Renzi e le dimissioni congelate. Quale futuro per l'Italia
Politica Lombardia

Renzi e le dimissioni congelate. Quale futuro per l'Italia

martedì 6 dicembre, 2016

MILANO, 6 DICEMBRE - Sarà solo questione di giorni quella legata alla formalizzazione delle dimissioni del premier uscente, Matteo Renzi. Il segretario Pd rassegnerà infatti le proprie dimissioni al Capo dello Stato probabilmente nella giornata del 9 dicembre, a margine dell’approvazione della legge di Bilancio. Ed ora si giunge alla resa dei conti: quale futuro per l’Italia dopo l’addio post-referendum del Premier?[MORE]

Il resoconto della giornata di ieri si concentra principalmente sul doppio incontro Renzi-Mattarella. Un incontro mattutino, di circa un’ora e poi un altro successivo nel pomeriggio. Il presidente della Repubblica avrebbe nella serata di ieri chiesto il ‘congelamento’ delle dimissioni del Premier, per adempiere al fondamentale impegno istituzionale legato alla legge di Stabilità. Renzi ha tuttavia confermato la propria volontà di dimettersi, così come dichiarato a Palazzo Chigi un’ora dopo i primi exit poll e poco dopo l’inizio di uno spoglio che veniva a decretare una sconfitta netta ed inequivocabile.

Una giornata tesa ed imprevedibile. La stampa avrebbe riferito di uno screzio tra Renzi e Mattarella, in riferimento alla volontà ‘renziana’ di lasciare immediatamente l’incarico. Il senso di responsabilità ha invece prevalso, in attesa di comprendere le future strategie per il Paese. Quali? Come è noto, in caso di crisi governative, la palla passa nelle mani del Capo dello Stato. Scartata l’ipotesi Renzi-bis, l’idea di Mattarella sarebbe quella di vedere a Palazzo Chigi l’instaurazione di un governo tecnico, magari a guida Padoan, già ministro delle Finanze nell’esecutivo Renzi. Un nome molto gradito all’Europa e che si pone in continuità con il quarto governo più longevo della storia repubblicana.

Ma l’arte del ‘vivacchiare’ è concetto non gradito al premier. Che si allinea in mattinata alle richieste della destra lepenista, da Salvini a Meloni, sino al Movimento, di andare immediatamente al voto. Restano tuttavia grane difficili da ignorare: su tutte la questione legata alla legge elettorale, considerata la valenza dell’Italicum limitata unicamente alla Camera. Un dato è certo: la divergenza di opinioni tra il Capo dello Stato ed il premier ormai uscente.

L’idea di Renzi è quella di rilanciarsi immediatamente e ripartire dai 13 milioni di voti ottenuti nella consultazione di domenica. Come? Andando immediatamente al voto. Una mossa attraverso la quale il premier potrebbe ancor più una volta rischiare, tentando il tutto per tutto. E’ quanto emergerebbe da un vertice a Palazzo Chigi con i big ed i fedelissimi: Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Maurizio Martina e Matteo Orfini, presidente del partito. Che sia dunque voto tra gennaio e febbraio?

Il pensiero del premier è quello di evitare governi che siano la causa di una ‘morte’ lenta del Pd, spianando la strada ad un successo elettorale targato Cinque Stelle. Il parallelo che ricorre dalle parti del premier è quello fatto con l’ex segretario Bersani, reo di aver appoggiato il governo tecnico Monti prima del fallimento elettorale alle nazionali del 2013. Resta il nodo Mattarella: il presidente della Repubblica, pur ritenendo legittima l’eventuale richiesta di voto, non sarebbe d’accordo sui tempi. Dunque con la data di febbraio. Per la legge elettorale, per la decisione a gennaio della Consulta sull’Italicum. Domani tutto sarà invece un po’ più chiaro, considerata la convocazione della Direzione nazionale Pd alle ore 15. Fondamentale: perché è proprio dal Nazareno che si attendono decisioni che decreteranno il futuro dell’Italia.

 

foto da: quotidiano.net

Cosimo Cataleta


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