Canarie. Un piccolo mondo antico.
Cultura e Spettacolo Friuli Venezia Giulia Udine

Canarie. Un piccolo mondo antico.

mercoledì 19 febbraio, 2020

PUERTO DE LA CRUZ, 19 FEB - Finché mi limitavo a leggere articoli, blog e guide turistiche, posso dire sinceramente che delle Canarie, e di Tenerife in particolare, non avevo capito nulla. Sole, mare, spiagge e un’eterna primavera. Possibile non ci fosse di più di una stereotipata immagine da cartolina?

Così, per non sbagliare, avevo pensato di trasferirmici per un anno intero. 

Già nel momento in cui avevo noleggiato un’auto e mi avevano salutata con un sonoro “HOLA MI AMOR!”, avevo vissuto attimi di perplessità. Lo stesso epiteto era stato utilizzato per il mio fidanzato. Avevo guardato in tralice la signorina del noleggio auto. Non so lei, signorina, ma io ho abbondante sangue siculo nelle vene e nessuno chiama “amore” il mio fidanzato. Poi era stata la signorina di un fast-food a chiamarmi “Fiorellino”. Ora, a quasi quarant’anni, con un’altezza di un metro e settantacinque e il quarantuno di piede, più che un fiorellino potevo apparire un solido arbusto. 

Non c’era nulla da fare, il canario non desisteva dalla sua overdose di sentimenti. I mesi passavano e io continuavo ad essere un fiore, un cuore, un amore, una dolcezza. Se continuavo così, la glicemia era a rischio. Ma le manifestazioni di affetto non erano solo verbali, no, erano anche fisiche. Chiunque incontrassi mi veniva incontro abbracciandomi e baciandomi. Alla prima riunione di dipartimento, in Università, avevo la coda per baciarmi. Forse avrei dovuto comprare uno di quei bavaglini anni ’40 con la scritta “Non baciarmi”.

Quando in Università mi cambiarono l’orario settimanale, costringendomi ad alzarmi in piena notte per andare a fare lezione, anche le persone della portineria vennero a baciarmi e ad offrirmi il loro conforto. Temo fosse per pietà. 

Entrando in classe gli studenti mi salutavano con “Ciao Profe!” oppure “Hola Bibiana”. In effetti al secondo giorno di permanenza avevo smesso di spiegare alla gente che “Viviana” si pronunciava con la “v”. Tanto continuavano a guardarmi chiedendosi quale fosse la differenza tra i due suoni.

Avevo vissuto a Milano quasi dieci anni senza sapere il nome dei miei vicini di casa, affrettandomi a chiudere le porte dell’ascensore se sentivo qualcuno che stava per salire con me. A Tenerife in meno di sei mesi avevo fatto conoscenza con tutti i vicini, sapevo le difficoltà scolastiche del figlio del vicino di destra e l’imminente matrimonio della vicina di destra. Conoscevo i cani e i gatti dei miei studenti, chiacchieravo con la proprietaria del ristorante di fronte casa e al bar dell’Università mi chiedevano informazioni sulla salute del mio cane. 

Ricordavo un amico milanese che aveva dichiarato: Quando in un bar mi chiedono se voglio il solito, è tempo di cambiare bar.

Alle persone che mi chiedevano se vivevo bene perennemente in maniche corte non sapevo che cosa rispondere. Come potevo spiegare che Tenerife era qualcosa di più di una semplice spiaggia vista oceano dove parcheggiarsi con un cocktail. Era un mondo in cui le persone ti si avvicinavano se ti vedevano persa con una mappa in mano. Era un mondo in cui potevi fare inversione di marcia in piena strada e ti avrebbero aspettato, senza suonare il clacson. Sembrava tanto un’immagine fasulla ma a me ricordava i racconti di mia madre degli anni ’60. Forse chi vedeva la cartolina, perdeva un significato più profondo e vero. Un piccolo mondo dove il valore di una persona prescindeva dal valore economico e assumeva una nuova connotazione. 

Un piccolo mondo antico.

Viviana Capurso


Autore
https://www.infooggi.it - Il Diritto Di Sapere

Entra nel nostro Canale Telegram!

Ricevi tutte le notizie in tempo reale direttamente sul tuo smartphone!

Esplora la categoria
Cultura e Spettacolo.