Il sottotetto è condominiale o pertinenza dell'immobile?
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Il sottotetto è condominiale o pertinenza dell'immobile?

lunedì 20 marzo, 2017

CATANZARO, 20 MARZO - Quando il sottotetto sia oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) al suo uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, può applicarsi la presunzione di comunione ex art. 1117, comma 1, c.c.. Nel caso contrario, se il sottotetto svolge l’esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento dell’ultimo piano dal caldo, dal freddo e dall’umidità, e non abbia dimensioni e caratteristiche tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo, va considerato pertinenza di tale appartamento. Ciò è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 6268/2017, depositata il 10 marzo. [MORE]

Il caso. La proprietaria di un fabbricato alienava una porzione dello stesso ad un soggetto. Quest’ultimo effettuava alcuni lavori di sistemazione del tetto dell’edificio, grazie ai quali il sottotetto, che in origine era un volume tecnico impraticabile, diveniva parzialmente praticabile. L’ex proprietaria ricorreva innanzi al Tribunale competente e chiedeva, in via principale, che fosse dichiarata proprietaria esclusiva del sottotetto e che si ordinasse al convenuto di chiudere il passaggio che aveva realizzato per accedere direttamente dal suo appartamento, nonché, in via subordinata, che ne fosse dichiarata comproprietaria e che le fosse riconosciuto il diritto di farvi ingresso attraverso il passaggio creato dal convenuto. Il tribunale adito rigettava le domande di parte attrice.

Avverso tale sentenza parte attrice proponeva appello innanzi alla Corte d’Appello territoriale. I giudici di seconde cure ritenevano che “in dipendenza della funzione al momento della compravendita esclusivamente protettiva ed isolante dell’appartamento sottostante, in assenza di disposizioni nel titolo ed in difetto di destinazione all’uso comune ovvero all’esercizio di un servizio di interesse comune, non operava la presunzione di comunione ex art. 1117 cod. civ., sicché il sottotetto doveva considerarsi pertinenza dell’appartamento sottostante; che ciò tanto più che i lavori di sopraelevazione con l’assenso dell’appellante erano stati integralmente pagati dall’appellato, al quale era stato anche consentito di aprire un unico accesso con una scala chiocciola dal proprio appartamento".

Avverso tale sentenza la società avente causa dell’originaria attrice proponeva ricorso per cassazione. La ricorrente lamentava che la Corte distrettuale aveva, in maniera del tutto incongrua, considerato "quale oggetto di causa e di rivendica un sottotetto (intercapedine) non più esistente, e non il nuovo e diverso manufatto, realizzato in seguito, praticabile e suscettibile di piena utilizzazione, del quale, se appunto fosse stato preso in considerazione, sarebbe stata esclusa a priori (...) la natura pertinenziale." Secondariamente, riteneva irrilevante il fatto che il resistente avesse sostenuto l’intero costo dei lavori, poiché la realizzazione del vano in sopraelevazione era stato effettuato senza corresponsione agli altri condomini di alcuna indennità.

Secondo i giudici di legittimità, infatti, la Corte d’Appello ha seguito un iter motivazionale ineccepibile: l’iniziale conformazione del sottotetto era di mera intercapedine per nulla praticabile. Al fine di accertare la natura condominiale o pertinenziale del sottotetto di un edificio, “in mancanza del titolo, deve farsi riferimento alle sue caratteristiche strutturali e funzionali, sicché, quando il sottotetto sia oggettivamente destinato (anche solo potenzialmente) al suo uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, può applicarsi la presunzione di comunione ex art. 1117, comma 1, c.c.». Nel caso contrario, se il sottotetto svolge l’esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento dell’ultimo piano dal caldo, dal freddo e dall’umidità, «e non abbia dimensioni e caratteristiche tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo, va considerato pertinenza di tale appartamento (cfr. Cass. 30.3.2016, n. 6143).

Per tali motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso e condannava parte ricorrente al rimborso in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express

 


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