Così è ( se gli pare). Giornalismo e informazione
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Così è ( se gli pare). Giornalismo e informazione

giovedì 27 dicembre, 2012

LUCCA, 27 DICEMBRE 2012 – In America il giornalismo era il cane da guardia del potere. Oggi, secondo il giornalista M. Travaglio, risulta essere il cane da compagnia o da riporto. La notizia è sempre più flash, breve e intensa; colpisce senza necessariamente far riflettere e conseguentemente viene svuotata di contenuto. Il vero problema del giornalismo è la manipolazione e la negazione del fatto stesso che viene piegato verso una realtà più comoda e favorevole alla politica di turno. Il Presidente del Consiglio M. Monti, durante la conferenza stampa di fine anno, ha sottolineato l’importanza del lavoro giornalistico. La libertà d’informazione è uno degli elementi fondamentali della vita civile. Il giornalismo è ancora il principale termometro della democrazia e , come ogni strumento di misurazione, deve essere letto correttamente per evitare il rischio di percepire una non effettiva temperatura della società. Ecco cosa pensa Alessandro Bertolucci.[MORE]

Secondo una comune espressione anglosassone, il giornalismo era il cane da guardia del potere. Oggi risulta essere «il cane da compagnia o da riporto», così viene definito dal giornalista M. Travaglio. Lo stato dell’informazione in Italia è svuotato di contenuti, corrotto e partigiano. È davvero così?

In un mondo in cui la notizia è sempre più flash e il flusso di informazioni deve essere continuo, la carenza di contenuti è una spiacevole conseguenza. La notizia attualmente tende ad essere breve ed intensa, deve colpire senza dover necessariamente fare riflettere e dunque si svuota del contenuto per riempirsi di sorpresa. È una scelta che le redazioni, i giornalisti, i network si trovano ad affrontare in questo periodo; un cruciale nodo da sciogliere. Il giornalismo partigiano è vecchio quanto il mondo e necessario per fornire al lettore interpretazioni interessanti di ciò che accade, spunti di riflessione una volta avuta notizia del fatto. Il problema vero è quel giornalismo, che io non definirei corrotto ma bensì genuflesso, che in Italia si nutre, trae linfa dall’anomalia in cui da tanti anni viviamo: il conflitto di interessi berlusconiano è tuttora irrisolto e le ingerenze della politica nelle questioni Rai non accennano a cessare. Il problema principale di questo certo giornalismo non è tanto il taglio interpretativo, l’orientamento che si da nel commentare un evento, un dato, una notizia, ma l’omissione o la manipolazione, se non addirittura la negazione del fatto stesso a favore di una “realtà alternativa” spesso più comoda e favorevole al potente di turno.

«I fatti separati dalle opinioni», questo era il vecchio motto di Panorama di L. Sechi. È stato sostituito da un motto più pratico: «Niente fatti, solo opinioni». Bisogna nascondere i fatti perché contraddicono la linea del giornale, perché è preferibile una consulenza con il Governo, perché non si deve scontentare nessuno, perché non c’è interesse a conoscerli.

Il contenuto è il fulcro della questione: si dovrebbe chiedere un’opinione a qualcuno su un fatto, su un avvenimento, su un argomento. Adesso invece, tante volte, leggiamo i punti di vista di eminenti giornalisti, opinionisti e politici mancando il fatto oggettivo dal quale partire. Il dato inconfutabile, la sentenza definitiva, il numero delle vittime e tante altre informazioni vengono relativizzate al fine di piegarle alle esigenze del momento. Conoscere il fatto nella sua essenza è fondamentale per sviluppare una propria opinione da confrontare poi, volendo, con quella di altre persone, in un dialogo che a quel punto è arricchimento culturale, anche se l’opinione offertaci non è condivisa.

«La libertà di stampa è la libertà del Paese», così M. Monti ha risposto al presidente dell’Ordine dei Giornalisti E. Iacopino alla conferenza stampa di fine anno. Il Presidente del Consiglio ha sottolineato la fondamentale importanza del lavoro del giornalista affermando che la libertà d’informazione, in qualunque società civile e moderna, è uno degli elementi fondamentali della vita civile. Sei d’accordo?

La libertà di stampa è lo specchio della libertà di pensiero. La storia ci ricorda costantemente in quali circostanze la nostra libertà di stampa è stata limitata e per questo crediamo di conoscere e di sapere evitare il rischio del ritorno in una tale condizione. Ma così non è. In questi ultimi venti/trenta anni la libertà di stampa, nel mondo, ha goduto dei benefici effetti della caduta degli ultimi regimi politici ma ha anche risentito della crescente pressione delle lobby finanziarie e politiche mondiali, dei magnati consapevoli del potere proveniente dall’accesso all’informazione e dal controllo delle fonti. Tutto molto più sottile e subdolo. Oggi ancora più di ieri la deontologia del giornalista è elemento fondamentale e imprescindibile di questa libertà.

Caso Sallusti. Il direttore de Il Giornale era finito ai domiciliari per l’assai nota vicenda della diffamazione a un giudice. La notizia scritta da un suo collaboratore era in parte falsa e in parte diffamatoria. Il Quirinale ha poi concesso la grazia a Sallusti trasformando la pena da detentiva a pecuniaria. I più sono rimasti colpiti dalla celerità di concessione di questa grazia e dall’inazione quasi totale del mondo politico. L’opinione pubblica divisa. C’è chi sostiene che i giornalisti e/o direttori che commettono il reato di diffamazione a mezzo stampa per un fatto determinato debbano finire in carcere e chi invece è contrario. Tu cosa pensi?

Vicende come quella di Sallusti si ripeteranno in continuazione fino a quando non verrà recepita o ripristinata la differenza fra fatto e opinione. Il fatto è oggettivo, la lettura che si da del fatto è soggettiva in quanto punto di vista. Altro fatto è che la diffamazione è reato. Io ritengo che chi diffama debba pagare per il reato commesso, qualunque lavoro svolga, anche a mezzo stampa. Ad aggravare la posizione di giornali, giornalisti e redazioni tutte c’è inoltre il sensazionalismo che lamentavo anche prima, quella corsa forsennata alla frase ad effetto, la caccia al mostro, la richiesta del perdono, la ricostruzione drammatica del plastico, lo sfottò del comico prestato alla politica e del politico prestato alla tv. Poi, consumata la notizia sostituita dal nuovo caso esplosivo, le vittime del circo mediatico restano sul campo, ma nessuno se ne cura più. E se prima lo scandalo riempiva le pagine, adesso una doverosa rettifica occupa poche righe in settanduesima pagina.

Il giornalismo era considerato il quarto potere. Oggi è ancora così? Il giornalismo è ancora il principale termometro della democrazia in Italia?

Il giornalismo tanto cartaceo quanto televisivo e telematico è tuttora il quarto potere in Italia e nel mondo ed è ancora il termometro della democrazia. Ma come ogni strumento di misurazione bisogna saperlo leggere, altrimenti il rischio è quello di non percepire la temperatura della società non sapendo se i gradi sul nostro strumento sono Celsius o Fahrenheit.

Giulia Farneti
 


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