Intervista sul fronte Rosarno - Amnesty International Italia
Interviste Calabria

Intervista sul fronte Rosarno - Amnesty International Italia

mercoledì 21 gennaio, 2015

ROSARNO (RC), 21 GENNAIO 2015 - Nelle cronache della stagione di “Mare Nostrum”, di “Frontex” ed “Eurosur” (operazioni di sorveglianza delle frontiere terrestri e marittime europee, patrocinate dall’Ue) rimbalza in prima pagina la parabola senza tempo dei migranti: storie drammatiche, di promesse, di rabbia e disagio, si dipanano sullo sfondo dei campi di raccolta e della contraddizione capitale/lavoro, fra le onde del Mediterraneo o nel fango di un malcelato razzismo borghese.

All’emergenza immigrazione e alle problematiche sottese, a partire dall’uso del legislativo in materia, l’organizzazione non governativa indipendente Amnesty International Italia, che promuove e difende la causa dei diritti umani operando su scala globale, ha dedicato il dossier Lavoro sfruttato due anni dopo. Il fallimento della “Legge Rosarno” nella protezione dei migranti sfruttati nel settore agricolo in Italia. [MORE]

Nell’introduzione al rapporto di ricerca, realizzato sulla base dei dati raccolti tra ottobre e dicembre 2013/14 e presentato a Rosarno il 26 novembre scorso, si legge: «Nel gennaio del 2010, i violenti scontri tra residenti e lavoratori migranti, avvenuti a Rosarno, piccolo centro della Calabria, hanno portato per la prima volta all’attenzione dell’opinione pubblica italiana la questione delle condizioni di vita e di lavoro dei migranti […]».

Sull’argomento, nell’intervista rilasciata per Infooggi da Amnesty International, nella persona della ricercatrice Chiara Garri, alle analisi del fenomeno cede il passo la dimensione “umanitaria”.


1) “Volevamo braccia e sono arrivati uomini” è il titolo del dossier presentato da Amnesty International nel 2012 sullo sfruttamento lavorativo dei braccianti agricoli migranti in Italia. Cos’è cambiato oggi da allora Italia?
Il problema dello sfruttamento lavorativo non è stato ancora affrontato in maniera efficace dalle autorità italiane.
L’accesso alla Giustizia e ad una piena riparazione è tuttora significativamente indebolito dalla cornice legislativa del nostro Paese.
Il Governo non ha ancora dato seguito alla legge 67/2014 con la quale ha ricevuto la delega ad abrogare il reato di “ingresso e soggiorno illegale”, trasformandolo in un illecito amministrativo. L’efficacia di qualsiasi misura volta ad affrontare la situazione di sfruttamento viene dunque seriamente compromessa dal timore dei migranti di essere identificati come irregolari e di conseguenza espulsi.
Inoltre, l’implementazione restrittiva che l’Italia ha dato alla Direttiva Sanzioni nel prevedere un nuovo sistema di permessi di soggiorno per le vittime di “condizioni lavorative di particolare sfruttamento” ne ha pregiudicato l’attuazione, come confermato dalla sua applicazione particolarmente ridotta.

2) La “legge Rosarno”, nata per contrastare lo sfruttamento dei lavoratori migranti in agricoltura, quali esiti ha subito?
La cosiddetta “Legge Rosarno” è stata adottata al fine di dare attuazione alla Direttiva Sanzioni europea (2009/52/EC) e interrompere così la procedura d’infrazione aperta dalla Commissione Europea contro l’Italia per la mancata trasposizione della Direttiva nei tempi richiesti.
Partendo dall’assunto che “la possibilità di trovare lavoro nell’Unione europea pur non avendo lo status giuridico richiesto” costituisca un fattore chiave di richiamo dell’immigrazione irregolare verso l’Unione Europea, e che dunque l’azione contro la migrazione irregolare dovrebbe includere misure che contrastino detto elemento, la Direttiva proibisce l’impiego di lavoratori migranti extra-europei, che si trovino in una situazione di irregolarità e indica le norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti dei datori di lavoro che vengano meno al divieto.
Contestualmente, la Direttiva prevede canali sicuri per i lavoratori migranti che vogliano sporgere denuncia contro i datori di lavoro. Inoltre, stabilisce che ai lavoratori migranti “minorenni” o che lavorano in condizioni di particolare sfruttamento possa essere concesso un permesso di soggiorno temporaneo, collegato alla durata del procedimento penale. Permessi che possono essere rinnovati e prolungati fino a quando il lavoratore migrante non abbia ricevuto gli arretrati dovuti.
Il legislatore italiano nel trasporre la Direttiva ha dato priorità a istanze di controllo dell’immigrazione irregolare a discapito della tutela che, alla luce del diritto internazionale, dovrebbe invece garantire ai lavoratori migranti, a prescindere dalla loro posizione migratoria, perdendo un’ulteriore occasione di affrontare il fenomeno dello sfruttamento lavorativo in Italia.

3) A quasi cinque anni dalla “rivolta del 10 Gennaio” in Calabria, quali scenari si profilano?
I focus delle ricerche di Amnesty International sono circoscritti a fenomeni specifici, come quello dello sfruttamento della manodopera migrante e non abbiamo un osservatorio più ampio in grado di farci profilare scenari di contesto più ampio. Quello che possiamo dire, sulla base della ricerca fatta, è che la tutela dei lavoratori migranti da parte dello stato italiano resta profondamente insufficiente e che la crisi del settore degli agrumi, fortemente denunciata dai produttori, non può diventare un alibi per peggiorare ulteriormente la situazione della manodopera straniera.

4) L’attuale sistema legislativo italiano garantisce il diritto d’accesso alla Giustizia alle vittime di sfruttamento lavorativo? Offre ai migranti una protezione adeguata?
La Legge Rosarno non è riuscita a creare dei “canali sicuri” per permettere ai lavoratori migranti irregolari di sporgere denuncia contro i loro datori di lavoro, sia direttamente sia attraverso terzi, quali i sindacati o altre organizzazioni della società civile.
Inoltre, la definizione restrittiva di “condizioni lavorative di particolare sfruttamento” adottata dalla Legge rischia di compromettere il sistema di protezione delineato dalla Direttiva, escludendo ingiustificatamente dalla possibilità di ottenere un permesso di soggiorno i lavoratori migranti che, in base alla Direttiva, ne avrebbero diritto. Non solo, molti migranti vittime di sfruttamento lavorativo potrebbero risultare non idonei al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari a causa dei requisiti restrittivi previsti per la concessione del permesso di soggiorno, vedendo dunque pregiudicato il proprio diritto di accesso alla giustizia e alla riparazione.


5) Sembra che nel 2014 sia aumentato in Europa il sentimento anti-immigrazione, così registra il trend del momento.

È vero e i diritti dei migranti e dei rifugiati sono sempre più a rischio. A fronte di numeri esegui di persone che cercano e trovano protezione in Europa (circa il 3 per cento degli oltre 3,6 milioni di rifugiati siriani, ad esempio), si diffonde l’idea che il continente sia oggetto di un’invasione incontrollata nelle dimensioni e pericolosa nelle conseguenze. Su queste affermazioni infondate si costruisce la politica della paura e si crea consenso elettorale.

6) Cosa raccomanda Amnesty International, sul piano della politica migratoria, alle autorità italiane?
Chiunque abbia responsabilità istituzionali, deve astenersi da affermazioni irresponsabili, da dichiarazioni che istigano alla discriminazione se non all’odio etnico, dal seminare la paura. A questo scopo, Amnesty International ha inviato una lettera al Ministro dell’Istruzione Giannini esprimendo grande preoccupazione per i contenuti della circolare “Terrorismo islamico: parliamone soprattutto a scuola”, inviata il 9 gennaio scorso ai dirigenti scolastici dall’Assessore Regionale all’Istruzione del Veneto, Elena Donazzan. Dal punto di vista nazionale, ogni provvedimento normativo dovrebbe rispettare gli standard internazionali sui diritti umani ed evitare in ogni modo qualsiasi accostamento tra il fenomeno dell’immigrazione e la sua criminalizzazione. A livello europeo, l’Italia deve pretendere che si dia priorità all’accoglienza più che alla chiusura delle frontiere, alla ricerca e al soccorso in mare più che alla sicurezza.

 

Domenico Carelli

(Foto: Migrante indiano lavora in una serra © Valerio Rinaldi)


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