L'invidia, tentatrice ammirata della società odierna
Cultura e Spettacolo

L'invidia, tentatrice ammirata della società odierna

domenica 19 giugno, 2011

Torino 19 giugno 2011-Osservo l’invidia come una Dea tra i tentacoli lanosi di un Orco.

L’orgoglio è il più grave dei 7 vizi capitali. All'orgoglio è intimamente congiunta l'invidia , “lo sbriciolarsi della pelle”, è infelicità del prossimo, percepita come un impedimento alla virtù individuale, riduzione o incupimento del proprio trasposto, passione.[MORE]

Figlia della superbia, rifiuto dell'amore sincero, l'invidia è un’imperfezione orrenda, anche sul piano umano.
Essere convinti della propria superiorità, porta inevitabilmente ad irritarci se altri hanno doti migliori delle nostre e riescono meglio nelle loro attività.

Questa amarezza per il bene altrui è molto pericolosa. Infatti è proprio per invidia che avvenne il primo delitto della genesi umana: l'uccisione di Abele da parte del fratello Caino; la gelosia del re Saul dei successi e dell'ascesa di Davide perseguitato a morte.... E così coloro che tramarono la morte di Gesù.
Nella quotidianità, ciò che crea l'invidia è il trionfo dell'altro come ad esempio: nella ricchezza, nel successo, nell'intelligenza, nella bellezza e la forza fisica, ecc.

La riuscita degli altri è l’eclissi e la riduzione della nostra luminosità, un qualcosa che ci fa appannare, che ci emargina e allora.. ecco nascere la mela, amara e velenosa, l'invidia! Dico “mela” proprio perché velenosa mi sembra l'immagine più adatta per indicare questo vizio capitale: tentatrice rossa come il desiderio e al contempo viva come il sangue. Pronta a farsi mordere, questa invidia, a chi dà fastidio, non indietreggiando neppure dinanzi al delitto (certi omicidi sono l’apice dell’invidia infiammati nel tempo); essa, un vizio e peccato opposto alla qualità della carità.

L’invidia figlia della superbia; è padrona del Nostro tempo.

Insomma le conseguenze dell'invidia e della gelosia sono molte e gravi.
I rimedi che posso proporre per il grande malanno è quello di pensare spesso alla caducità dei cosiddetti beni terreni (ricchezza, bellezza, forza, salute, fama, ecc.) che ne sono l'oggetto.
Una cosa che non mi interessa non mi attira, non mi agita, non mi turba. “Vanità della vanità, tutto è vanità”.
E proseguo con due osservazioni pratiche: attenzione a non incitare invidie attorno a noi, soprattutto se avessimo un ruolo direttivo o educativo (genitori, insegnanti, superiori, ecc.).
Coloro che si accorgessero di essere in qualche modo oggetto di invidia da parte degli altri, non si lascino prendere da reazioni di avversione, ma anzi si avvicinino con cordialità, semplicità ed amorevolezza a costoro, perché con la carità e l'amore si guadagnano gli animi tra i più ostinati.

Nei mali sociali rientrano: l'odio, l'arroganza (il continuo senso di divisione e diversità fra sé stessi e gli altri) , quindi, l’ egoismo e invidia che sono sfaccettature con la mancanza di compassione ed empatia, la superficialità nel guardare ma non osservare, il sentire ma non ascoltare, ecc
L'egoismo(figlia dell’indifferenza) e l'invidia, l'odio, sono punti di vista del fondamento etico dell'essere umano, quello di appetire per sé, un’autoconservazione, tutto il bene possibile.

L'ignoranza è la condizione di non consapevolezza dell’etica delle nostre azioni: direi che è una inibizione al miglioramento, invece, la noia c'è sempre stata e ci sempre ci sarà, è uno stato d'animo e serve a stimolare la creatività.

L’egoismo e il pregiudizio ci vengono trasmessi, quindi la colpa va ricercata negli educatori, l'uomo non riesce a concettualizzare una società civile in cui si possano mettere i propri beni in condivisione, difficile da soffocare.

L’ignoranza è la vera tragedia del secolo, da considerare come un paradosso, con tutte le fonti d'informazione presenti oggi, diciamo che è quasi ricercata senza alcuna voglia di sapere.
La speranza che la popolazione possa risvegliarsi dall'oblio è veramente morta, quindi si può diventare, in questo senso, nichilisti; questo non l’approvo, in senso assoluto, perché sperare che le cose possano andare meglio è un concetto ottimistico ed evolutivo.

Affermo che: l'invidioso è perfettamente riconoscibile..sarà forse che alcuni, e tremendi, li ho conosciuti e riconosciuti.
L'invidioso stira le labbra e scopre i denti, spesso al massimo dell'ostentazione di cordialità, ma gli occhi, guardate gli occhi: lo sguardo è freddo, gelido, torbido e senza sorriso.
Non si sono equivoci: l'invidioso sorride solo con la bocca, ma non con gli occhi.
Il soggetto invidioso non considera sufficienti le proprie qualità e si ritiene un incapace.
Può essere stata causata da una mancanza di affetto in passato, da un'eccessiva competitività o da dei desideri che sono stati frustrati. Si può affermare che l'invidioso è generalmente frustrato, ossessivo, manipolatore, con pochi scrupoli e talvolta ipocrita.

Tra i più tipici comportamenti dell'invidioso c'è il disprezzo dell'oggetto invidiato
L'invidia può provocare uno stato di profonda prostrazione: in taluni casi, l'invidioso può assumere comportamenti molto aggressivi Se, tuttavia, il progetto dell'invidioso fallisce, egli si sentirà sempre più debole e ridicolo, ovvero precipiterà in manie di varia natura, anche gravi.

Mi sono posto un ultimo interrogativo per questo vizio capitale: l'invidia è più maschile o femminile?

Certamente l'invidia è, nella maggior parte dei casi, rivolta verso lo stesso sesso: gli uomini invidiosi lo sono, in genere, di uomini e le donne di donne. Gli oggetti più comuni dell'invidia, tra uomini, verte su aspetti economici, politici, patrimoniali, professionali, culturali, intellettivi, sessuali e, in generale, su tutto ciò che rende un uomo "più potente di un altro".

Dal lato femminile, l'invidia, che per i secoli addietro verteva quasi esclusivamente sull'avvenenza e sulla capacità di seduzione, da qualche decennio a questa parte, con il cambiamento del ruolo che la donna riveste nella società, ha cominciato ad "accostarsi", per molti aspetti, a quella degli uomini.

Gian Luca Cossari


Autore
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