Il ricordo di Anna Politkovskaja a sei anni dalla sua morte
Estero Toscana

Il ricordo di Anna Politkovskaja a sei anni dalla sua morte

domenica 7 ottobre, 2012

FIRENZE, 07 OTTOBRE 2012- Il 7 ottobre 2006 la giornalista Anna Stepanovna Politkovskaja veniva uccisa a colpi d’arma da fuoco a Mosca. L’assassinio ebbe un eco dirompente in Russia e nel resto del mondo. All’età di 48 anni moriva una donna dal cuore libero e impavido che interpretò il suo lavoro alla stregua di un’autentica missione. Una giornalista in prima linea, capace di scrivere senza paura su argomenti ritenuti dei tabù nella Russia di oggi, fra tutti gli orrori della “guerra sporca” in Cecenia. Una spina nel fianco dei potenti che veniva considerata una vera giornalista in una falsa democrazia. Dai detrattori era apostrofata come “la pazza di Mosca”, in realtà le sue presunte “follie” erano la veeemente denuncia delle torture, degli stupri di massa, delle sparizioni e delle uccisioni ai danni dei civili ceceni e la critica all’odierno sistema “coloniale” russo.

Il suo corpo fu rinvenuto nell’ascensore del palazzo moscovita dove la reporter abitava. Uno dei proiettili colpì alla testa Anna Politkovskaja. Un’esecuzione spietata compiuta con disumana freddezza dai dei professionisti. Il marito Alexander Politkovskaj apprese la terribile notizia telefonicamente da una giornalista de”L’Eco di Mosca” che a bruciapelo gli chiese “Ha saputo cos’è successo a sua moglie? L’hanno ammazzata”. I mandanti dell’omicidio sono a tutt’oggi sconosciuti ma è opinione diffusa quella di imputare l’agguato mortale al presidente Vladimir Putin, più volte bersagliato da pesanti critiche da parte della giornalista. Ad avvalorare questa tesi, nel giorno successivo alla morte, il sequestro da parte della polizia russa del computer della Politkovskaja e tutto il materiale dell'inchiesta che la giornalista stava compiendo. Il 9 ottobre, l'editore della Novaja Gazeta Dmitry Muratov affermò che Politkovskaja stava per pubblicare, proprio il giorno in cui è stata assassinata, un dettagliato articolo sulle atroci torture commesse dalle forze di sicurezza cecene legate al Primo Ministro Ramzan Kadyrov .

Nata a New York nel 1958 da due diplomatici sovietici di nazionalità ucraina di stanza presso l'ONU, Anna Politkovskaja si laureò in giornalismo all'Università di Mosca nel 1980. Nel 1982 inizia la sua carriera giornalistica nel famoso giornale moscovita Izvestija, che lascerà undici anni più tardi. Dal 1994 al 1999, lavora come cronista, come responsabile della Sezione Emergenze/Incidenti e come assistente del direttore Egor Jakovlev all’Obščaja Gazeta, oltre a collaborare con varie radio e TV libere. Dal giugno 1999 inizia a lavorare per la Novaja Gazeta. La giornalista si è distinta per il suo impegno nel denunciare i crimini contro la popolazione cecena da parte dell’esercito russo. Nei suoi numerosi viaggi visitò ospedali e campi profughi e sostenne i familiari delle vittime. Documentò i brutali abusi perpetuati dalle forze russe con la connivenza dei due ultimi Primi Ministri ceceni, Ahmad Kadyrov e suo figlio Ramzan, entrambi “amici” di Mosca. Le pubblicazioni riguardarono anche le operazioni militari compiute dal governo in Daghestan ed Inguscezia.

Nel 2001, la Politkovskaja fu costretta a riparare a Vienna in seguito a gravi minacce ricevute via e-mail da Sergei Lapin, un ufficiale delle forze speciali del Ministero dell’Interno della Federazione Russa da lei accusato di aver commesso crimini contro civili in Cecenia. Lapin nel 2005 è stato condannato per abusi e maltrattamenti aggravati su un civile ceceno e per falsificazione di documenti.

Negli ambienti ceceni fu comprensibilmente tenuta in gran considerazione per il suo coraggioso impegno. Ciò spiega il fatto che nel 2002 fu indicata tra le personalità impegnate a condurre le trattative durante la drammatica crisi del Teatro Dubrovka con i terroristi ceceni. Nel 2004 mentre si stava recando a Beslan durante la crisi degli ostaggi nella scuola (che terminò con la morte di 386 persone, tra cui 186 bambini), fu colta da un improvviso malore. L’aereo su cui viaggiava tornò indietro per permettere il ricovero della giornalista. Sul caso, mai chiarito del tutto, si è ipotizzato un tentativo di avvelenamento. La reporter sostenne di essersi sentita male subito dopo aver bevuto un tè durante il viaggio.

Poi quel maledetto 7 ottobre di sei anni fa l’assassinio di Anna Politkovskaja. La polizia rinvenne una pistola Makarov PM e quattro bossoli accanto al corpo senza vita della giornalista. Le indagini sull'assassinio furono approssimative e incomplete. Vennero accusati due criminali comuni ceceni e un funzionario dei servizi segreti russi. Il processo di primo grado terminò il 19 febbraio 2009 con l'assoluzione dei tre imputati. Nel 2009 però la Corte Suprema russa ha annullato la sentenza, su ricorso presentato dalla procura. Nel 2011 l'ex tenente colonnello della polizia, Dmitry Pavlyuchenkov, è stato arrestato con l’accusa di complicità nell’omicidio della giornalista russa.

Il 10 ottobre presero parte più di mille persone ai funerali di Anna Politkovskaja presso il cimitero Troekurovskij di Mosca. Nessun rappresentante del governo russo partecipò alle esequie. La sua tomba è un giornale crivellato dai proiettili, simbolo indelebile del suo sacrificio e del suo amore per la verità. Concludiamo il nostro omaggio ad Anna Politkovskaja, nella triste ricorrenza della sua scomparsa, riportando una delle sue tante affermazioni cristalline contro il bavaglio della censura “Il compito di un dottore è guarire i pazienti, il compito di un cantante è cantare. L’unico dovere di un giornalista è scrivere quello che vede.”[MORE]

Davide Scaglione
 

ATTENZIONE: LE IMMAGINI CHE SEGUONO POTREBBERO RISULTARE INNAPPROPRIATE PER ALCUNI LETTORI
 


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