Usa, la Corte Suprema riconosce diritti federali ai coniugi dello stesso sesso
Estero Lombardia

Usa, la Corte Suprema riconosce diritti federali ai coniugi dello stesso sesso

mercoledì 26 giugno, 2013

USA, 26 GIUGNO 2013- Si aspettava da troppo tempo che gli Stati Uniti, esportatori universali di democrazia e uguaglianza, assumessero una posizione egalitaria in materia di diritti civili, che si riconoscessero a tutti i cittadini statunitensi le medesime prerogative, al di là delle identità di genere. Poi oggi finalmente questo desiderio si fa realtà, si fa libertà: la Corte Suprema Usa ha difatti bocciato (con cinque voti favorevoli e quattro contrari) la legge nota come The Defense of Marriage Act (DOMA), riconoscendo da ultimo quegli stessi diritti di cui godono mariti e mogli statunitensi da sempre, alle coppie omosessuali. Niente più limitazioni, dunque, in materia di benefici tributari, sanitari e pensionistici come quelli che da sinora venivano inflitte alle coppie costituite da persone dello stesso sesso.[MORE]


Così si archivia una normativa, il DOMA appunto, giudicato dalla stessa Corte incostituzionale in quanto responsabile di un’illogica ‘deprivazione di eque libertà’, laddove invece il quinto emendamento della Costituzione americana predica la tutela delle libertà individuali. Così, chiamati a pronunciarsi sul caso Windsor, i giudici della Corte Suprema decretano la fine dell’atto legislativo varato nel settembre 1996 durante il governo Clinton in barba a qualsiasi garanzia costituzionale. La vicenda è quella di Edith "Edie" Windsor e Thea Spyer, residenti a New York e sposate a Toronto, Ontario, dopo 40 anni di relazione, dal giudice Harvey Brownstone. Nel 2009, dopo soli due anni di matrimonio, Thea Spyer muore ed è a questo punto che il fisco americano, ricorrendo alle civilissime prescrizioni del il Doma, infligge ad Edie la sua beffa: il governo federale impone una salatissima tassa sull'eredità di Edie Windsor, obbligandola a pagare 363 mila dollari. La tassa non sarebbe stata imposta se il suo coniuge fosse stato un uomo, ça va sans dire. Poi lo scorso anno scorso la Corte d'appello newyorkese ha bocciato la norma oggetto del contendere e oggi la Corte Suprema ha confermato la decisione, compiendo un passo avanti in direzione di signora Civiltà.


La decisione dei giudici trova eco nella gioia di molti: dei tanti manifestanti che nei giorni scorsi avevano esibito striscioni e volantini per chiedere l’abrogazione dell’ingiusta normativa; delle tante coppie che negli anni hanno visto rifiutarsi i più elementari diritti; di Obama in persona, che su Twitter esprime la sua gioia con un ‘Love is love’. Ma quando si percorre la strada giusta, si sa, bisogna essere prudenti, per non strafare: così la Corte, dovendosi oggi pronunciare anche in merito al divieto costituzionale della California sulle nozze gay (la ‘Proposition 8’, legge che nel 2008 ha vietato alle coppie omosessuali i matrimoni), ha deciso di rimettere il giudizio nelle mani di una Corte federale. Un ennesimo rimbalzo, l’ennesima attesa che si aggiunge a quelle di tutti quegli Stati nei quali le unioni gay ancora non sono consentite (quasi tutti, a dire il vero, con l’eccezione di soli 12 Stati).

Emmanuela Tubelli


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