Oh boy , un caffè a Berlino. Ma forse è camomilla
InfoOggi Cinema Campania

Oh boy , un caffè a Berlino. Ma forse è camomilla

lunedì 28 ottobre, 2013

OH BOY, UN CAFFE' A BERLINO DI JAN OLE GERSTER, LA RECENSIONE - Altro che Nouvelle Vague: all'opera prima, Jan Ole Gerster sembra peregrinare, come il suo protagonista, alla ricerca di un'identità ancor vaga. E intanto ci si annoia.

La ragazza è carina, ma Niko (Tom Schilling) la lascia, come spaventato dalla stabilità; il padre è largo di maniche con gli assegni mensili, ma la carta di credito viene bloccata quando il genitore scopre che il figlio ha mollato l'università da due anni; il nuovo vicino di casa sembra simpatico, finchè non viene a sclerare dal ragazzo. Sono solo alcuni degli incontri, diurni e notturni, di un'anima vagante in quel di Berlino. E poi che succede? Niente. Finisce la giornata, finisce il film. Niko è cresciuto, si spera, rispetto a quel caffè della mattina, nero bollente, a tre euro e quaranta - sottratti di soppiatto dal bicchiere della questua d'un barbone sonnacchioso; nel bianco e nero della fotografia - efficace per lo più nelle belle e fugaci cartoline della città; nel grigio d'una vita - e di un film - in cui non accade granchè, nonostante la galleria di personaggi più o meno stanchi, più o meno strambi. "Cos'hai fatto negli ultimi due anni?" - chiede il padre. La risposta di Niko vorrebbe tanto suonare geniale come quella di De Niro in C'era una volta in America ("Sono andato a letto presto"), ma in questo C'era una volta in Berlino il massimo che la sceneggiatura riesce a tirar fuori è: "Ho pensato". Forse anche troppo. [MORE]

OH BORING! - Fortunato in Germania, e fiero di ostentare sulla locandina i premi raccattati ai German Academy Awards, Oh boy! - a cui in Italia il distributore ha aggiunto Un caffè a Berlino - sembra il film ideale per la critica entusiasta di scomodare la Nouvelle Vague ad ogni tiro di schioppo - roba da far venir la pelle d'oca ad Antoine Doinel - o per chi non disdegna disperdersi in soporiferi romitaggi esistenziali. Anche al più dilettantesco dei corsi di sceneggiatura, spiegano che in una "storia" dovrebbe succedere qualcosa: hai voglia ad essere anti-canonico, in questo senso, costruendo un film su di una sensazione, quando ti manca la profondità e la lucidità per passare dallo stato d'animo all'anima. Jan Ole Gerster riesce anche a gestire con una certa finezza i cambi di tono, ma quello che manca è il cambio di passo: a tratti persino alla Woody Allen in reboot anglosassone, nelle scene più ironicamente nevrotiche, il film scorre tra swing di umore e musica swing in sottofondo, ma infine si spegne in un notturno cool jazz narcotizzante, come una banale peregrinazione fuori orario; e non c'è nè la luce che servirebbe ad uno pseudo-romanzo di formazione, nè il lato oscuro di un vero dramma. Il cinismo spiritoso, ben assestato, della prima parte, si affievolisce troppo presto, così come il personaggio più indovinato - la brava Friederike Kempter, negli striminziti panni di una ex "cicciona" a cui sono rimasti i traumi ed un fascinoso, nervoso sorriso - viene fatto sparire, come la stazione di un viaggio.

BRILLI CHE NON BRILLANO - Un lampo nella notte dovrebbe essere il monologo del vecchio brillo (Michael Gwisdek) nel bar, a notte così fonda che nemmeno si fa più caffè - a Niko tocca prendere vodka e birra. O dialogo con un fantasma, piuttosto: il ragazzo fiuta una possibile deriva di se stesso, nell'uomo che ha vagabondato per sessant'anni, a quanto pare riducendosi ad uno straccio. Ma nell'alcol annega anche lo script, annacquato da una teatralità sopra le righe: "a quel tempo non eri nemmeno la scintilla nell'occhio di un marinaio!", fa il vecchio. Nemmeno Melville da ubriaco (Herman, per non parlare di Jean Pierre) scriverebbe una cosa del genere. Ergo, la carta stampata può diffondersi a piacere nel trovare echi del cinema di Jarmusch o di qualche misconosciuto omologo polacco: dizionario Morandini sul comodino a parte, si potrà avere il coraggio, una tantum, di dire che un film è noioso anzichè d'essai? Non è un delitto riconoscere che la sensibilità - che pure non manca - non sempre riesce a trovare una forma adeguata, un certain regard, una dimensione nello sguardo: specie per un regista come Gerster, all'opera prima e quindi perdonabilmente insipido per troppo sapor di citazione. Il caffè che si voleva artisticamente amaro è una camomilla.



USCITA CINEMA: 24/10/2013
GENERE: Commedia, Drammatico
REGIA: Jan Ole Gerster
SCENEGGIATURA: Jan Ole Gerster
ATTORI: Tom Schilling, Friederike Kempter, Marc Hosemann, Katharina Schuttler, Justus Von Dohnanyi, Andreas Schröders, Arnd Klawitter, Martin Brambach, Frederick Lau, Ulrich Noethen, Michael Gwisdek
FOTOGRAFIA: Philipp Kirsamer
MONTAGGIO: Anja Siemens
PRODUZIONE: Schiwago Film, Chromosom Filmproduktion, Hessischer Rundfunk (HR)
DISTRIBUZIONE: Academy Two
PAESE: Germania 2012
DURATA: 83 Min
FORMATO: B/N

(in foto: un'immagine dal film Oh boy, un caffè a Berlino)

Antonio Maiorino
Critico cinematografico e d'arte
Follow on Twitter

Se ami il cinema, Infooggi Cinema consiglia la pagina Facebook I Love Cinema !


Autore
https://www.infooggi.it - Il Diritto Di Sapere

Entra nel nostro Canale Telegram!

Ricevi tutte le notizie in tempo reale direttamente sul tuo smartphone!

Esplora la categoria
InfoOggi Cinema.