Festival di Roma, Manto Acuifero: Messico e nuvole in famiglia
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Festival di Roma, Manto Acuifero: Messico e nuvole in famiglia

domenica 10 novembre, 2013

FESTIVAL DI ROMA, FILM IN CONCORSO: MANTO ACUIFERO, LA RECENSIONE - Che succede ad una bambina quando i genitori si separano e lei va a vivere con la madre ed il nuovo papà? Tanto, nel cuore di una bambina, poco nel film di Michael Rowe. [MORE]

Fate attenzione alla bambina, dice la madre durante il trasloco nella bella casa col giardino in una cittadina del Messico. La bambina è Caro, 8 anni: le piacciono le favole - come a tutti i bambini; le piacciono gli insetti - perchè il padre, separato, è entomologo; non le piacciono le bambole - se gliele regala il "nuovo" papà, Felipe, compagno della mamà. Ma, a parte che nel trasporto della mobilia, si fa davvero attenzione alla bambina? La madre nota il disagio della piccola, il compagno minimizza. E Caro si rifugia in un mondo tutto suo, fatto di pulcini e santuari improvvisati con album di famiglia - quella vera, col padre naturale. Il problema è che l'altarino è in un pozzo, e a Caro è vietato calarvisi. Guerra fredda, scatti amorevoli e rimbrotti stile Incompreso messicano.

CAMERA DA LETTO, CAMERA FISSA - Manto Acuìfero di Michael Rowe, già Camera d'Or al Festival di Cannes con Año Bisiesto, è un film visivamente a misura d'infanzia, con le riprese ad altezza bambino e scene di vita domestica percepite ed origliate tra pareti e porte chiuse. L'impresa, però, è riuscire opera "a profondità bambino", considerando il guazzabuglio di sentimenti che la piccola Caro riserva nel pozzo della propria interiorità. A fronte di tale ambizione, si sceglie una strada minimale, con camera fissa - oggi sembra che questo sia il marchio d'Autore, tutti cugini di Haneke - e lunghi silenzi, come a voler penetrare il senso riposto della ritualità infantile, a poco a poco svelata: il primissimo piano della lumaca, l'attenta osservazione di un formicaio, Caro che gioca con uno scarafaggio, sono tutte evocazioni del padre entomologo; le fotografie sotto al letto diventano santini da difendere ad ogni costo, contro la damnatio memoriae di Felipe a danno del padre naturale; l'attenta osservazione della gallina che cova le uova e accudisce i pulcini ha qualcosa di magnetico, nel profilare agli occhi della bambina un esempio naturale di famiglia che pare imperturbabile dall'uomo, ma allo stesso tempo frutto di cattività.

METAFORE DA POLLAIO - Con simili spazi d'azione, meglio, d'inazione, il film si sfilaccia. L'ambìta sottigliezza fallisce, e diventa descrittivismo piuttosto sterile: si cova, tanto, come una gallina, ma non si schiude granchè; si rabberciano fastidiose metafore da pollaio (come quando la bambina vede il gallo che si avventa sulla gallina: si vorrebbe ventilare un'analogia con Felipe che in casa diventa nuovo maschio dominante); un personaggio chiave, come quello della madre interpretato da Tania Arredondo, è sospeso in un'ambiguità più irrisolta ed irrisoluta che propriamente artistica. Amante, ma probabilmente anche mantide, la donna è la vera responsabile della scissione del nucleo familiare; se a questo si aggiunge la sequenza della cena con amici, allorché una delle invitate confida che potrebbe lasciare il marito, ma prima vuole farsi mettere incinta, si capisce come in fin dei conti si vada a parare sul tema del divorzio facile. Di contro allo scioglimento del vincolo sacro delle unioni, la vittima designata - il bambino - è anche sacerdote che cerca di conservare la memoria, che s'inventa una giocosa liturgia, che recinta spazi inviolabili. Tutto sommato, però, il pozzo del titolo catalizza ben poco di quest'aura, il cerimoniale è impastato di disimpegnata lentezza, alla fine lo spettatore si sente più solo della bambina: dov'è finito il cameraman? Forse in fondo a qualche pozzo, insieme alla voglia di certo cinema contemporaneo di raccontare storie, anzichè farle intuire.

Anno: 2013
Genere: drammatico
Regia: Michael Rowe
Cast: Tania Arredondo, Arnoldo Picazzo, Zaili Sofia Macias

Antonio Maiorino
Critico cinematografico e d'arte - on Twitter

 

 


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