"Jimmy Bobo - Bullet to the head" di Walter Hill, Stallone never dies
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"Jimmy Bobo - Bullet to the head" di Walter Hill, Stallone never dies

venerdì 5 aprile, 2013

Jimmy Bobo - Bullet to the head di Walter Hill - La recensione. Il solito, vecchio action movie: per fortuna. Perché il vecchio Walter Hill (un titolo su tutti: I guerrieri della notte, 1978) ci fa prendere davvero un colpo al cuore, più che una pallottola in testa, con coccolone di calibro doppio se a fare da deus ex machina dell’ultimo congegno sprizza-sparatorie e tutto fughe sopravvive, last man standing, quel Sylvester Stallone al quale ogni botulino et similia è concesso, se poi ce lo ritroviamo, sodo e scattante, a contro-iniettarci adrenalina a stilettate. [MORE]

Pronti, via: una pallottola in un cranio (in bianco e nero), poi – col sapore di sangue ancora in bocca – un cambio di scena che s’intuisce nastro riavvolto, e nel mirino del flashback finiscono in un batter di ciglia una puttana tatuata, un’esecuzione a domicilio, muscoli e droga. Un prologo che fa da shaker ad un mix di vendette, sicari, inseguimenti, duelli all’arma bianca e scazzottate, inferni di fuoco e qualche pupattola, in salsa da etica dell’amicizia virile. La strana coppia è quella formata da Jimmy Bobo (Sylvester Stallone), nerboruto bravaccio old-style che il bravo lo fa davvero (sono esclusi dalla kill list donne e bambini); e Taylor Kwon (Sung Kang), detective coreano di Washington D.C., che armeggia col Black-Berry e col codice penale, ma all’occorrenza si sbottona la camicia e gonfia i pettorali in canotta. Perché si alleano? A Jimmy hanno fatto fuori il partner di lavoro sporco, a Taylor preme capirne di più di fuoco incrociato e dintorni, ma soprattutto del piano criminale di speculazione edilizia che pare esserci dietro. Si mette di traverso un mercenario assetato di grana rosso sangue (Jason Momoa) ed i suoi capoccia, che sanno quali tasti premere, oltre ai grilletti: la figlia di Jimmy (Sara Shahi), a cui il detective è tutt’altro che insensibile.

Quando nel lungo flashback che segue il prologo la fotografia si rianima e Stallone compare, insieme al collega sicario, affacciando i bicipiti tra i titoli di testa, il panico potrebbe sopraffare, facendo pensare ad un pulp patinato nello stile – anzi, nello stilismo – del recente Le belve di Oliver Stone. Per fortuna, Walter Hill sa essere persino più natural born killer dello stesso Stone, quando si tratta di maneggiare pallottole mai spuntate. Il film non conosce soste, parte in situazione e si sviluppa senza perdere mai i giri di un ritmo sempre teso come i muscoli di Stallone. E allora chissenefrega se la sua sagoma da hard boiled parla come per script pre-stampato di genere, quando agli amanti del tema viene sottoposto un duello all’ascia nelle battute finali; e chissenefrega, parimenti, se siamo al solito pastiche tra Rambo, Rocky e Cobra, quando su quei deltoidi si plana più che su di un deltaplano di vere invenzioni (il soggetto è un fumetto francese, Du plomb dans la tête di Alexis Nolent, mentre la sceneggiatura potrebbe tranquillamente essere stata scritta al bar in 30 minuti).

È così muscolare, l’interpretazione di Stallone, che il detective samurai – anche se è coreano, tende a precisare con Jimmy, e non giapponese – resta per larghi tratto il punto debole, riducendosi a fare da archivio vivente, da contro-informatore del malvivente – singolare quest’inversione – con puntuali chiamate al proprio ufficio per farsi dare le referenze di quei criminali i cui nomi erano stati estorti dalle nocche e dalle minacce di Jimmy. Eppure, per la piega presa dal racconto, bisogna osservare che l’interpretazione di Sung Kang è del tutto funzionale a far emergere il codice d’onore e piombo di Bobo\Stallone. Lo scontro di quest’ultimo col pompato mercenario dall’altro lato della barricata si configura, come dice lo stesso Keegan\Momoa, come la resa dei conti tra “due professionisti”, espressione tanto più significativa se si considera che Jimmy aveva bollato il detectivi come “amateur”, dilettante. Non è quindi un problema, tout court, di legalità contro illegalità, quanto di professionismo contro dilettantismo: col dettaglio che il campo di esercizio non è riconosciuto dalla legge. Non a caso, le asce sono quelle di vigili del fuoco conservate in una bacheca: ai professionisti della legge si sostituiscono i professionisti della morte. "Vogliamo combattere o speri di ammazzarmi di noia?", chiede Sylvester Stallone.


La fisicità di questo professionismo tutto fisico, senza traccheggi, così crudamente essenziale, trova dunque in Momoa, ibrido pompato tra Jean Claude Van Damme e Steven Seagal, un coagulo sottopelle più elettrizzante del rapporto tra lo sbirro ed il fuorilegge: come a dire, meglio una vagonata di pugni che una vagonata di pensieri su bene e male. Ai metodi spicci di Stallone s’incollano benissimo, come una canotta aderente su un fisico nerboruto, quelli della regia di Walter Hill, che non fa semplice archeologia del genere o annaffiamento del cliché, se si considera l’attenzione a certo cinema d’azione di Honk Kong (su tutti, Johnnie To, e prima ancora il cinese John Woo: come a dire, il cerchio Hollywood-Oriente-Hollywood si richiude), ma anche ad esemplari nobili più o meno recenti. Uno dei duelli di Jimmy Bobo avviene a bordo piscina, all’inizio di una scena che ricorda, per l’uso della prospettiva, nientemeno che Underworld U.S.A. di Samuel Fuller, ma quando i corpi semi-nudi s’intrecciano il déjà vu tutto tendini è col Viggo Mortensen de La promessa dell’assassino di David Cronenberg, nella sequenza della sauna.

Jimmy Bobo – Bullet to the head di Walter Hill, dunque, va a segno con l’essenzialità di un divertissement barbaro, hard boiled duro a morire ma non bollito: intrattenimento da professionista puro, consapevole che se il genere dell’action movie resta in vita è perché, in fondo, a hero – in questo caso Sylvester Stallone – never dies.

Titolo originale: Bullet to the Head
Regia: Walter Hill
Interpreti: Sylvester Stallone, Jason Momoa, Christian Slater, Sarah Shahi, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Sung Kang, Jon Seda, Marcus Lyle Brown, Brian Van Holt, Holt McCallany, Weronika Rosati, Don Yesso, Dominique DuVernay, Dane Rhodes, Don Tai, John L. Armijo, Andrew Breland, Darren Sumner
Origine: USA, 2013
Distribuzione: Buena Vista International
Durata: 97’

(in foto in alto a sinistra: poster del film)

Antonio Maiorino
Critico d'arte e di cinema
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