Riflessioni di Don Pino Latelli sul Coronavirus a distanza di un anno dalla sua comparsa
Chiesa e Società Calabria Catanzaro

Riflessioni di Don Pino Latelli sul Coronavirus a distanza di un anno dalla sua comparsa

venerdì 12 marzo, 2021

«È passato ormai un anno da quanto il Coronavirus ha coinvolto l’Italia e il mondo intero seminando paura, disperazione, morte, solitudine e incertezza, ma anche tanta speranza». Così Don Pino Latelli, parroco in solido della Beata Vergine del Carmine di Lamezia Terme,  inizia la sua riflessione su quanto accaduto in questo anno segnato dal coronavirus.

«Era il 9 marzo 2020 quando – commenta il sacerdote - l’allora Presidente del Consiglio del Ministri Giuseppe Conte,  in conferenza stampa a reti unificate, annunciava il Dpcm “Io resto a casa”. Le strade vuote e le file ai supermercati, il Papa in una piazza San Pietro deserta, il triste corteo di camion dell’esercito con il carico di bare lungo le strade di una buia e ferita Bergamo, sono immagini che mai dimenticheremo. L’Italia sperimenta il lockdown totale: paesini che sembravano abbandonati, le metropoli, invece, consegnate ad un silenzio senza fine e privo di traccia umana se non le pattuglie delle forze dell’ordine o dell’esercito.

«Andrà tutto bene», si leggeva su striscioni esposti sui balconi dove al tramonto gli italiani si ritrovavano per lanciare un messaggio musicale di speranza. Prima l’Inno di Mameli, poi i brani più simbolici della musica italiana. In questi mesi l'emergenza da Coronavirus ha delineato una situazione critica, non solo dal punto di vista sanitario, ma anche economico e sociale: c’è chi ha chiuso la propria attività e non l’ha più riaperta, chi è stato travolto dalle difficoltà economiche, chi ha perso il posto di lavoro e chi ha perso i propri cari.

Sono state sospese le attività culturali e religiose. La disoccupazione e la crescente povertà sono alcuni degli effetti drammatici causati dalla pandemia ancora in corso. La pandemia ha allontanato i nostri ragazzi dalla scuola e dai loro amici. Ha provocato nuove e gravi povertà. Ha creato disagi psichici di gravissima portata che necessiteranno di lungo tempo per poter essere curati. Soprattutto in tanti ha indebolito la speranza. Per molti, purtroppo, tutto ciò ha rappresentato una ragione sufficiente per allontanarsi dalla vita quotidiana della Chiesa, dalla catechesi, dalla celebrazione eucaristica. 

Accanto a tutto questo, però, ci è stata data la possibilità di vivere fino in fondo il deserto e scoprire la voce di Dio che parla direttamente al cuore. Abbiamo riscoperto la forza della preghiera e l’importanza della fede in questi momenti così difficili che ci ha consentito di sperimentare la dolcezza e la tenerezza del Padre che sta accanto ai suoi figli nell’ora della prova e della sofferenza. Abbiamo compreso il valore della preghiera in famiglia attraverso l’ascolto della Parola di Dio e la recita del Santo Rosario.

La pandemia ha messo in luce il ruolo centrale della famiglia come “Chiesa domestica”. La chiesa, i medici, gli infermieri, i volontari sono tuttora vicini a coloro che sono ammalati e nella sofferenza. In questo tempo difficile, siamo stati fisicamente lontani dal resto della comunità ma spiritualmente vicini.  Tante volte il Papa e il nostro vescovo Giuseppe Schillaci ci hanno invitato a pregare con animo fiducioso per la fine della pandemia e per la conversione del cuore per riprendere la speranza facendoci cogliere raggi di luce anche nel buio della notte della pandemia.

Oggi, a distanza di un anno , l’Italia si trova ad affrontare nuove e decisive  sfide. Il rischio di finire di nuovo in lockdown è più concreto che mai, complice l’estrema velocità di diffusione delle varianti, soprattutto tra i più giovani.

Quel che è certo è che un’altra Pasqua, dopo Natale e Capodanno, passerà sotto restrizioni. L’immagine potente dell’Urbi et Orbi di Papa Francesco solo nell’immensa piazza San Pietro è ancora viva nel ricordo degli italiani, così come quella del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che il 25 aprile rese omaggio al Milite Ignoto in una deserta piazza Venezia. Un anno di resistenza.

È  passato un anno dal primo lockdown, l’Italia e il mondo sono stati  vilipesi  dal coronavirus, ma oggi – conclude don Pino - vogliamo rendere lode e ringraziare il Signore sia per la puntuale e attenta vicinanza della Chiesa ai fedeli di tutto il mondo con concreti gesti di carità e solidarietà soprattutto verso i più vulnerabili e sia perché l’arrivo dei vaccini ha ridato speranza».

Lina Latelli Nucifero

Foto: Don Pino Latelli


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