizzato.

Secondo Augé sono tre le componenti che costituiscono i “luoghi”: una componente identitaria, una componente storica e una relazionale.

Proprio la combinazione di queste componenti  differenzia i “luoghi” dallo “spazio”.

In senso assoluto lo “spazio” è, infatti, freddo, è disumanizzato, è spersonalizzante. Al contrario, i luoghi sono un focolare che offre sicurezza e identificazione.

Sono i luoghi a riscaldare lo spazio, a conferirgli un senso e un orientamento specifico.

Ed è all’interno di questo che ci si può sentire protetti e consolidare punti di riferimento che ci aiutano a ricostruire un percorso tutte le volte che ci sentiamo disorientati.

Poi a questo punto leggendo il capitolo il lettore può farsi la sua personale idea.

Lasciaci come sempre con una tua riflessione.

Vi lascio con una riflessione di Carlo Rubbia che condivido appieno e che chiude il capitolo:

"Siamo su un treno che va a trecento chilometri all’ora, non sappiamo dove ci sta portando e, soprattutto, ci siamo accorti che non c’è il macchinista".

È una grande riflessione nella quale ci lasci…

Ci riaggiorniamo alla prossima settimana e come consuetudine lasciamo ai lettori uno stralcio del capitolo "Smart working" tratto dal tuo ultimo libro “Un metro di solitudine”.

Grazie Alessandra della piacevole chiacchierata.

Un saluto e un grazie anche ai lettori di Infooggi.

A presto.

Stralcio da "Smart working"

"Lavorare da remoto ha talmente tanti vantaggi che, se ci riflettiamo bene, semplicemente dovremmo prendere e dire “ok, da domani lavoriamo tutti da casa”. Prima di tutto, c’è un risparmio notevole di tempo e di soldi. Basti pensare al tragitto che si fa per andare al lavoro: lavorando da casa non si spreca tempo, non si sprecano soldi per la benzina, per l’autostrada, diminuisce la possibilità di incorrere in incidenti.

La città è più libera, meno inquinata, si riduce il traffico. Oltre ai vantaggi per l’ambiente, ci sono poi quelli per le aziende: ovviamente se i dipendenti lavorano da casa, le aziende non avranno bisogno di affittare grossi spazi e spendere in questo modo le proprie risorse."

Domenico De Masi

Bisognerebbe tenere un diario di quello che sta succedendo così velocemente in questo periodo di isolamento.

Oggi è più radicata la convinzione che l’emergenza di lavorare da casa sia una ottima prospettiva per il nostro futuro.

Siamo in un periodo storico di grandi cambiamenti, immersi in una società “liquida” che come il fiume che scorre sta erodendo tutte le certezze che sono la base delle nostra esistenza.

Una di queste certezze dovrebbe esser il lavoro come recita l’articolo 1 della nostra Costituzione “...Repubblica democratica fondata sul lavoro...”.

Stiamo attualmente assistendo a un vero e proprio mutamento rispetto a come si è inteso il lavoro fino ad oggi.

Il lavoro non è più il posto fisso, l’orario standard, la pausa pranzo e il buono pasto.

Dopo il telefonino, la tv e l’orologio ora anche il lavoro sta diventando “smart”, laddove smart indica un felice accoppiamento tra l’abbattimento dei costi aziendali e l’aumento delle performance del lavoratore.

È un contesto in cui le esigenze di chi lavora concilia con quelle dell’impresa.

Lo smart working viene oggi più volte definito “l’evoluzione culturale e tecnologica del posto di lavoro”.

Se avessimo occhi per vedere l’invisibile, vedremmo come, nel silenzio di questi giorni, il cielo sia percorso da un gran movimento.

Fasci di luce si dirigono verso ogni punto cardinale propagandosi da ogni casa, da ogni quartiere, da ogni città.

Quelle scie di luce in movimento sono le nostre connessioni alla rete.

Stiamo solo immaginando, anche se sappiamo che è così.

Hashtag

#fiducia #consapevolezza #sentimenti #speranza #unmetrodisolitudine

Antonella Biscardi

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Morrone editore

www. editoremorrone.it 

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Alessandra Mele

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Autore
https://www.infooggi.it - Il Diritto Di Sapere

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