Iran, trovata intesa su nucleare.Obama, vigileremo. Ira di Israele.Ecco come cambia il Medio Oriente
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Iran, trovata intesa su nucleare.Obama, vigileremo. Ira di Israele.Ecco come cambia il Medio Oriente

martedì 14 luglio, 2015

VIENNA, 14 LUGLIO 2015 - Lo storico accordo sul nucleare tra l’Iran e le potenze mondiali è stato raggiunto. Questa notte a Vienna, nove anni dopo l’inizio dei negoziati, tra sospetti, accuse, passi avanti e retromarce, Washington e Teheran hanno superato gli ostacoli finali. L’Iran permetterà agli ispettori Onu di poter visitare i siti militari iraniani, anche se l’autorizzazione arriverà da un tavolo arbitrale composto dallo stesso Iran e dai Paesi del 5+1, mentre l’occidente revocherà le sanzioni internazionali in cambio di significative limitazioni del programma nucleare della Repubblica islamica, che di fatto impedisce per almeno dieci anni a Teheran di sviluppare una bomba atomica. [MORE]


Un momento storico. Così definisce l’intesa l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea Federica Mogherini: “Si apre un nuovo capitolo nelle relazioni internazionali” che “contribuirà in modo positivo alla pace e sicurezza regionale e internazionale". L'intesa "non è perfetta, ma è quella che potevamo raggiungere", le fa eco il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, esprimendo grande soddisfazione per "un nuovo capitolo di speranza" che inizia. Una soluzione ‘win-win’, dove a vincere sono entrambe le parti, fa notare il ministro.


L’asse del male. Furibonda, invece, la reazione israeliana all'accordo:''Un errore grave di portata storica'': così il premier israeliano Benyamin Netanyahu commenta l'accordo sul nucleare raggiunto a Vienna. ''In tutti i campi in cui occorreva negare all'Iran la capacità di dotarsi di armi atomiche sono state fatte generose concessioni. Inoltre l'Iran disporrà adesso centinaia di miliardi di dollari con i quali potrà rilanciare il terrorismo, il suo espansionismo e la sua aggressività in Medio Oriente e in tutto il mondo'', avverte il leader israeliano. Ancora più diretto il viceministro degli esteri Tzipi Hotovely: "Questo accordo è una resa storica da parte dell'Occidente verso l'Asse del Male con l'Iran in testa".


Obama: "Vigileremo su accordo". Il presidente americano Barack Obama si è affrettato a rassicurare l'opinione pubblica interna ma anche gli alleati nella regione mediorientale, mettendo l'accento su un accordo che "non si basa sulla fiducia ma sulla verifica".
E se gli impegni non verranno rispettati, "tutte le sanzioni saranno ripristinate e ci saranno serie conseguenze", ha assicurato il presidente degli Stati Uniti. Adesso la parola passa al Congresso americano, saldamente nelle mani dei repubblicani, ai quali il presidente ha già mandato un messaggio molto chiaro, avvertendo che porrà "il veto a qualsiasi legge che impedisca l'attuazione" dell'accordo.


I punti fondamentali. L’iran otterrà la revoca delle sanzioni internazionali, l'unica vera ragione per cui gli emissari del regime degli ayatollah hanno deciso di sedersi al tavolo del negoziato (torneranno disponibili asset iraniani congelati all’estero per centinaia di migliaia di dollari), in cambio di significative riduzioni alla portata del suo programma nucleare. Se da un lato le potenze del 5+1 sedute al tavolo delle trattative hanno fatto ampie concessioni sulla revoca dell’embargo, che rimane solo sulle armi e sul trasferimento all’Iran di tecnologia legata ai missili balistici almeno per i prossimi cinque anni, il piano prevede un rigido meccanismo per verificare il rispetto degli impegni da parte di Teheran, include nuove clausole per le ispezioni dei siti del Paese e in caso di violazione tutte le sanzioni sarebbero reintrodotte entro 65 giorni.


Un punto su cui la trattativa è stata più volte sul punto di naufragare è quello relativo alle centrifughe per l'arricchimento dell'uranio. Secondo l'agenzia Irna, l'accordo non impedirà all'Iran di andare avanti in ricerca e sviluppo sulle centrifughe "chiave", come chiarisce il ministero degli Esteri russo sul suo sito: l'Iran potrà condurre attività di ricerca e sviluppo sulle centrifughe avanzate nel corso dei primi 10 anni di validità dell'accordo con le potenze mondiali, ma "in una maniera che non prevede l'accumulo di uranio arricchito. L'Iran si impegna inoltre a ridurre di due terzi il numero delle centrifughe, che "saranno limitate a 5.060 nel sito di Natanz" mentre altre "1.044 saranno mantenute funzionanti, ma non utilizzate, nel sito di Fordo". L'Iran dispone attualmente di oltre 19.000 centrifughe, di cui meno di 10.000 operative.


Le conseguenze geopolitiche. Dopo il disgelo con l' ex Birmania e con Cuba, per Obama l'accordo di Vienna è il terzo a cambiare profondamente le relazioni diplomatiche degli Stati Uniti con Paesi con cui il dialogo era sospeso da decenni. L'Iran tra questi è il più importante dal punto di vista strategico, il solo con un programma nucleare e l'unico ancora nella 'lista nera' degli stati ritenuti sponsor del terrorismo. La scommessa del presidente americano è quella di lasciare in eredità una mappa geopolitica del Medio Oriente rivoluzionata non con la guerra, come fatto dal suo predecessore George W. Bush, ma con la diplomazia. 

Nessuno è in grado di prevedere se l’accordo di Vienna potrà risolvere la guerra interna al mondo musulmano tra sciiti e sunniti, che vede proprio nell’Iran e nell’Arabia Saudita gli sponsor e è il principale fattore di tensione regionale. Ma una cosa è certa: il ritorno di Theran nella comunità internazionale potrebbe spingere gli ayatollah verso un approccio più pacifico nel risolvere la miriade di conflitti regionali, dallo Yemen alla Siria, limitare l’ambivalenza dell’Arabia Saudita nei confronti dell’estremismo sunnita e favorire la pacificazione tra l’altra potenza rivale della Area, la Turchia, e i curdi. Non solo. Anche fuori dal Medio Oriente, se gli Stati Uniti raffreddano i rapporti con un alleato storico come Israele, contemporaneamente ritrovano la collaborazione non solo con l’Europa, ma anche con Russia e Cina e dimostrano come tutte le super potenze possano dare il loro contributo alla comunità internazionale per trovare soluzioni condivise a interessi comuni. 


La vittoria del pragmatismo. Assai più limitate saranno le conseguenze nella politica interna della Repubblica islamica. L’ayatollah Khamenei non ha all’improvviso abbracciato la moderazione e riconosciuto le virtù della democrazia ma semplicemente riscoperto l’utilità del pragmatismo in un momento in cui l’Iran deve affrontare una difficile congiuntura economica per effetto del crollo del prezzo del greggio che, unita alle pesanti sanzioni finora imposte dalla comunità internazionale, avrebbe potuto creare tensioni sociali all’interno del Paese indebolendo il regime.


Certo, la vittoria politica del moderato presidente dell’Iran Hassan Rouhani, da sempre favorevole a un accordo, non è in discussione. Tuttavia le forze più intransigenti sono state solo momentaneamente silenziate e nel futuro Khamenei dovrà concedergli una contropartita, rischiando però di aprire una fase di incertezza politica ed esacerbare le contraddizioni tra la maggioranza moderata della popolazione e le reazionarie guide religiose e militari della Repubblica islamica. Ancora una volta, l’unica speranza è il pragmatismo: solo se la popolazione vedrà i benefici concreti dell’accordo, sia nell’economia sia nelle relazioni internazionali, Rouhani disporrà della legittimità necessaria per proteggersi dalla vendetta degli integralisti.

Tiziano Rugi
 


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