Al Teatro Elicantropo di Napoli "Attesa" di Alfonso Tramontano Guerritore
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Al Teatro Elicantropo di Napoli "Attesa" di Alfonso Tramontano Guerritore

martedì 11 marzo, 2014

NAPOLI, 11 MARZO 2014- La guerra è mossa contro le anime, non solo contro i corpi, ed è una strada accidentata ricostruire il proprio immaginario in "Attesa", uno spettacolo su testi di Alfonso Tramontano Guerritore in scena giovedì 13 marzo 2014 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 16) al Teatro Elicantropo di Napoli, per la regia di Antonio Grimaldi.
Presentato da Teatrogrimaldello, l’allestimento punta molto sugli interpreti, Annarita Vitolo, Gabriella Orilia, Cristina Milito Pagliaro, Massimo Villani, Luciano Dell’Aglio, affidando quasi esclusivamente al gesto e al movimento di danza la narrazione, per restituire alla dimensione corporea la sua centralità assoluta.[MORE]

Una donna è costretta ad accettare la partenza per il fronte del suo uomo e a misurarsi con un dolore straniante (l’oltraggio dell’invasore, i nuovi gelidi e beffardi proprietari della sua casa) fino alla faticosa riconciliazione.
I testi e la voce fuori campo, che tratteggia atmosfere e desideri, sono di Alfonso Tramontano Guerritore, mentre la drammaturgia di Grimaldi sceglie una linea fortemente evocativa.

L’aggressione subita dalla sposa (il bianco del suo vestito è davvero il colore dell’attesa, lo spazio da riempire di pensieri e sensazioni) è simboleggiata da una figura che avanza lentamente in scena con le movenze di un ragno, rovesciata all’indietro. L’unica luce è puntata sul suo volto demoniaco, che, quasi al rallentatore, getta in terra oggetti e mobili, mentre la donna strofina forsennatamente il suo corpo, come se qualcosa di dannoso le aggredisse la pelle.
La violenza ha molti aspetti: l’aridità dell’infermiera che dovrebbe soccorrerla, la pochezza dei colti borghesi che scacciano una figura angelica, proiezione di un’ansia di pace, la rimozione delle ferite del conflitto attraverso l’apparizione in scena di un cantante.
Tutti gli attori indossano le maschere di Angelo Russo e Bonaventura Girodano, per rendere universale la rappresentazione, ma anche perché la maschera identifica, isola, inchioda, concretizza la tirannia del ruolo che tutti assumono, fino a divenire la propria essenza, come mostra il fedele servitore del protagonista che non possiede solo l’immagine, ma anche gli atteggiamenti del cane.

Nel congedarsi da ciò che è loro familiare, perché nulla può più essere come prima, i protagonisti lasciano il campo a una donna e a un uomo mascherati da suini, pronti forse a essere carne da macello per il prossimo conflitto o, semplicemente, schiavi delle loro urgenze più immediate. Lui abbandona il capo sulla tavola, come a sognare altri desideri, altre vite, altre attese.


(Notizia segnalata da Raimondo Adamo)


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