Il rapinatore utilizza un'arma giocattolo: rapina aggravata o semplice?
L'Avvocato INFOrma Calabria

Il rapinatore utilizza un'arma giocattolo: rapina aggravata o semplice?

lunedì 2 maggio, 2016

02 MAGGIO 2016 -  Ai fini della configurabilità dell’aggravante della minaccia commessa con armi nella commissione della rapina, ciò che conta è l’effetto intimidatorio che deriva sulla persona offesa dall’uso di un oggetto che abbia l’apparenza esteriore dell’arma, in quanto tale effetto intimidatorio è dipendente non dalla effettiva potenzialità offensiva dell’oggetto adoperato, ma dal fatto che esso abbia una fattezza del tutto corrispondente a quella dell’arma vera e propria cosicché possa incutere il medesimo timore sulla persona offesa. Questo è quanto sancito dalla Corte di Cassazione, sentenza n. 16366/2016, depositata il 20 aprile. [MORE]


Il caso. La Corte di Appello di Napoli confermava la sentenza con cui il GIP del Tribunale di Napoli aveva affermato la penale responsabilità di un soggetto per il reato di concorso in rapina a mano armata. Avverso tale decisione, l’imputato ricorreva per Cassazione, deducendo: 1. la violazione di legge e l’illogicità della motivazione nella parte in cui la Corte di Appello aveva ribadito la sussistenza dell’aggravante dell’uso dell’arma laddove risultava essere stata usata solo un’arma giocattolo e 2. ancora la violazione di legge ed l’illogicità della motivazione della sentenza nella parte in cui aveva affermato la sussistenza dell’aggravante della minorata difesa semplicemente sulla base della circostanza che il delitto era stato commesso di notte.


È orientamento giurisprudenziale ormai pacifico e consolidato quello secondo cui l’uso o il porto fuori della propria abitazione di un tale giocattolo assume rilevanza penale soltanto se mediante esso si realizzi un diverso reato del quale l’uso o porto di un’arma rappresenti elemento costitutivo o circostanza aggravante, come avviene quando il giocattolo riproducente un’arma, sprovvisto di tappo rosso, sia usato nei delitti di rapina aggravata. Da questo, ai fini della configurabilità dell’aggravante della minaccia commessa con armi nella commissione della rapina o dell’estorsione, ciò che conta è l’effetto intimidatorio che deriva sulla persona offesa dall’uso di un oggetto che abbia l’apparenza esteriore dell’arma, in quanto tale effetto intimidatorio è dipendente non dalla effettiva potenzialità offensiva dell’oggetto adoperato, ma dal fatto che esso abbia una fattezza del tutto corrispondente a quella dell’arma vera e propria, come avviene quando l’arma giocattolo sia sprovvista di tappo rosso o quando questo sia reso non visibile, cosicché possa incutere il medesimo timore sulla persona offesa. Pertanto, secondo la Suprema Corte, doveva escludersi che l’uso di un’arma giocattolo fosse incompatibile con l’aggravante prevista per la rapina dall’art. 628, comma 3, n. 1, c.p., dovendo invece ritenersi sussistente la circostanza aggravante dell’uso delle armi quando la minaccia fosse realizzata utilizzando un’arma giocattolo non riconoscibile come tale.


Inoltre, ai fini della configurabilità dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 5, c.p., se il tempo di notte, di per se solo, non realizzava automaticamente tale aggravante, con esso potevano concorrere altre condizioni che consentivano di ritenere realizzata in concreto una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata, non essendo necessario che tale difesa si presentasse impossibile ed essendo sufficiente che essa fosse stata solo ostacolata. Ora, nel caso in esame, i Supremi Giudici hanno affermato che giustamente i Giudici dell’Appello avevano evidenziato che il fatto, non solo si era svolto in orario notturno, ma in un luogo isolato ove le persone offese si erano appartate per un momento di intimità e erano state sorprese in condizioni di inferiorità numerica, con la conseguenza che la possibilità di difendersi o essere difesi era chiaramente ostacolata.


Inoltre, gli Ermellini hanno evidenziato che, secondo la nuova formulazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., il vizio del travisamento della prova consisteva nell’utilizzazione di un’informazione inesistente o nell’omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato od omesso, avesse il carattere della decisività nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica. Con riferimento, invece, all’illogicità della motivazione, tale vizio doveva risultare di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, fossero logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché fossero spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici.


Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express


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