Anoressia nervosa. A colloquio con lo Psicoterapeuta Alessandro Centini
Salute Lazio Roma

Anoressia nervosa. A colloquio con lo Psicoterapeuta Alessandro Centini

mercoledì 10 ottobre, 2018

COLLEFERRO (ROMA), 10 OTTOBRE 2018 – L’anoressia nervosa è una delle psicopatologie che rientrano nei Disturbi dell’Alimentazione, presenti nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali. Si parla molto di anoressia nervosa e numerose sono le campagne di prevenzione al riguardo, ma nelle fasi iniziali non sempre il disturbo è così semplice da riconoscere. Quando il fenomeno non è ancora conclamato la maggiore difficoltà si riscontra, soprattutto, perché il soggetto affetto da tale disturbo tenta di nascondere i comportamenti e le problematiche psicologiche che lo affliggono.

Dottor Centini, cosa si intende dal punto di vista clinico per anoressia nervosa? 

“L’espressione deriva dal greco e significa mancanza di appetito, ma questa definizione non è esatta perché anche se le persone affette da anoressia si rifiutano di mangiare, in realtà hanno sempre un’intensa fame e appetito. Il rifiuto del cibo dipende dalla continua ricerca di magrezza(paura ossessiva di ingrassare anche quando si è sottopeso)e dalla necessità di controllare il peso corporeo e l’alimentazione che portano a un peso significativamente basso. Secondo il DSM-Vuna persona è affetta da anoressia nervosa se manifesta le caratteristiche che seguono:

  1. Restrizione dell’assunzione di calorie in relazione alle necessità, che porta a un peso corporeo significativamente basso nel contesto di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica. Il peso corporeo significativamente basso è definito come un peso inferiore al minimo normale oppure, per bambini e adolescenti, meno di quello minimo atteso.
  2. Intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, oppure un comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche se significativamente basso.
  3. Alterazione del modo in cui viene vissuto dall’individuo il peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso o della forma del corpo sui livelli di autostima, oppure persistente mancanza di riconoscimento della gravità dell’attuale condizione di sottopeso

Esistono, inoltre, due sottotipi di anoressia nervosa:

  • Anoressia nervosa con restrizioni;
  • Anoressia nervosa con abbuffate/condotte di eliminazione.

Tra queste due tipologie esistono differenze psicologiche e differenze comportamentali significative: le anoressiche con abbuffate/condotte di eliminazione spesso sono malate da molto tempo; pesano di più all’inizio della malattia, hanno frequenti storie personali e familiari di obesità e sono più impulsive, non soltanto nell’alimentazione, ma anche in altri ambiti: abuso di alcol o di sostanze stupefacenti, cleptomania, comportamenti autolesionisti e tentativi di suicidio. Le anoressiche con restrizioni hanno invece una personalità ossessiva e sono più isolate socialmente.

Nel quadro dell’anoressia nervosa si riscontrano diverse disfunzioni a carico dei diversi apparati: gastroenterico, cardiocircolatorio, muscolare e scheletrico e del sistema nervoso centrale e periferico”.

 

Quali sono i comportamenti tipici e quali i sintomi emozionali che si riscontrano in un soggetto anoressico?

“Le persone con questo disturbo vorrebbero avere un controllo totale sulle loro vite e sono perfezionistiche, per loro prendere anche un 29 a un esame universitario corrisponde a un totale fallimento. Questo perché c’è una bassa autostima nel profondo, i cui livelli sono influenzati in modo eccessivo dalla valutazione del proprio peso e delle forme corporee. I comportamenti vengono attuati per mantenere il peso al di sotto di quello naturale. Tra questi, ad esempio, ricordiamo il seguire una dieta ferrea oppure svolgere esercizio fisico in maniera intensa ed eccessiva. Ancora, in molti casi, l’induzione del vomito ogni volta che queste persone ritengono di aver mangiato in eccesso. Tra i sintomi emozionali, non posso che sottolineare una moltitudine di emozioni negative. Spesso, la tristezza è ricorrente. Infatti, la depressione è un disturbo correlato all’anoressia nervosa. Il problema principale, a mio avviso, è la difficoltà a controllare e a gestire le emozioni intense e negative”.

Cosa intende comunicare il soggetto attraverso il rifiuto del cibo, la paura di aumentare di peso e la percezione alterata del proprio aspetto?

“L’individuo anoressico ha difficoltà sia a sopportare le emozioni negative sia a livello relazionale.Quindi intende dimostrare la capacità di saper controllare le proprie emozioni e la situazione. Il fine è proprio questo: siccome si hanno difficoltà nel gestire le emozioni negative e le relazioni sociali, la forma di gratificazione si ha nel dimostrare a se stessi (ma anche agli altri) di poter avere un controllo sul cibo, che dà un momentaneo sollievo e attira le attenzioni degli altri. Si tratta di una soddisfazione a breve termine perché nel tempo, se non si interviene, si arriva a un peggioramento del quadro clinico. Il suicidio, purtroppo, è la principale causa di morte tra soggetti con anoressia nervosa,che la vedono come unica via di fuga,insiemeai decessi che si verificano in rapporto alla denutrizione”.

L’individuo anoressico è sempre incurante delle gravi implicazioni derivanti da uno stato di malnutrizione?

“Sì, per la quasi totalità dei casi i soggetti non pensano alle gravi conseguenze che quasi certamente ne deriveranno. Provano un’emozione equiparabile alla felicità nel perdere peso, perché possono dimostrare a se stessi di avere il controllo di almeno uno degli ambiti della loro vita. Solitamente il problema non viene percepito come tale, ma gli individui provano una sorta di soddisfazione. Basti pensare al fatto che esistono blog pro-ana, cioè che promuovono l’anoressia, che sono molto seguiti e danno consigli su come perdere peso in modo drastico e su come non sentire la fame.E’ per questo che la maggior parte delle volte è la famiglia ad accorgersi dell’esistenza di un problema, di una difficoltà. Ma sai quando? Spesso quandoil peso della persona si è ridotto ormai drasticamente, al di sotto dei limiti del peso normale.

Oltre alla depressione, esiste comorbilità con altri disturbi psicopatologici?

“La depressione è uno dei disturbi maggiormente correlati all’anoressia nervosa. Ma ce ne sono altri: ad esempio disturbi d’ansia, il disturbo ossessivo compulsivo, abuso di sostanze e, in alcuni casi, c’è comorbilità con qualche disturbo di personalità come il disturbo bipolare. Esistono correlazioni anche con il disturbo di dismorfismo corporeo, infatti in entrambi i casi c’è una distorsione nella visione del proprio aspetto esteriore”.

Secondo molti autori, l’anoressia nervosa insorge nella prima fase adolescenziale o in quella intermedia. Potrebbe indicarci le cause che originano il disturbo e se è d’accordo sul periodo di insorgenza?

“L’aumento esponenziale dei casi di anoressia negli ultimi decenni è la testimonianza di un rapporto problematico dell’essere umano col cibo e si caratterizza come l’altra faccia della medaglia di un altro problema di rilevanza sociale, ossia l’aumento dei casi di obesità. La combinazione di un ambiente che favorisce stili di vita sedentari e al tempo stesso offre stimoli ripetuti al consumo di alimenti, con un contesto culturale fortemente influenzato dalle industrie della dieta e della moda, che idealizza la magrezza e disprezza l’eccesso di peso, può propiziare lo sviluppo di questo disturbo. Il90-95% delle persone colpite appartiene al sesso femminile e i maschi costituiscono tuttora una minoranza. L’età d’esordio del disturbo è compresa tra i 12 e i 25 anni, con un doppio picco di maggiore frequenza a 14 e 18 anni; negli ultimi tempi sono stati diagnosticati anche casi a incidenza più tardiva, dopo i 20-30 anni. Quanto alle cause, invece, è difficile capire se ci sia una vera e propria corrispondenza tra alcune condizioni presenti fin dalla nascita o dall’infanzia, come ad esempio la vulnerabilità genetica, l’ambiente familiare e le esperienze traumatiche e la malattia stessa. Esistono anche fattori precipitanti come ad esempio separazioni e perdite, modificazioni dell’equilibrio familiare, nuove richieste dall’ambiente in cui si vive (scuola, vita affettiva, sciale, e via dicendo), malattie fisiche e inizio della pubertà. Sono considerati fattori perpetuanti quelli che tendono a favorire il mantenimento e la cronicizzazione del disturbo. Tra questi sono particolarmente importanti i vantaggi che l’individuo ottiene in conseguenza della perdita di peso e del controllo alimentare. Questi includono rinforzi positivi: sensazioni di successo, orgoglio, incremento del senso di autocontrollo e l’attenzione e/o interesse degli altri. Altri comprendono rinforzi negativi: l’evitamento del peso naturale e della maturità psicobiologica”.

In base al modello di Christopher Fairburn, i Disturbi dell’Alimentazione sono essenzialmente dei disturbi cognitivi. Potrebbe spiegare il significato di questo assunto?

“Secondo il modello di Christopher Fairburn questi disturbi sono essenzialmentecognitiviin quanto condividono tutti un “nucleo psicopatologico” caratterizzato dall’eccessiva valutazione della forma del corpo e del peso e del loro controllo. Mentre la maggior parte delle persone si valuta sulla base delle proprie prestazioni percepite in una varietà di aree della vita (qualità delle proprie relazioni, le prestazioni professionali, le abilità sportive etc…), i soggetti con Disturbo dell’Alimentazione presentano una valutazione di sé centrata principalmente o esclusivamente su peso e forma del corpo e sulla propria capacità di controllarli. L’eccessiva valutazione della forma del corpo e del peso deve essere distinta dall’insoddisfazione per la propria forma fisica, che si riferisce al non apprezzare il proprio aspetto. Al contrario dell’eccessiva valutazione della forma del corpo e del peso, l’insoddisfazione per la forma del corpo è largamente diffusa nella popolazione generale e la sua presenza è talvolta ascrivibile ad un “normale malcontento” e non ad aspetti psicopatologici. La maggior parte delle pazienti con questa psicopatologia è molto preoccupata del proprio peso; molte si pesano frequentemente e di conseguenza si preoccupano anche per le più piccole variazioni, altre invece evitano volontariamente di conoscere il proprio peso per allontanare la preoccupazione che, ciononostante, permane. Un comportamento simile si riscontra nei confronti della forma del corpo, molte pazienti infatti controllano e scrutano ripetutamente il proprio corpo, focalizzandosi sugli aspetti che non amano, mentre altre evitano volutamente di guardarsi ritenendosi grasse e disgustose”.

Quali sono le strategie proposte dalla Terapia Cognitivo Comportamentale per il trattamento del disturbo?

“Le strategie sono molte. La prima cosa da fare, come sottolinea Fairburn, è un intervento congiunto tra più professionisti: medico di base, dietista, psichiatra e psicoterapeuta. Il primo passo è riportare il peso della persona ad un livello ‘accettabile’. Successivamente, è importante affrontare le abbuffate, se presenti, e i comportamenti di compenso. Alle persone va fatta poi una psicoeducazione cioè spiegare il funzionamento del disturbo e vainsegnata loro anche l’importanza di altri domini di valutazione. Altre strategiesono mirate a cambiare atteggiamenti che le persone affette da AN utilizzano, come il pesarsi in modo ossessivo, confrontare in modo estenuante il proprio peso e/o aspetto con quello di altri individui. Poi bisogna insegnare a gestire le emozioni negative, il perfezionismo, la bassa autostima e a superare le difficoltà relazionali”.

 

Quali sono i campanelli d’allarme che dovrebbero notare le persone vicine a chi soffre di anoressia nervosa?

“Sicuramente la perdita di peso, un abbassamento preoccupante oltre un livello accettabile. Ma già in modo preventivo possiamo accorgerci che qualcosa non va attraverso alcuni comportamenti come una chiusura del soggetto a livello relazionale, sintomi depressivi, atteggiamenti ‘particolari’ nei confronti del cibo come una dieta ferrea e un’eccessiva attività fisica”.

Si ringrazia il Dottor Alessandro Centini, Psicologo Clinico e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

Luigi Cacciatori


Autore
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