La priorità assoluta della Russia è la sopravvivenza del regime di Assad
Estero Valle d'Aosta

La priorità assoluta della Russia è la sopravvivenza del regime di Assad

mercoledì 18 novembre, 2015

 Articolo di Luke Coffey*

MOSCA, 18 NOVEMBRE 2015 – Durante la guerra turco-russa del 1768-1774, le forze russe guidate dal conte Alexei Grigoryevich Orlov attaccarono la costa siriana e occuparono persino Beirut per un breve periodo di tempo. L'obiettivo della Russia era quello di supportare Zahir al-Umar nella sua rivolta contro l'Impero Ottomano. 240 anni dopo, la Russia è tornata nella regione. Nel 1772, l'intervento russo nel Levante aveva una connotazione religiosa: una delle concessioni che Caterina II ebbe dalla vittoria sui turchi fu il riconoscimento dello status di protettrice dei cristiani ortodossi che abitavano nei territori dell'Impero Ottomano. L'intervento odierno di Mosca non è prettamente religioso, ma pare rientrare nella grande strategia di Vladimir Putin di avere un certo peso nella storia moderna.

Da un certo punto di vista, la Russia è una potenza asiatica e non europea, che non esercita influenza alcuna sull'Occidente, e risulterebbe una semplice potenza regionale e non globale se non avesse assunto un ruolo di protagonista in Medio Oriente. Non è un segreto che Putin ha sempre posto in secondo piano la lotta contro l'ISIS, mentre al Cremlino pare stia più a cuore la permanenza di Bashar al-Assad al potere. Al momento la Russia mantiene una base navale cruciale nella regione alawita di Tartus, e Putin è intenzionato a non perderla, a qualunque costo. Importa poco se il resto della Siria brucia e l'ISIS controlla vaste aree del territorio, con Assad (alawita) al potere nel cuore della Siria alawita Putin pare essere sereno. Ciò sembrerebbe spiegare perché la notizia dell'attentato all'aereo russo lo scorso 31 ottobre sulla penisola del Sinai non abbia cambiato la politica russa in Siria, di supporto ad Assad prima e di lotta al terrorismo poi.

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Che ci piaccia o meno, Putin è un uomo risoluto e ha bisogno di mostrare la propria reazione all'attentato sul Sinai. Ma chiunque possa pensare che la Russia sia tornata nella regione del Levante alla maniera del 1772 potrebbe rimanere particolarmente deluso. È molto probabile che la risposta immediata della Russia seguirà quella francese agli attentati di Parigi: tante dure parole seguite dal lancio di svariate bombe su obiettivi dell'ISIS a Raqqa, già colpiti ripetutamente in passato. La Russia potrebbe aggiungere qualche raid di terra di alto profilo, ma l'impasto non cambia: la priorità assoluta del Cremlino è, e rimane, la sopravvivenza del regime a Damasco, che potrebbe diventare un alleato della Russia.

È ad ogni modo improbabile che la Russia possa fare di più in Siria, militarmente parlando, specie se poi decidesse simultaneamente di mantenere Assad al potere e agire contro l'ISIS in maniera efficace. La macchina militare russa è sotto pressione e le finanze statali sono in grosse difficoltà. Un'ampia maggioranza delle forze armate russe sono state tenute a lungo a un alto livello di preparazione sin dall'inizio delle ostilità in Ucraina, circa due anni fa. Ciò ha portato a uno sforzo non indifferente, per un esercito che non ha mai brillato in spirito.

Centinaia di truppe e velivoli militari a dozzine, pezzi d'artiglieria e missili antiaerei sono tutti al servizio del regime di Assad in Siria, e la missione non prevede attualmente una scadenza. E oltre alle migliaia di truppe in Crimea e nel Donbass, nell'est dell'Ucraina, la Russia mantiene una enorme presenza militare al di fuori dei propri confini nazionali anche in Bielorussia, parte della Georgia occupata, l'enclave separatista della Transnistria in Moldavia, in Armenia e in Tajikistan – i confini della passata Russia Imperiale. La Russia ha esteso anche la propria presenza militare nell'Artide. Tutta questa mobilitazione è cominciata da quando le entrate del petrolio sono collassate e sono spuntate le sanzioni economiche internazionali. Putin è già sul punto di fare più di quanto è nelle sue possibilità, e una intensificazione delle attività militari contro l'ISIS potrebbe essere la goccia che farebbe traboccare il vaso. E lui di questo ne è pienamente consapevole.

Putin è fin troppo concentrato nel suo obiettivo di rendere la Russia una superpotenza mondiale da poter permettere che l'abbattimento di un aereo civile possa cambiare la sua strategia in Siria; mentre l'Occidente è alle prese con l'ISIS, si trascurano i piani della Russia sul Medio Oriente o sul nucleare iraniano; e ciò ovviamente gioca a favore del Cremlino. Ci potrebbero essere segnali di cooperazione tra la Russia, la Casa Bianca e l'Eliseo nel fronteggiare l'ISIS, ma è solo un'illusione. Gli obiettivi strategici a lungo termine dell'Occidente e di Mosca sono troppo differenti per poter essere riconciliati dall'attentato sul Sinai o dagli attacchi di Parigi – persino con le gravi perdite in termini di vittime provocate dai due episodi.

In tutta onestà, l'Occidente e la Russia condividono gli stessi interessi in Siria allo stesso modo in cui un cliente e un rapinatore possono condividerli in una banca. E c'è poco da aspettarsi in un cambiamento, nell'immediato futuro.

*Luke Coffey è un ricercatore specializzato in sicurezza Euroasiatica e transatlantica presso un think-tank con base a Washington. In passato è stato consulente speciale della difesa britannica e ufficiale degli Stati Uniti.

(Il punto di vista espresso nell'articolo è personale dell'autore e non necessariamente riflette le politiche editoriali)

Foto / Fonte: aljazeera.com

Dino Buonaiuto


Autore
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