Giovedi della seconda settimana di Quaresima: il Paradiso si prepara sulla terra
Parola e Fede Lazio

Giovedi della seconda settimana di Quaresima: il Paradiso si prepara sulla terra

giovedì 16 marzo, 2017

 Il vangelo di oggi ci mette dinanzi alla nostra realtà. Noi saremo ciò che faremo sulla terra. Se sulla terra siamo stati senza Dio nel cielo saremo senza Dio. Se sulla terra avremo vissuto con il Signore, nel cielo contempleremo il Signore per l’eternità.[MORE]
Vediamo insieme quale insegnamento viene a noi dall’episodio del ricco epulone e del povero Lazzaro.


C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.

È narrata la vita di due uomini. Il primo ha il cuore tutto rivolto alle cose di quaggiù, senza alcun pensiero verso la sua anima. Gli altri non esistono come persone da amare, servire, aiutare, confortare, sostenere. Quest’uomo è in tutto simile al maiale affamato che mai solleva la testa dal suo truogolo finché non abbia ingurgitato e divorato con avidità tutto quanto vi è stato messo dentro. Per quest’uomo suo Dio è il cibo che ingoia e che divora. Suoi fratelli sono i suoi vestiti di porpora e di lino finissimo che indossa.
Al mondo dell’opulenza si oppone e fa da contrasto il mondo dell’estrema povertà. Questo mondo dell’estrema povertà è raffigurato, rappresentato, visualizzato da un uomo povero, di nome Lazzaro. Costui sta alla porta del ricco, coperto di piaghe. È questa la storia del mondo.


La povertà non è invisibile, lontana da noi. Essa è sempre dinanzi alla nostra porta. È accanto a noi, davanti ai nostri occhi. Non bisogna andare lontano per incontrare i poveri. Basta guardare davanti a noi e avremo sempre un povero Lazzaro che ci sta di fronte.
Questa di Lazzaro è una povertà estrema. Tanto estrema che anche il suo corpo ne vive i frutti. Il suo corpo è coperto di piaghe perché malnutrito, denutrito, non nutrito affatto.
Qual è il desiderio di quest’uomo povero, estremamente povero? È bramoso di sfamarsi non del cibo del ricco. Questo cibo non lo desiderava.


L’uomo ricco non vedeva il povero Lazzaro. I cani lo vedevano e venivano a leccargli le piaghe. I cani hanno pietà di quest’uomo. Il ricco non ha alcuna misericordia.
Ma la nostra società si comporta in modo ancora più grave di questo ricco della parabola. Lui al cane dava gli avanzi. Noi agli animali diamo la nostra stessa vita, li trattiamo come se fossero persone, li nutriamo come persone, li viziamo come persone, li ricolmiamo di malattie frutto esse stesse dei nostri vizi. Parlo da uno che ama tanto gli animali e che ne ha diversi in casa, ma una cosa va detta: spesso, facciamo tutto questo per gli animali, ma dell’uomo ci dimentichiamo.
Perché Dio vuole la salvezza anche del ricco e gli offre la via della sua salvezza. È infatti il povero la via della salvezza del ricco.


Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto.


Finisce la storia. Tramonta per tutti il tempo concesso da Dio per realizzare la nostra vita eterna. Il tempo finisce per il povero e per il ricco. Si entra nell’eternità. Muore il povero e viene portato dagli Angeli accanto ad Abramo, cioè nel regno della vita, presso Dio. Muore il ricco e viene sepolto. Anche nella morte si fa la differenza tra il ricco e il povero. Per il ricco c’è un sontuoso sepolcro. Per il povero nessuna tomba.
Una cosa però deve essere detta: il povero preso Dio ha un nome. Il ricco è senza nome. Il ricco non ha identità, non ha sostanza, non ha natura presso Dio. Le ricchezze non danno nome ad una persona dinanzi al Signore.


Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.


Il ricco chiede ad Abramo che abbia pietà di lui. Quest’uomo è nelle fiamme dell’inferno. Ora è giusto che ci soffermiamo un po’ sull’eternità dell’inferno. È questa verità che la parabola di Gesù ci vuole insegnare. Dio è giusto perché non può privare l’uomo della sua volontà. Se donasse il Paradiso a quanti hanno scelto di vivere contro e fuori della Parola, Dio sarebbe ingiusto. Non ha rispettato la sua Parola. Non ha rispettato la sua creatura.
Non c’è misericordia senza giustizia, né giustizia senza misericordia, perché giustizia e misericordia sono una cosa sola: la fedeltà di Dio alla sua Parola.


Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.


La ricchezza in sé non è peccato. Peccato è l’uso cattivo, egoistico di essa. Neanche però la povertà è in sé santità. Santità è viverla nella semplicità, lontano da ogni vizio e da ogni desiderio della cosa altrui. Infatti il povero Lazzaro non desiderava i beni del ricco. Desiderava solo di fare una vita come i cani del ricco.
Tra il Paradiso e l’inferno questa comunione è impossibile. La luce del Paradiso non giunge a squarciare le tenebre dell’inferno. In eterno sarà sempre così. Questa verità ci dice che il ricco non è nel purgatorio. Con le anime dei giusti infatti c’è comunione di suffragio, comunione di sacrificio, comunione di offerta, comunione di preghiera, comunione di opere buone.


La Chiesa insegna il mistero della comunione dei santi e le anime del purgatorio sono anime sante, anche se ancora non godono della luce piena di Dio.
L’inferno non è un purgatorio temporaneo nel quale non c’è possibilità di suffragio per le sue anime. L’inferno è eterno. Una volta che si è dentro mai più si uscirà.
La Chiesa infine ci dice chi è con certezza in Paradiso. Sono i Santi da Essa canonizzati.
La Chiesa però non ci dice chi è nell’inferno. Questo compito non le è stato assegnato e quindi non lo può svolgere.
Né noi possiamo pensare che nessuno finisca nell’inferno, perché questo pensiero contraddice la Parola del Vangelo la quale afferma che sono molti coloro che si incamminano verso la perdizione.
Sempre secondo la stessa Parola del Vangelo, sono pochi coloro che invece si incamminano verso il Paradiso, passando attraverso la porta stretta.
Allora, incamminiamoci verso il paradiso, ricordandoci che iniziamo a costruirlo sulla terra.

Don Francesco Cristofaro


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